Se pensi che la mafia possa essere in qualche modo positiva o possa aiutare la Sicilia per favore esci da questo blog!
venerdì, febbraio 29, 2008
Assurdo...
Giuseppe Salvatore Riina è stato arrestato nel 2002. Accusato di associazione mafiosa ed estorsione era stato condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi. In appello la pena era stata ridotta a 11 anni e 8 mesi. La Corte di cassazione, però, aveva annullato senza rinvio la condanna per estorsione e con rinvio quella per associazione mafiosa.
Il processo era tornato davanti ad un'altra sezione della corte d'appello di Palermo che aveva condannato nuovamente Riina per l'associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi. I legali, intanto, avevano fatto ricorso al tribunale del riesame di Palermo contro la custodia cautelare in carcere del terzogenito del capomafia di Corleone, sostenendo che nel frattempo erano decorsi i termini di carcerazione. I giudici della libertà l'avevano respinto. I difensori si sono rivolti a questo punto alla Cassazione "che - ha detto l'avvocato Cianferoni - ha annullato la misura senza rinvio, disponendo la liberazione immediata di Riina".
È complesso l'iter processuale che si è concluso con l'ordinanza, firmata ieri sera, con cui la corte di Cassazione ha scarcerato Giuseppe Salvatore Riina. La Suprema Corte si è pronunciata, annullandolo senza rinvio, su un provvedimento del tribunale del riesame di Palermo che confermava il carcere per il terzogenito del capomafia, respingendo il ricorso del suo legale, l'avvocato Luca Cianferoni.
Dopo l'annullamento, da parte degli Ermellini, della prima sentenza di condanna d'appello a carico di Riina jr, il processo a carico del giovane rampollo di Corleone è tornato ai giudici di secondo grado che l'hanno nuovamente condannato per associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi, confermando anche la custodia cautelare in carcere. Il legale dell'imputato ha fatto ricorso al tribunale del riesame contro la conferma del carcere in appello, sostenendo che i termini di custodia fossero scaduti. Il tribunale del riesame l'ha respinta. Da qui il ricorso in Cassazione che, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe aderito all'orientamento giurisprudenziale sul calcolo dei termini di custodia più favorevole al detenuto.
28/02/2008
Fonte: La Sicilia
Arrestato estorsore denunciato
28/02/2008
Fonte: La Sicilia
mercoledì, febbraio 27, 2008
Ancora Crocetta che sa come lavorare... Bravo! Ce ne fossero come lui..
27/02/2008
Fonte: La Sicilia
martedì, febbraio 26, 2008
Colpito membro dell'associazione antiracket
26/02/2008
Fonte: La Sicilia
lunedì, febbraio 25, 2008
Tre arresti per estorsione
Fonte: La Sicilia
domenica, febbraio 24, 2008
Forse trovato l'aggressore di Maniaci
Fonte: Agi.it
Arrestato Spoto
Fonte: Sesto potere
Altro ergastolo per Provenzano
Fonte: AGI.it
150 mln di euro di sequestri
Il patrimonio sequestrato comprende aziende operanti nell'edilizia e nell'estrazione di materiale da cava, complessi industriali, capannoni, terreni, beni mobili, conti correnti, depositi e titoli per un valore complessivo di un milione e mezzo di euro, e un complesso turistico-residenziale a San Vito Lo Capo, costituito da numerosi appartamenti e alcune villette. I provvedimenti di sequestro sono stati disposti dai giudici del tribunale di Palermo che hanno accolto la richiesta del procuratore aggiunto Roberto Scarpinato e del pm Gaetano Guardì, che hanno coordinato l'inchiesta.
Tutti i beni erano riconducibili, direttamente o indirettamente, ad Andrea Impastato, figlio di Giacomo detto "u sinnacheddu", esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi e legato ai Badalamenti. Un fratello di Impastato, Luigi, 65 anni, venne assassinato a Palermo il 22 settembre del 1981, agli inizia della guerra di mafia finita con il predominio dei corleonesi.
Andrea Impastato era stato arrestato il 2 ottobre del 2002 per associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta su Pino Lipari, 73 anni, arrestato il 24 gennaio dello stesso anno e condannato come il consulente finanziario di Provenzano. Dall'esame del materiale informatico sequestrato a casa di Lipari è emerso che Impastato era stato indicato da Provenzano come amministratore delle ricchezze dei boss. Le successive indagini hanno portato a far emergere una serie di contatti, sia personali che economici, di Impastato con numerosi personaggi di spicco di Cosa nostra, come Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.
Fonte: La Repubblica
martedì, febbraio 19, 2008
Studenti tedeschi per imparare sulla mafia
Fonte: La Sicilia
lunedì, febbraio 18, 2008
Bonaccorso continua
18/02/2008
Fonte: La Sicilia
sabato, febbraio 16, 2008
200 mila euro di sequestri
16/02/2008
Fonte: La Sicilia
venerdì, febbraio 15, 2008
Ganci condannato a 30 anni
15/02/2008
Fonte: La Sicilia
giovedì, febbraio 14, 2008
1,5 mln di euro di sequestri
14/02/2008
Fonte: La Sicilia
mercoledì, febbraio 13, 2008
Adesso si spiegano un paio di cose...
13/02/2008
Fonte: La Sicilia
E' morto "il PAPA"
Scoperte nel cimitero di mafia
Già condannato per associazione mafiosa, Spatola, 73 anni, sarebbe stato coinvolto dal capomandamento di Pagliarelli, Nino Rotolo, nel progetto di eliminare il rivale Salvatore Lo Piccolo, un piano mai realizzato. Il giorno della sua sparizione Spatola si allontanò da casa dicendo alla sorella, con cui viveva, che aveva un appuntamento e non fece più ritorno.
Fonte: La Sicilia
Funzionario comunale chiede il pizzo
Il funzionario, S. V., di 57 anni, dirige l'ufficio Commercio, Ici e Tributi comunali, ed è stato bloccato dai militari dell'Arma in flagranza di reato. La vittima, infatti, aveva denunciato la richiesta di tangente agli investigatori che hanno preparato un piano anti corruzione e l'hanno catturato mentre incassava il 'pizzo' pattuito. I carabinieri l'hanno subito arrestato e restituito i tremila euro alla legittima proprietaria.
Fonte: La Sicilia
martedì, febbraio 12, 2008
10 mln di euro di sequestri
12/02/2008
Fonte: La Sicilia
Agguato a Partinico
Fonte: La Sicilia
lunedì, febbraio 11, 2008
Solidarietà a Maniaci
"La cronaca locale è il cuore del giornalismo - ha detto Del Boca - e i colleghi che lavorano, come Maniaci, in frontiera hanno molto da insegnare anche ai cronisti più quotati. È in questi luoghi che il giornalismo mantiene il suo contatto con il territorio ed esercita il ruolo di denuncia più difficile".
A Maniaci, non iscritto all'ordine dei giornaliti, Columba ha voluto regalare la tessera d'iscrizione all'Unci. "Per continuare a fare in modo che l'informazione continui nel suo mestiere, in un periodo in cui mafia, leggi e magistratura ne ostacolano il lavoro - ha concluso Siddi - dobbiamo stringere un patto con la società civile affinchè alzi la voce assieme a noi". "Sono davvero commosso per la solidarietà dei colleghi - ha detto Maniaci - e continuerò a fare quello che ho sempre fatto, senza padroni e stigmatizzando le ingiustizie sia di destra sia di sinistra".
11/02/2008
Fonte: La Sicilia
Monsignor Pennisi minacciato
11/02/2008
Fonte: La Sicilia
Non dimentichiamo...
Fonte: La Repubblica
Ecco il covo dei Lo Piccolo
Il rifugio, individuato anche sulla base delle indicazioni di alcuni ex fedelissimi dei Lo Piccolo che hanno cominciato a collaborare con la giustizia, si trova a Terrasini, una località balneare del Palermitano a poca distanza da Giardinello. Il covo dove i Lo Piccolo avrebbero trascorso gli ultimi anni della loro latitanza è una grande villa a due elevazioni, che si trova nei pressi della strada statale; a poche decine di metri da un supermercato della catena Sisa. Nel rifugio, i Lo Piccolo avrebbero vissuto insieme con una famiglia di tre persone, che avrebbe presso in affitto la villa. Secondo alcune indiscrezioni, gli investigatori sarebbero riusciti a risalire al covo attraverso le indicazioni fornite dal pentito Gaspare Pulizzi, ex guardaspalle di Totuccio Lo Piccolo. Nella villa, che è già stata sottoposta a un'accurata perquisizione, sono stati trovati alcuni oggetti personali appartenenti ai Lo Piccolo, ma nessun documento utile alle indagini. Gli inquirenti ritengono che il covo sia stato "ripulito" subito dopo la cattura dei due Lo Piccolo, probabilmente dall'altro figlio del boss, Calogero, arrestato il 16 gennaio scorso nell'operazione denominata 'Addio Pizzo'.
11/02/2008
Fonte: La Sicilia
domenica, febbraio 10, 2008
Forse un cimitero di mafia
I resti saranno fatti vedere ai famialiari e con tutta probabilità verranno sottoposti all'esame del Dna per stabilire con certezza a chi appartengano. Il ritrovamento da parte della polizia è stato possibile dopo le ricerche con le ruspe in un luogo indicato dal pentito Gaspare Pulizzi, uomo del boss Totò Lo Piccolo, secondo cui in quella zona sarebbero sepolti i resti di numerose vittime della mafia, la maggior parte affiliati a Cosa nostra.
10/02/2008
Fonte: La Sicilia
sabato, febbraio 09, 2008
La lista dei 30 ricercati più pericolosi d'Italia
La Causa, ricercato dal maggio 2007 è stato indicato da più pentiti come il "capo di tutti i gruppi di Cosa nostra a Catania", "in grado di far tremare la città per carisma e intelligenza".
MAFIA
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- VITO BADALAMENTI, ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, ed altro.
- GIUSEPPE FALSONE, ricercato dal 1999 per associazione di tipo mafioso, omicidi e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
- MATTEO MESSINA DENARO, ricercato dal 1993, per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto ed altro
- GERLANDINO MESSINA, ricercato dal 1999, per associazione di tipo mafioso e vari omicidi.
- SALVATORE MICELI, ricercato dal 2001 per associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti ed altro.
- GIOVANNI MOTISI, ricercato dal 1998 per omicidi, dal 2001 per associazione di tipo mafioso ed altro, dal 2002 per strage ed altro.
- GIOVANI NICCHI, ricercato dal 2006 per associazione di tipo mafioso, estorsione ed altro.
- DOMENICO RACCUGLIA, ricercato dal 1996 per omicidi, associazione di tipo mafioso, rapina, estorsione ed altro.
- MICHELE ZAGARIA, ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, rapina ed altro.
- SANTO LA CAUSA, ricercato dal 2007 reggente della cosca Santapaola a Catania.
'NDRANGHETA
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- CARMELO BARBARO, ricercato dal 2001 per associazione di tipo mafioso, omicidio ed altro.
- DOMENICO CONDELLO, ricercato dal 1993 per omicidio, associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, rapina, armi, ed altro.
- PASQUALE CONDELLO, ricercato dal 1997 per omicidio, estorsione, armi ed altro.
- GIOVANNI STRANGIO, tra i ricercati per la strage di Duisburg dell'agosto scorso.
- GIUSEPPE COLUCCIO, ricercato dal 2005 per associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti ed altro.
- PIETRO CRIACO, ricercato dal 1997 per associazione di tipo mafioso, omicidio, armi ed altro.
- GIUSEPPE DE STEFANO, ricercato dal 2003 per associazione di tipo mafioso, spaccio di sostanze stupefacenti ed altro.
- GIOVANNI TEGANO, ricercato dal 1993 per omicidi ed associazione di tipo mafioso, ed altro.
- MICHELE ANTONIO VARANO, ricercato dal 2000 per associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere, contrabbando di tabacchi lavorati esteri, ed altri gravi reati finanziari ed economici.
- ANTONIO PELLE, ricercato dal 2000 per associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico Internazionale di armi, sostanze stupefacenti ed altro.
CAMORRA
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- PATRIZIO BOSTI, ricercato dal 2005 per concorso in omicidio ed altro.
- ANTONIO IOVINE, ricercato dal 1996 e dal 2002 per omicidio ed altro.
- GIUSEPPE GIORGI, ricercato dal 1995 per associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, armi, estorsioni ed omicidi.
- MARCO DI LAURO, ricercato dal 2005, per associazione di tipo mafioso ed altro.
- SEBASTIANO PELLE, ricercato dal 1995 per associazione per delinquere finalizzata al traffico Internazionale di armi e sostanze stupefacenti ed altro.
- PASQUALE RUSSO, ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere, concorso in omicidio plurimo ed altro.
- SALVATORE RUSSO, ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere ed altro.
- PASQUALE SCOTTI, ricercato dal 1985, per omicidio ed occultamento di cadavere ed altro.
ALTRO
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- ATTILIO CUBEDDU, ricercato dal 1997, per non aver fatto rientro, al termine di un permesso, nella Casa Circondariale di Badu è Carros (Nuoro), dove era ristretto, per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime.
- RAFFAELE ARZU, ricercato dal 2002 per rapina.
Fonte: La Sicilia
venerdì, febbraio 08, 2008
Adelfio si pente
Fonte: Apcom
Mega sequestro. 250 mila euro.
Il sequestro riguarda un fabbricato, un appartamento e un complesso aziendale per il confezionamento e la vendita di fiori, a San Giuseppe Jato, nonché tre depositi a risparmio. Tutto era intestato alla moglie e alla suocera di Martorana. Il provvedimento, precede l'udienza prevista per fine mese per l'eventuale applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale.
08/02/2008
Fonte: La Sicilia
La parola di Crocetta
Crocetta licenziò dal comune la moglie del boss Daniele Emmnauello, morto lo scorso dicembre durante un blitz dell polizia nel casolare in cui si nascondeva da latitante. "Gela è stata la capofila - aggiunge - di un processo di rottura dei vecchi schemi in cui politica e mafia andavano a braccetto ed ha cominciato la lotta al racket delle estorsioni. Io continuerò la mia battaglia come ho sempre fatto".
Alla domanda su come ci sente a vivere sotto scorta il sindaco dice: "È allucinante. Fare il proprio dovere e sapere di essere nel mirino della mafia e una cosa impensabile. È da 5 anni che vivo scortato con la paura per me e gli uomini che mi proteggono".
08/02/2008
Fonte: La Sicilia
Volevano uccidere Crocetta !!!
I magistrati hanno accertato dell'esistenza del piano da intercettazioni effettuate negli ultimi mesi. Della vicenda i pm hanno subito informato il prefetto che presiede il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
L'inchiesta ruota attorno alla cosca mafiosa degli Emmanuello; il capo del clan, Daniele Emmanuello, è stato ucciso il 3 dicembre scorso mentre tentava di sfuggire alla cattura nelle campagne dell'ennese.
Il progetto di attentato emerge da un'intercettazione, effettuata dalla Squadra mobile di Caltanissetta nell'ambito delle indagini sulla cosca gelese. L'inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto, Renato Di Natale e dal pm della Direzione distrettuale antimafia, Nicolò Marino.
08/02/2008
Fonte: La Sicilia
giovedì, febbraio 07, 2008
Le famiglie Calì e Casamento
Francesco (Frank) Calì ha 43 anni, detto "Franky boy", è nato a New York da genitori di Palermo e secondo le indagini dell'Fbi è il personaggio emergente nell'ambito della famiglia mafiosa dei Gambino della Lcn (la Cosa nostra) americana. Sposato con una Inzerillo da cui ha avuto due figli, la sua "combinazione" nella famiglia Gambino risale a molti anni fa, a riferirlo al Federal bureau of investigation era stata nel gennaio 1997 una loro fonte attendibile.
Due anni dopo un pentito, Frank Fappiano, che era uomo d'onore dei Gambino, ha riferito ai magistrati americani di aver conosciuto Calì come "wiseguy", ovvero uomo d'onore. Franky boy era stato così inserito nel quadro di comando della famiglia dopo l'arresto dei fratelli John e Joe Gambino e Jackie D'Amico che era il capo della 18/a strada di Brooklyn a New York.
Gli affari illeciti di Frank Calì girerebbero attorno a diverse società americane, in particolare la "Circus fruits" di New York. "Franky boy" era in contatto con i boss di Palermo, in particolare con Antonino Rotolo tramite Nicola Mandalà, mafioso di Villabate, detenuto e già condannato per mafia, e Gianni Nicchi, latitante, ritenuto un sicario di Cosa nostra. I due palermitani in passato sono stati a New York dove hanno incontrato più volte Calì, che al loro ritorno a Palermo hanno indicato al capomafia Rotolo come "amico loro".
Filippo Casamento è indicato dall'Fbi "vicino" alla famiglia Inzerillo. Rientrato illegalmente nel 2004 negli Stati Uniti, fino adesso ha vissuto sotto falso nome in America. È accusato dell'omicidio di Pietro Inzerillo, assassinato nel New Jersey nel gennaio 1982.
Le indagini avviate negli Stati Uniti hanno evidenziato un forte collegamento con boss di Palermo, in particolare con Giovanni Inzerillo, figlio di Totuccio ucciso durante la guerra di mafia, che secondo Casamento, intercettato, "Ormai cammina da solo". Per l'Fbi e gli investigatori dello Sco della polizia di Stato, Casamento sarebbe a conoscenza di traffici di droga che sarebbero stati avviati con i trafficanti Salvatore Miceli e Roberto Pannunzi, il primo ancora latitante in Sud America e il secondo attualmente detenuto.
07/02/2008
Fonte: La Sicilia
Chi è Mandalà...
Questi contatti, secondo gli inquirenti, avevano il fine di elaborare e perseguire una strategia di riammissione di alcuni boss che negli anni '80 erano fuggiti da Palermo per scampare alla guerra di mafia scatenata da Totò Riina, e rifugiarsi negli Stati Uniti.
Fra gli "scappati" vi erano gli Inzerillo, i quali, dopo un lungo periodo trascorso "in esilio" sarebbero stati fatti ritornare in Sicilia e riammessi negli affari dei boss palermitani, in particolare nel traffico di droga.
Gli investigatori non hanno accertato se Mandalà fosse stato autorizzato da Provenzano, con il quale il mafioso aveva nel 2003 un rapporto molto stretto perchè ne gestiva la latitanza, oppure se è stato spinto dal capomafia Salvatore Lo Piccolo.
Di certo Mandalà ha effettuato diversi viaggi negli Stati Uniti dove ha incontrato Frank Calì e altri affiliati al clan degli Inzerillo di New York sospettati dall'Fbi di essere coinvolti in traffici di droga.
07/02/2008
Fonte: La Sicilia
Operazione Old Bridge
07/02/2008
Fonte: La Sicilia
Minacce per un imprenditore
Fonte: La Sicilia
L'agenda di Borsellino
Il militare compare in molte immagini di repertorio, negli istanti successivi la strage di via d'Amelio, con in mano la valigetta del magistrato. La borsa di cuoio venne ritrovata nella macchina distrutta dall'esplosione dopo alcune ore: dentro, però, non c'era più l'agenda.
Il diario su cui Paolo Borsellino segnava fatti, riflessioni e appuntamenti dei mesi che hanno preceduto la strage, è tra i fatti al centro della indagine sui cosiddetti mandanti occulti dell'omicidio aperta dalla procura nissena. Secondo gli investigatori proprio nelle pagine scritte da Borsellino potrebbe essere stata indicata la verità sull'attentato Arcangioli è stato inizialmente indagato per false informazioni al pm, mentre l'indagine sul furto dell'agenda era rimasta a carico di ignoti.
Il gip, a luglio e a novembre, in seguito a due distinte richieste di archiviazione dell'inchiesta sulla sottrazione del documento, presentate della procura, aveva ordinato nuove indagini. La scorsa settimana, poi, Sferlazza ha imposto ai pubblici ministeri della dda l'iscrizione di Arcangioli per furto aggravato; contestazione che esclude l'imputazione di false informazioni al pm, ipotizzabile solo a carico dei testimoni.
La procura ha notificato al militare, che ora insegna alla scuola allievi ufficiali a Roma, l'avviso di conclusione delle indagini, atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio. Oltre all'aggravante dell'avere agevolato la mafia il procuratore facente funzioni Renato Di Natale contesta ad Arcangioli "l'avere sottratto cose esposte alla pubblica fede e l'avere approfittato di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica difesa".
Nelle riprese tv - che hanno poi determinato i principali sospetti degli investigatori - si vede Arcangioli allontanarsi velocemente dal luogo della strage con la borsa e andare, verso la fine di via D'Amelio, in una direzione, che secondo i magistrati, non sarebbe giustificata nè dalla presenza di soggetti istituzionali, nè da motivi investigativi.
Il dubbio è che l'ufficiale si sia recato in un punto preciso per consegnare l'agenda a qualcuno. La certezza è che quando la valigetta è ricomparsa nell'auto il diario non c'era più.
"Siamo stupefatti. Di questo procedimento sappiamo solo che ci sono state due richieste di archiviazione". Così gli avvocati Diego Perugini e Sonia Battagliese, legali del tenente colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, commentano l'iniziativa del gip di Caltanissetta Ottavio Sferlazza. "Apprendiamo dalla stampa - hanno aggiunto - circostanze che dovremmo conoscere da altre fonti. Ci riserviamo un parere quando avremo una comunicazione ufficiale".
Fonte: La Sicilia
mercoledì, febbraio 06, 2008
Sequestri per 300mln di euro
Tra i destinatari del provvedimento vi è anche il boss Antonino Rotolo, arrestato nel giugno 2006 nell'ambito dell'operazione "Gotha". Il sequestro ha riguardato 14 società, 102 immobili, 10 automobili e 44 rapporti bancari e polizze assicurative. I sequestri sono stati eseguiti dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Palermo. Le indagini economico-patrimoniali del Gico, coordinate dalla Procura, hanno permesso di accertare, tra l'altro, una forte sproporzione tra l'ingente patrimonio individuato e i redditi dichiarati dai componenti dei nuclei familiari.
Il "tesoro" era intestato a una serie di prestanome, alcuni dei quali risultano indigenti all'anagrafe fiscale. "E' un colpo durissimo, che vale probabilmente quanto la cattura di un grande boss e forse di più", commenta il ministro dell'Interno, Giuliano Amato. "Sono convinto - dice Amato - che questa sia la strategia vincente: sottrarre alla mafia i suoi beni significa colpirla nei suoi organi vitali, mettendone in crisi tutta l'organizzazione. È anche motivo di soddisfazione l'ennesima testimonianza dell'unità dello Stato in questo sforzo contro la mafia, dalla magistratura alla Guardia di Finanza e a tutte le Forze dell'ordine".
05/02/2008
Fonte: La Sicilia
Sospeso per "pizzo"
"Non so se pagasse veramente il pizzo - ha spiegato Helg -, questo sarà la magistratura ad accertarlo, ma abbiamo preso questo provvedimento dal momento che abbiamo chiesto a tutti di collaborare con gli inquirenti e questa persona non ha dato la sua disponibilità. Ci auguriamo comunque che possa dimostrare nel tempo la sua estraneità. Nel 2005 Confcommercio si è data delle regole ferree, rispetto alle quali non saranno fatti passi indietro".
Ai cronisti che chiedevano se il commerciante sospeso figurasse fra quelli citati nei pizzini dei boss Lo Piccolo, il presidente di Confcommercio non ha confermato la circostanza, precisando comunque che si tratta di "un imprenditore di tutto rispetto. L'unico - ha ribadito - che non ha dato la disponibilità a collaborare".
"Quella di oggi è una giornata importante per la lotta al racket dal momento che alle dichiarazioni di intenti sono seguiti i fatti", ha commentato il questore di Palermo, Giuseppe Caruso. "In città c'è qualche sintomo di risveglio - ha aggiunto -, adesso gli imprenditori si sentono più protetti, e noi stiamo facendo di tutto per tutelarli adeguatamente".
Fonte: La Sicilia
martedì, febbraio 05, 2008
Chiesto il processo per Mori e Obinu
Secondo l'impianto accusatorio, Ilardo aveva raccontato riservatamente al colonnello dei carabinieri Michele Riccio, che Provenzano era solito utilizzare una masseria nelle campagne di Mezzojuso per summit con altri mafiosi, e che proprio il 31 ottobre 1995 sarebbe stato lì. Il confidente, inoltre, aveva fatto i nomi di alcuni soggetti mafiosi che in quel momento gestivano la latitanza di Provenzano. L'accusa è che dopo la trasmissione delle notizie apprese da Ilardo, e trasmesse da Riccio ai suoi superiori dell'Arma dei carabinieri, per "un anno non vennero attivate indagini" né sui luoghi né sui soggetti, né venne comunicato il tutto all'autorità giudiziaria di Palermo che coordinava le indagini per la cattura di Provenzano. Il delitto di Ilardo, ucciso poco prima dell'ammissione al servizio di protezione, è ancora avvolto dal mistero.
La procura di Palermo ha chiesto l'archiviazione per il colonnello dell'Arma, Michele Riccio (era stato denunciato per calunnia da Mori e Obinu) e per il generale Antonio Subranni (nei suoi confronti, secondo la Procura, non ci sono gli elementi per chiedere il processo).
Ai tempi in cui sarebbero stati commessi i fatti di reato, Mori era vice comandante operativo del Ros mentre Obinu era comandante del reparto criminalità organizzata del Raggruppamento. Agli atti dell'inchiesta c'è, tra l'altro, una consulenza tecnica sui luoghi in cui sarebbero avvenuti i summit mafiosi, e la documentazione conservata presso la segreteria particolare del procuratore di Palermo, a quei tempi era Gian Carlo Caselli, con le direttive impartite agli organi investigativi incaricati della ricerca dei latitanti.
Il prefetto Mori, insieme al capitano Sergio De Caprio, è stato assolto per la mancata perquisizione del covo in cui fu catturato Totò Riina il 15 gennaio 1993. Nella motivazione delle sentenza del tribunale di Palermo vennero avanzate critiche sulle modalità operative seguite dai carabinieri dopo la cattura di Riina ma venne escluso il "patto" tra pezzi dello Stato e boss (per tutti: gli incontri tra Mori e l'ex sindaco Vito Ciancimino, condannato per mafia) che avrebbero portato alla fine della latitanza del capo dei "corleonesi".
Fonte: Il sole 24 ore
Inaugurazione all'Università di Catania
Queste sono state le parole di Ivan Lo Bello, il presidente di Confindustria Sicilia, intervenuto all’inaugurazione dell’anno accademico 2008-2009 della facoltà di Lettere e filosofia di Catania, tenutosi venerdì pomeriggio nell’auditorium dei complesso dei Benedettini. L’incontro si è svolto in due momenti. All’inizio il preside di Lettere e filosofia, Enrico Iachello, ha annunciato il suo progetto di confronto con il territorio. «Occorre ripensare il rapporto che l’università ha con il territorio – ha detto – e credo che oggi siamo pronti a questo processo che ci aiuta anche a ripensare alla nostra offerta formativa e a migliorare i nostri corsi». Il prof. Iachello ha inoltre detto che esistono già degli osservatori che operano sulla strada della collaborazione, come quello sulla storia di Catania, quello sulle scuole e quello sul castello Ursino. Osservatori che spera di potenziare e per cui spera avere l’appoggio dell’assessorato alla Cultura, appoggio che fino adesso, ha detto, è stato negato. All’insegna di questa apertura al territorio si è incentrata la seconda fase dell’incontro. I giornalisti Francesco Merlo e Pietrangelo Buttafuoco hanno moderato una discussione che ha avuto come protagonisti Ivan Lo Bello, l'imprenditore catanese Andrea Vecchio e il commerciante palermitano Vincenzo Conticello. «Lascio la parola a loro – ha detto il preside Iachello – perché loro, i protagonisti di un’importante svolta per il territorio, testimoni di una ribellione concreta contro la mafia, facciano i professori per noi».
Andrea Vecchio e Vincenzo Conticello, noti per il loro coraggio di denunciare le richieste di pegamento del pizzo che hanno ricevuto ed anche di riconoscere in tribunale i loro estorsori, hanno raccontato la loro esperienza, le difficoltà incontrate nei rapporti con la società, l’importanza che ha avuto per loro l’appoggio delle loro famiglie, quali sono state le molle che hanno fatto scattare in loro il meccanismo del coraggio di ribellarsi a dei prepotenti. Due storie diverse, ma che hanno in comune il coraggio e la voglia di non farsi sopraffare. «Stanco della situazione nel 2004 ho denunciato le richieste di pizzo che avevo ricevuto, ma andare a riconoscere il mio estorsore in tribunale era un grande passo. È stata mia figlia a darmi la forza – ci ha raccontato Vincenzo Conticello. – Si era iscritta ad Addio Pizzo e, orgogliosa di aver attaccato per la città degli adesivi con la famosa scritta “un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità” è venuta a raccontarmelo. Nello stesso momento io ho trovato la forza di reagire, dovevo avere quella dignità di cui mia figlia andava orgogliosa e riconoscere i miei aguzzini in sede di processo». La storia di Andrea Vecchio è un po’ diversa. La sua lotta alla mafia inizia nel 1982; quest’imprenditore ha trovato il coraggio di lottare un po’ per carattere: «mi definisco un intemperante a cui girano le scatole se qualcuno tenta di sopraffarmi e non un eroe come molti mi hanno appellato». Ma c’è dietro anche una precisa analisi della situazione. Andrea Vecchio, infatti, ha raccontato che ha capito che aveva a che fare con uomini e soprattutto che lui era più forte dei suoi estorsori; anche per questo ha deciso di denunciare. «La prima volta è stata al telefono – ha raccontato – e ho avuto molta paura perché non hanno minacciato solo me ma soprattutto hanno minacciato i miei figli che all’epoca erano ancora piccoli. Quando però, invece di rispondere al telefono ho lasciato rispondere la segreteria telefonica e li ho sentiti in difficoltà nell’avere a che fare un questo mezzo tecnologico, ho capito che ero più forte di loro».
Durante l’incontro il presidente Lo Bello ha voluto fare una differenziazione: «La situazione in Sicilia è variegata – ha detto –. Mentre per esempio a Gela, ci sono 85 tra imprenditori e commercianti che hanno denunciato, a Palermo le denunce si possono contare sulle dita di una mano. In questa città, infatti, il sistema mafioso e la disponibilità a pagare il pizzo sono molto più radicati. Per questo quando vedo persone come Vincenzo Conticello che si ribellano a questo sistema tanto radicato nel territorio, non posso che essere ottimista per il futuro».
Fonte: Step magazine