martedì, marzo 31, 2009

Prime nozze pizzo-free

PALERMO - Verranno celebrate a Palermo, il 18 aprile, le prime nozze pizzo-free d'Italia. Gli sposi - 29 anni lei, 30 lui - hanno scelto un matrimonio all'insegna della legalità rivolgendosi, per tutti gli acquisti, ai commercianti che hanno deciso di non cedere al ricatto degli estortori. Così il negozio in cui acquistare le bomboniere, quello in cui fare la lista nozze, la stilista che ha disegnato l'abito da sposa, l'agenzia che organizza il viaggio della coppia sono tutti nell'elenco dei commercianti che hanno aderito alla campagna del comitato Addiopizzo "contro il racket cambia consumi". Un'idea che consente ai cittadini di sapere da che parte sono i commercianti dai quali fanno acquisti. La coppia, Valeria Di Leo e Fabio Messina, non è nuova a iniziative contro il racket: è loro il primo emporium pizzo free della città, una bottega dove si vende di tutto - dagli alimentari all'oggettistica - purchè prodotto da rivenditori che abbiano aderito alla lista del comitato.
31/03/2009
Fonte: La Sicilia

Strage Viale Lazio..Si rinvia..

PALERMO - E' stata rinviata, a causa dello sciopero degli avvocati, l'udienza che si sarebbe dovuta concludere con l'emissione del verdetto per la strage di viale Lazio. Nell'eccidio, compiuto 40 anni fa da un commando di killer mafiosi corleonesi e palermitani, persero la vita 6 persone tra le quali il boss dell'Acquasanta Michele Cavataio obiettivo dei sicari. Alla sbarra, davanti alla corte d'assise di Palermo i boss Bernardo Provenzano e Totò Riina per i quali il pm ha chiesto la condanna all'ergastolo. Per anni la strage è rimasta senza colpevoli; poi le dichiarazioni del pentito Gaetano Grado, che ha confermato quanto dichiarato da un altro collaboratore di giustizia, Antonino Calderone, hanno consentito la riapertura dell'indagine. Grado, che si accusò dell'eccidio, processato separatamente, è stato prosciolto in quanto, con l'applicazionedell'attenuante speciale per i pentiti il reato a lui contestato è stato dichiarato prescritto. Il processo è stato rinviato al 28 aprile giorno in cui i giudici pronunceranno la sentenza.
31/03/2009

Fonte: La Sicilia

domenica, marzo 29, 2009

Grazie ad una intercettazione..Riflettere...

Palermo, 26 mar. - I boss della Stidda di Gela (Caltanissetta) stavano preparando il sequestro del banchiere ragusano Giovanni Cartia, presidente della Banca agricola popolare di Ragusa. Il piano criminale, a scopo di estorsione, che sarebbe dovuto scattare prima di Pasqua, è stato però sventato dai Carabinieri che all'alba di oggi hanno eseguito sette arresti. Gli investigatori hanno scoperto il piano grazie a un'intercettazione nell'ambito di un'altra indagine non di mafia. Gli arrestati nell'ambito dell'operazione, denominata 'Caiman', sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa e associazione per delinquere, detenzione di armi ed esplosivi, sequestro di persona a scopo di estorsione, con l'aggravante per tutti di essere un'associazione armata. Tra i coinvolti c'è anche un ex brigatista. L'organizzazione aveva studiato tutti i movimenti del banchiere e perfino effettuato dei sopralluoghi. Era pronto anche il covo da usare, nei pressi di Comiso (Ragusa). L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore Sergio Lari, dal neo Procuratore aggiunto Domenico Gozzo e dal pm della Direzione distrettuale antimafia Nicolò Marino. In carcere sono finite persone originarie del nisseno, due delle quali avevano interessi economici in Puglia e Lombardia. L'operazione ruota attorno a un pregiudicato, Vincenzo Pistritto, personaggio di spicco della Stidda di Gela e indicato come tale da alcuni collaboratori di giustizia che lo accusano. Pistritto con i suoi complici "aveva ideato e materialmente pianificato con vari sopralluoghi - spiegano gli inquirenti - diversi progetti criminosi, principalmente rapine per le quali è emersa la disponibilità di armi da fuoco ed esplosivo al plastico e soprattutto sequestri di persona ai danni di un noto banchiere siciliano". Per queste due ultime azioni Pistritto aveva ottenuto il coinvolgimento di un ex brigatista, Calogero La Mantia, originario di Sommatino, nel nisseno, ma residente a Gela e arrestato negli anni Settanta per terrorismo, quale affiliato alla colonna milanese ma da vent'anni rientrato a Gela.
Fonte: Adnkronos

Ucciso boss nella provincia messinese

MESSINA - Il barcellonese Carmelo Mazza, 30 anni, è stato ucciso la scorsa notte con colpi di pistola e di fucile mentre era a bordo di una Smart ad Olivarella, nel messinese. La vittima era indicata come un emergente della criminalità organizzata della famiglia mafiosa di Barcellona e lo scorso 30 gennaio era fra i destinatari di un ordine di custodia cautelare perchè accusato di estorsione. Allora sfuggì all'arresto, ma si è poi costituito e in seguito è tornato in libertà su ordine del tribunale del riesame. Secondo la ricostruzione dei carabinieri i sicari si sono avvicinati all'auto della vittima ed hanno sparato. L'auto ha proseguito la sua corsa finendo contro contro i cancelli della palestra "New Generation". Secondo gli investigatori non ci sono dubbi sulla matrice mafiosa del delitto. Negli anni Novanta anche il padre di Mazza era stata ucciso durante la guerra di mafia nel messinese.
28/03/2009
Fonte: La Sicilia

Per ricordare Crescente

Palermo, 27 mar.- (Adnkronos) - La villa comunale di Porto Empedocle (Agrigento) domani verra' intitolata al magistrato Luca Crescente, sostituto procuratore della Dda di Palermo morto il 26 agosto del 2003 a soli 39 anni. Crescente alla Dda di Palermo si occupava della mafia di Agrigento. E, scrive il sindaco di Porto Empedocle, Calogero Firetto, ''una parte del territorio profanato dalla violenza mafiosa'' e' stato ''restituito allo Stato'' grazie al magistrato ''che avvio', condusse e rappresento' l'accusa'' al processo in cui nel 2001 venne decapitato il vertice di Cosa nostra agrigentina. La cerimonia iniziera' alle 10,30.''Sara' una festa, il modo piu' concreto - dice il sindaco Calogero Firetto - per manifestare riconoscenza verso chi si e' speso per far conoscere alle nuove generazioni un futuro liberato dalla pressione e dalla cultura mafiosa. Scrivere il nome di Luca Crescente sulla terra empedoclina costituisce il modo migliore per dimostrare che il lavoro fin qui svolto non e' stato per nulla vano''. Crescente era entrato in magistratura nel 1991. Il magistrato ha firmato centinaia di richieste di custodia cautelare per mandanti, gregari e killer di Cosa nostra e della «stidda». Tra questi quelli del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, il brigadiere della polizia penitenziaria Pasquale Di Lorenzo ed i carcerieri agrigentini e nisseni del piccolo Giuseppe Di Matteo.
Fonte: Adnkronos

Spataro racconta..

Palermo, 26 mar. - "Giovanni Bonanno si occupo' per anni del 'pizzo' nel mandamento mafioso di Resuttana a Palermo. Poi, dopo la Pasqua del 2005 inizio' ad avere problemi e ad essere estromesso dalle estorsioni, che fino a quel momento aveva sempre gestito da solo. Un fatto che Giovanni non riusciva proprio a digerire". Cosi' il pentito di mafia Maurizio Spataro, che da alcuni mesi racconta ai magistrati della Dda di Palermo i retroscena di alcuni fatti di mafia, compresi omicidi, degli ultimi anni, ha raccontato l'ascesa e il crollo del 'picciotto' di mafia Giovanni Bonanno, ucciso nel gennaio 2006 e poi fatto sparire. Il corpo di Bonanno e' stato ritrovato solo un anno fa grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti. Spataro sta rispondendo, da un luogo segreto, in videoconferenza nel processo per l'omicidio di Giovanni Bonanno, che si celebra davanti alla prima sezione della Corte d'Assise presieduta da Giuseppe Di Vitale e che vede alla sbarra i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Diego Di Trapani e Giuseppe Pecoraro. Risponendo alle domande del pm Annamaria Picozzi - presente in aula anche il pm Francesco Del Bene - Maurizio Spataro ha ripercorso i momenti piu' importanti della carriera criminale di Giovanni Bonanno prima della sua uccisione. "Giovanni, che conoscevo da quano eravamo piccoli - ha detto - si occupava delle estorsioni di resuttana, soprattutto dopo l'arresto di Pino Guastella. Fu investito dal reggente del mandamento Resuttana, Diego Di Trapani, come co-reggente. Tutto questo duro' fino al luglio del 2003, quando Bonanno venne arrestato. Il suo posto venne preso dal fratello Francesco Bonnano che mori' nel dicembre del 2003 stesso per un infarto". Bonanno, come rivelato dal pentito Spataro "aveva rapporti personali con Sandro Lo Piccolo". "Si incontravano ferquentemente - ha detto -soprattutto presso un ristorante di Sferracavallo a Palermo". Ma i rapporti tra Sandro Lo Piccolo, figlio del capomafia Sandro Lo Piccolo, e Giovanni Bonanni si deteriorano ben presto. "Sandro non voleva che io frequentassi Bonanni - ha spiegato il collaboratore - diceva che davanti faceva una faccia e alle spalle poi gli piantava i chiodi...". "Dopo la Pasqua di quattro anni fa - ha detto ancora il collaboratore di giustizia nel suo interrogatorio - gli venne detto dal reggente del mandamento di non dovere piu' gestire le estorsioni nel mandamento. Dopo poco tempo Bonanno venne isolato da tutti e lui ci rimase malissimo. Veniva detto che non riuscisse a riempire le tasche dei familiari dei detenuti". Cosi' gli sarebbe stato affiancato, nella gestione del pizzo, Salvo Genova. "Una sera - ha detto Spataro - Giovanni mi disse che non ne poteva piu' di questa situazione. Non era giusto mettergli accanto un'altra persona. In un'occasione, lo accompagnai a ritirare il pizzo da alcuni negozianti, ma questi gli dissero che erano gia' passati per ritirare i soldi. Per lui fu un pugno nello stomaco. Capi' che era stato messo da parte". Poi, il pentito Spataro ha raccontato un diverbio tra Giovanni Bonanno e Maria Angela Di Trapani, moglie del boss mafioso Salvino Madonia, del mandamento di Resuttana. "Lei disse che era l'ultima volta che si sarebbe vista con Bonanno e che non lo voleva piu' vedere". Dopo qualche mese di Giovanni Bonanno si persero le tracce. Venne ucciso barbaramente e poi il suo cadavere nascosto nelle campagne di Cinisi, dove venne ritrovato un anno fa.
Fonte: adnkronos

Forse suicidio..

AGRIGENTO - Il sostituto procuratore della Repubblica di Agrigento, Adriano Scudieri, ha incaricato il medico legale Gianfranco Pullara di eseguire l'autopsia sulla salma di Alfonso Vella, 41 anni, genero del boss di Agrigento, Cesare Calogero Lombardozzi. L'uomo era stato trovato impiccato con una corda ieri mattina, in contrada Furore, a Naro. Investigatori ed inquirenti continuano a privilegiare l'ipotesi del suicidio e l'esame autoptico servirà a stabilire l'esatta causa del decesso.
28/03/2009
Fonte: La Sicilia

martedì, marzo 24, 2009

Appello di Di Fazio

AGRIGENTO - "Il racket delle estorsioni ha rialzato la testa. Chiediamo a commercianti, imprenditori ed operatori turistici di collaborare e di denunciare, invece di stare in silenzio". E' l'invito rivolto dal questore di Agrigento, Girolamo Di Fazio, dopo l'incendio dello stabilimento balneare di Porto Empedocle, Milonga beach e le intimidazioni in contrada Pisciotto, a Licata.
Sempre nella cittadina agrigentina, i carabinieri stano indagando sul ritrovamento di un bidone di benzina nella scala d'accesso a tre stabilimenti balneari, trovata intrisa di liquido infiammabile.
Secondo la polizia si tratta di un'intimidazione nei confronti di uno o di tutti e tre i gestori degli stabilimenti. All'alba di domenica era stato incendiato lo stabilimento Milonga beach sul lido Nettuno a Porto Empedocle, mentre il 7 marzo era stato distrutto dalle fiamme dolose il Canaima beach di Montallegro.
24/03/2009
Fonte: La Sicilia

A casa del boss...

PALERMO - I magistrati della Procura di Palermo che da alcuni mesi hanno avviato nuove indagini che si basano in gran parte sulle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, il figlio di Vito, il politico corleonese condannato per mafia, stanno indagando su intrecci fra borghesia e mafia a Palermo.
In particolare Ciancimino ricostruisce una rete di affari 'occulti' che facevano capo a suo padre e parla dell' imprenditore Ezio Brancato e della moglie Maria D'Anna con i quali avrebbe costituito la società Gas, venduta in seguito a un gruppo di spagnoli. Una parte di questi retroscena Massimo Ciancimino li ha raccontati ieri a Bologna durante la sua deposizione in aula davanti ai giudici della corte d'appello che lo stanno processando per riciclaggio.
Nell'ambito della nuova inchiesta dei pm è stato acquisito un verbale di dichiarazioni, dello scorso febbraio, in cui un ex primario dell'ospedale Civico di Palermo oggi in pensione, Vincenzo Alessi, afferma che alla fine degli anni Ottanta, ha visto a cena a casa dell'allora "ministro dei lavori pubblici" di Cosa nostra, Angelo Siino, il magistrato Giusto Schiacchitano, all'epoca sostituto procuratore a Palermo. Il magistrato è stato consuocero di Brancato, perché il figlio ha sposato Monia Brancato che adesso è parte civile nel processo a Ciancimino.
"A casa di Angelo Siino erano presenti numerose persone, tra le quali il magistrato Giusto Sciacchitano e ufficiali dell'Esercito di cui però non ricordo il nome", è il contenuto delle dichiarazioni dell'ex primario del Civico, rese al sostituto procuratore Nino Di Matteo il 10 febbraio scorso, nell'ambito del processo all'ex deputato regionale Giovanni Mercadante accusato di mafia.
Il verbale è stato depositato agli atti del processo al politico e adesso è stato acquisito nella nuova inchiesta che si basa anche sulle dichiarazioni di Massimo Ciancimino. Giusto Sciacchitano alla fine degli anni Ottanta, in cui si sarebbe verificato l'episodio raccontato da Alessi, era uno dei sostituti anziani del procuratore Giammanco. Adesso il magistrato è alla procura nazionale antimafia dove si occupa di collegamenti con le autorità straniere.

24/03/2009
Fonte: La Sicilia

Arrestato il "re" di Roccapalumba...

Palermo, 24 mar. - Aveva tenuto sotto scacco un intero paese imponendo, anche con le minacce, la dazione di denaro da decine di commercianti. Adesso, il 're delle estorsioni' di Roccapalumba, piccolo centro del palermitano, e' stato arrestato dai Carabinieri. In carcere e' finito Rosolino Graziano, con un passato fatto di carcere e violenze. L'ultima volta era finito in manette perche' in preda a un mix di acolici aveva aggredito due carabinieri. "Schiavo di se stesso e della fame di bevande alcoliche - spiegano i militari - la sera si trascinava tra i vari locali di Roccapalumba, intimando ai gestori di servirgli cio' che pretendeva, senza corrispondere in cambio del denaro, oppure imponendo a qualcuno li' presente di offrirgli cio' che lui desiderava". Gli esercenti erano intimoriti al punto che spesso si vedevano costretti a chiudere prima dell'orario previsto, spesso anche alle 7 di sera, a causa della sua presenza minacciosa che, con atteggiamenti da gradasso, disturbava la clientela ed offendeva con la minaccia di un futuro male colui il quale provava ad indurlo alla ragione. Gli episodi si sono susseguiti numerosi e la costante mancanza di denaro ha portato Rosolino ad escogitare metodi sempre piu' illegali per procurarsene. Aveva capito che tutti temevano di imbattersi in lui e sfruttava la situazione, spingendosi sino ad obbligare i vari commercianti a ''pagare'', a dargli del denaro con la minaccia che altrimenti avrebbe dato ''spettacolo'' all'interno del locale danneggiandone cosi' l'immagine. Sono state decine le denunce raccolte dai carabinieri di commercianti stanchi dell'esplosione d'ira di Rosolino.
Fonte: Adnkronos

sabato, marzo 21, 2009

Giuffrè ai domiciliari...

PALERMO - Il capomafia Antonino Giuffrè, che dal 2002 è collaboratore di giustizia, da alcune settimane ha lasciato il carcere ed i giudici gli hanno concesso gli arresti domiciliari. Il provvedimento è del Tribunale di sorveglianza di Roma che ha preso la decisione in seguito all'affievolimento delle esigenze cautelari, ma anche al suo stato di salute. Giuffrè, arrestato dai carabinieri di Termini Imerese il 16 aprile 2002 dopo una lunga latitanza, è stato condannato per mafia e omicidi, e in particolare per la strage di via D'Amelio in cui vennero uccisi Paolo Borsellino e gli agenti della scorta.
21/03/2009
Fonte: La Sicilia

mercoledì, marzo 18, 2009

Operazione "Camaleonte 2"

TERMINI IMERESE (PALERMO) - I carabinieri del gruppo di Monreale e della compagnia di Termini Imerese hanno eseguito 15 arresti. Gli indagati sono accusati di far parte delle famiglie mafiose di Trabia, Sciara e Termini Imerese, in provincia di Palermo. Si tratta di componenti del mandamento mafioso di Trabia (ex mandamento di Caccamo). I provvedimenti cautelari sono stati emessi dal gip del tribunale di Palermo, il quale ha contestato agli indagati l'accusa di associazione mafiosa ed estorsione. L'operazione "Camaleonte 2", alla quale hanno preso parte centinaia di carabinieri sono impegnati nella vasta operazione antimafia in cui operano anche unità cinofile ed elicotteri, è stata coordinata dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e scaturisce da un'articolata attività d'indagine condotta dai carabinieri della Compagnia di Termini Imerese iniziata nel 2004 e protrattasi sino al 2008. Trabia è uno degli ultimi mandamenti della provincia di Palermo rimasti intoccati dalle indagini giudiziarie. Nei mesi scorsi, infatti, con le operazioni "Perseo" e "Carthago", eseguite tra dicembre 2008 e gennaio 2009, i carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno azzerato quasi completamente la cupola mafiosa, grazie all'arresto di 115 persone e la decapitazione di 12 dei 15 mandamenti operativi nel capoluogo regionale e nella sua provincia.Chi è il nuovo boss. Il nuovo reggente del mandamento di Termini Imerese-Caccamo-Trabia (Palermo) si chiama Antonino Teresi e ha 43 anni, fa il bracciante agricolo esperto nella potatura delle piante. L'ascesa del potere di Teresi, nel 2007, coincide con lo spostamento del cuore del mandamento: da Caccamo a Trabia. Originario di Sciara, Teresi ha iniziato la sua carriera criminale facendo la gavetta come autista del boss Salvatore Rinella. Fondamentale nella sua carriera è stato il matrimonio con figlia del boss Vincenzo Salpietro. Perchè sostengono gli investigatori "il peso criminale dell'uomo non era tale per poter ricoprire quel ruolo" cosi come pensava il boss, Pino Scaduto "gli hanno dato una reponsabilità troppo grande e non era ritenuto all'altezza". Secondo quanto ha raccontato il pentito Francesco Franzese, il bracciante agricolo era in buoni rapporti con i boss Sandro e Salvatore Lo Piccolo. Secondo le dichiarazioni del collaboratore Giacomo Greco, inoltre, Teresi avrebbe partecipato al progetto di rifondare Cosa nostra dopo l'arresto dei Lo Piccolo.
Questi gli arrestati nell'operazione antimafia Camaleonte contro le famiglie mafiose di Trabia, Sciara e Termini Imerese, in provincia di Palermo. Paolo Lo Iacono, 49 anni, Fabrizio Iannolino, 40 anni, attualmente agli arresti domiciliari per 416-bis, Domenico La Rocca, 39 anni, Antonino Teresi, 46 anni, Sebastiano Salpietro, 46 anni, Angelo Giuseppe Rizzo, 43 anni, Giuseppe Rinella, 30 anni, Alfonso Riccio, 48 anni.Agostino Mantia, 39 anni, Cosimo Serio, 43 anni, Leonardo Monastero, 37 anni, Carmelo Graziano, 48 anni, Liborio Pirrone, 72 anni, detenuto nella casa circondariale di Livorno, Paolo Piazza Palotto, 37 anni, detenuto nella casa circondariale di Trapani, Agostino Scarcipino Pattarello, 42 anni, detenuto nella casa circondariale di Augusta.





17/03/2009



Fonte: La Sicilia

martedì, marzo 17, 2009

L'immortale Vito...

L'AQUILA, 16 MAR - La GdF ha arrestato tre persone accusate di aver utilizzato, per conto di boss palermitani, somme di denaro di provenienza illecita. I soldi venivano investiti in attivita' imprenditoriali e, farebbero parte del 'tesoro occulto' riconducibile al defunto ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. In manette, l'amministratore delegato della societa' 'Alba D'Oro', Nino Zangari, 44 anni, gia' assessore allo sport a Tagliacozzo, Augusto Ricci ed Achille Ricci entrambi ai 'domiciliari'.
Fonte: ANSA

Confermati gli ergastoli

PALERMO, 16 MAR - La corte d'Assise d'appello di Palermo ha confermato gli ergastoli ai boss Leoluca Bagarella e Giuseppe Agrigento per un omicidio. I due sono stati condannati per l'omicidio di Ignazio Di Giovanni, un piccolo imprenditore di San Cipirello, ucciso nel 1977. L'uomo, padre di dieci figli, fu assassinato nel suo cantiere, dopo essersi rifiutato di cedere alcuni appalti che aveva ottenuto. A consentire di fare luce sui fatti fu la confessione del pentito Giovanni Brusca.
Fonte: ANSA

venerdì, marzo 13, 2009

Preso Lo Nigro

PALERMO - Ascoltava in cuffia, a tutto volume, con gli occhi fissi sullo schermo del pc, un file mp3 di Tony Colombo, un cantante melodico napoletano. Così i carabinieri ieri sera hanno trovato il boss latitante Antonino Lo Nigro, ricercato dal 15 gennaio del 2008, in un appartamento nel centro di Bagheria. Il trentenne, accusato di essere il nuovo capomafia di Brancaccio e di traffico di stupefacenti indossava una tuta da ginnastica e a causa del volume elevato con cui ascoltava canzoni napoletane si è accorto di aver finito la sua latitanza quando si è visto davanti un militare. Pochi minuti prima dell'irruzione dei carabinieri, intorno alle 9 di ieri sera, una sua amica, Concetta Barbagallo, 29 anni, che è stata arrestata per favoreggiamento, gli aveva lasciato i sacchetti con la spesa sul tavolo della cucina del monolocale in cui si rifugiava. Lo Nigro era inserito nell'elenco dei 100 latitanti più pericolosi. Le indagini sul suo covo sono iniziate un mese fa, quando i carabinieri della stazione carabinieri di Bagheria hanno notato "un'anomala frequenza di giovani con precedenti penali" in via Paterna. Dopo alcuni giorni di appostamenti, gli investigatori hanno individuato il latitante. Lo Nigro era sfuggito un paio di volte all'arresto. Lo aveva fatto prima a Palermo il 16 gennaio 2008 e poi a Siderno, nella locride, dove il ricercato insieme alla fidanzata nel luglio scorso stava trascorrendo le vacanze in un appartamento sul lungomare calabrese. In quella occasione il boss riuscì a far perdere le proprie tracce grazie ad una rocambolesca fuga. Ma nonostante il fatto che fosse latitante, Lo Nigro si sarebbe recato nei mesi scorsi anche in un ufficio del Comune di Palermo, per farsi autenticare la firma su un documento utile per un processo dove è imputato. Lo Nigro, ritenuto l'attuale reggente del mandamento di Brancaccio, era considerato uno dei principali interlocutori dei capimafia Salvatore e Sandro Lo Piccolo, nonché braccio destro di Andrea Adamo. L'ascesa del giovane boss della borgata di Brancaccio, grazie al traffico di cocaina, è dovuta anche a parentele influenti come quelle con Piero e Francesco Lo Nigro. Ma quello che conta di più è suo zio: Pietro Tagliavia, capomafia storico della famiglia di Corso dei Mille.
13/03/2009
Fonte: La Sicilia

Boss arrestato in Francia

Palermo, 12 mar. - E' durata poco piu' di un anno la latitanza del boss palermitano Salvatore Adelfio, ricercato dal febbraio del 2008, quando riusci' a sfuggire al maxi blitz antimafia 'Old bridge' che svelo' un asse tra la cosca mafiosa palermitana e quella americana. Adelfio, 42 anni, su cui pendeva un mandato di cattura europeo per associazione mafiosa, e' stato arrestato dalla polizia francese a Perthus, cittadina al confine con la Spagna. Gli uomini del Servizio centrale operativo e della sezione catturandi della squadra mobile di Palermo, con l'aiuto dell'Interpol, nei mesi scorsi avevano individuato la Spagna quale possibile rifugio del latitante. Gli investigatori hanno scoperto che Adelfio avrebbe trascorso parte della latitanza a Torre Molinos, vicino a Malaga, in Spagna. Il boss e' un esponente della cosca mafiosa di Villagrazia-Santa Maria del Gesu' di Palermo, regno del boss Benedetto Capizzi, e appartiene a una storica famiglia di Cosa Nostra. Il padre, Giovanni, anche lui accusato di associazione mafiosa e' da anni in carcere ed e' ritenuto tra gli ideatori della strage di via d'Amelio in cui vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Salvatore Adelfio era stato gia' arrestato nel 1997 e poi nel 2002 per associazione mafiosa e traffico di droga.
Fonte: Adnkronos

Operazione GdF a Catania..

CATANIA - La Guardia di finanza di Catania ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un'organizzazione accusata di gestire, anche attraverso pusher minorenni, un vasto traffico di sostanze stupefacenti, fatturando diverse migliaia di euro al giorno. Complessivamente sono sei le persone destinatarie del provvedimento restrittivo, e altrettante sono indagate in stato di libertà. Tra le persone coinvolte nell'inchiesta ci sono anche i fratelli Agatino e Antonino Arena, due figli del boss Giovanni, un latitante della cosca mafiosa Sciuto-Tigna il cui nome compare nella lista dei 30 ricercati più pericolosi d'Italia. Ad Agatino Arena il provvedimento è stato notificato in carcere, dove è rinchiuso per detenzioni di armi, mentre suo fratello Antonino allo stato è irreperibile. Le indagini delle Fiamme gialle, avviate nel 2005 con l'arresto di un altro dei fratelli Arena, Massimiliano, avrebbero fatto luce su un vasto spaccio di marijuana che aveva il 'cuore' dell'azione nel popoloso rione Librino.In manette quindi, oltre ad Agatino Arena, di 30 anni, sono finiti Fabio Furci, di 38, Fabio Pappalardo, di 29, Alberto Ivan Privitera, di 23 e Giovanni Sciacca, di 28. Una delle sei persone denunciate, accusata di aver spacciato droga mentre era agli arresti domiciliari, è stata anche denunciata per evasione. Secondo gli investigatori la famiglia Arena avrebbe avuto un ruolo di leader nell'attività di spaccio di marijuana utilizzando come base logistica, per l'occultamento e il confezionamento delle dosi, il cosidetto 'palazzo di cemento', nel quartiere di Librino.
13/03/2009

Fonte: La Sicilia

Sequestro di 1 mln di euro..

PALERMO, 13 MAR - La Direzione investigativa antimafia ha posto sotto sequestro beni per un valore di oltre un milione di euro. I beni appartenevano all'imprenditore Biagio Smeraglia, di 46 anni, di Ribera (Agrigento) e a suoi familiari. Smeraglia e' accusato di avere svolto un ruolo di prestanome con la sua attivita' imprenditoriale per conto della famiglia mafiosa Capizzi di Ribera. Il provvedimento riguarda immobili, conti correnti, automezzi e tre societa'.
Fonte: Ansa

Comune parte civile..

CATANIA - Il Comune di Catania si è costituito parte civile nel processo a sette presunti appartenenti alla famiglia Santapaola accusati di associazione mafiosa finalizzata a ottenere i giusti vantaggi nell'ambito di una indagine sulla gestione dei festeggiamenti in onore di Sant'Agata, patrona del capoluogo etneo. Imputati sono Nino Santapaola 47 anni, nipote del boss Benedetto; il figlio minore di quest'ultimo, Francesco, di 36 anni; Salvatore Copia di 38; quattro esponenti della famiglia Mangion, Enzo di 49 anni, Alfio di 36, Vincenzo di 32 e Agatino di 36. Di concorso esterno è accusato l'ex presidente del circolo S. Agata alla Collegiata, Pietro Diolosà. Il controllo della festa, secondo l'accusa, avveniva attraverso il Circolo, che gestisce le uscite e le fermate del busto reliquiario della Santa Patrona e delle Candelore, ceri di legno portati a spalla che vengono fatti 'annacarè (ballare) durante la processione. La Procura ritiene che la gestione della festa per fosse più importante sul fronte dell'affermazione del potere del clan che per il profitto generato dalle fermate davanti a certe bancarelle piuttosto che altre.
12/03/2009
Fonte: La Sicilia

martedì, marzo 10, 2009

Rimossa la "lumaca"...

ROMA - La Procura della Cassazione, rappresentata da Marco Pivetti, ha dato il via libera alla conferma della "rimozione dall'ordine giudiziario" di Edy Pinatto, il giudice che ha impiegato otto anni per depositare una sentenza sulla criminalità organizzata di Gela, provocando la decorrenza dei termini di carcerazione cautelare. I provvedimenti depositati in ritardo da Pinatto riguardavano il processo "Grande Oriente". Pivetti ha chiesto la conferma della decisione disciplinare emessa dal Csm lo scorso 7 luglio. Dopo essere stato giudice a Gela, Pinatto era stato trasferito a Milano. Lo scorso 30 giugno il gup di Catania lo ha condannato ad otto mesi di reclusione per omissione di atti d'ufficio, sempre in relazione ai ritardi nel deposito delle sentenze sui boss. La decisione delle Sezioni unite civili di piazza Cavour - che si occupano tra l'altro dei processi disciplinari dei magistrati - si conoscerà entro un mese.
10/03/2009
Fonte: La Sicilia

Anniversario Reina

Palermo, 9 mar. - (Adnkronos) - "Ho espresso il rammarico alla moglie di Michele Reina per l'oblio in cui e' stato lasciato cadere l'anniversario dell'assassinio del marito, come se un alone di mistero e di dubbio aleggiasse sulla sua figura, come se nel contrasto alla mafia ci fossero vittime di serie A ed altre da dimenticare''. Lo ha detto il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, in occasione del trentesimo anniversario dell'uccisione di Reina. Il governatore ha telefonato personalmente alla signora Marina anticipandole che la incontrera', anche per concordare le modalita' di una manifestazione in memoria della figura del presidente della Dc barbaramente ucciso nel 1979.
Fonte: Adnkronos

venerdì, marzo 06, 2009

Da chi ha ricevuto le richieste? Dal fratello......

PALERMO - Ammette di avere ricevuto richieste estorsive per la "protezione" della sua azienda. Lo fa in aula a Palermo, davanti ai giudici del tribunale, l'imprenditore Giuseppe Cuffaro, fratello del senatore Totò, ex presidente della Regione, condannato a cinque anni per favoreggiamento. L'imprenditore Cuffaro è testimone e parte civile nel processo che vede imputati estorsori e affiliati ai clan mafiosi, ed è il legale rappresentante delle Autolinee Cuffaro srl. Nel pomeriggio, rispondendo alle domande del pm Roberta Buzzolani e dell'avvocato di parte civile, Francesco Crescimanno, il fratello dell'ex governatore ha detto di avere appreso da uno dei titolari dell'azienda che si era presentato da loro un sedicente assicuratore, per una proporre una polizza che proteggesse i capannoni della ditta. "Il fatto avvenne nel 2005, prima che io mi insediassi - ha detto l'amministratore dell'azienda - a raccontarmi i fatti fu mio cugino, che invitò quel signore a tornare, dicendogli che lui non poteva decidere nulla da solo e che avrebbe dovuto parlare con gli altri soci. Da quando io sono amministratore non è più accaduto nulla". Il processo è stato rinviato a giovedì prossimo.
06/03/2009
Fonte: La Sicilia

Operazione "Vivaio"

MESSINA - Il sostituto procuratore della Dda, Giuseppe Verzera ed il Pm di Barcellona Pozzo, Francesco Massaro, hanno chiesto il rinvio a giudizio per trenta indagati nell'operazione antimafia "Vivaio", portata a termine dai carabinieri nell'aprile del 2008. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamenti e detenzione illegale di armi. Sono stati raggiunti dal provvedimento: Tindaro Calabrese, Carmelo Salvatore Trifirò, Santi Bonanno, Bartolo Bottaro, Antonino Calcagno, Agostino Campisi, Salvatore Campisi, Salvatore Campanino, Alfio Castro, Maria Luisa Coppolino, Zamir Dajcaj, Enrico Fumia, Salvatore Fumia, Aurelio Giamboi, Cristian Giamboi, Sebastiano Giambò, Giacomo Lucia, Massimo Manna, Enzo Marti, Roberto Martorana, Aldo Nicolà Munafò, Vincenzo Munafò, Roberto Ravidà, Michele Rotella, Stefano Rottino, Thomas Sciotto, Innocenzo Sinatra, Nunziato Siracusa, Carmelo Salvatore Trifirò, Giuseppe Triolo. Le indagini avevano documentato le infiltrazioni di un gruppo affiliato alla famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto negli appalti pubblici del Messinese, e tra questi i lavori per la metanizzazione dei Nebrodi ed il raddoppio feroviario della tratta Messina-Palermo.
05/03/2009
Fonte: La Sicilia

martedì, marzo 03, 2009

Tenete duro...

LICATA (AGRIGENTO) - Il sindaco di Licata Angelo Graci e il suo vice Salvatore Ministeri, eletti in una lista civica, ieri sera, sono stati minacciati di morte da due giovani, mentre erano in via Barrile. Secondo quanto denunciato da Graci e Ministeri i due avrebbero detto che "a Licata deve essere la mafia a comandare, la sola che può aiutare chi è veramente in difficoltà". Il sindaco Graci, che assieme a Ministeri è stato scortato dalla polizia municipale in una abitazione segreta, ha avvisato il prefetto di Agrigento Umberto Postiglione.
03/03/2009
Fonte: La Sicilia

Traffico di droga dall'Italia alla Germania

(ANSA) - SIRACUSA, 3 MAR - E' in corso da stamani una vasta operazione della squadra mobile contro 28 presunti affiliati ai clan Santa Panagia ed Aparo. Sono accusati di traffico e spaccio di cocaina e hascisc, sfruttamento della prostituzione e rapina. L'operazione e' coordinata dalla procura distrettuale antimafia. La cocaina veniva importata dalla Germania o acquistata a Roma e Catania. I clan avrebbero acquistato la droga con i proventi delle rapine e dello sfruttamento della prostituzione.
Sono 28 le ordinanze di custodia cautelare eseguite dagli agenti della Squadra mobile emesse dal gip di Catania nei confronti di presunti esponenti dei clan mafiosi Santa Panagia e Aparo. I reati contestati agli indagati vanno dall'associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di cocaina e hashish, rapina, sfruttamento della prostituzione, porto e detenzione di armi con l'aggravante di aver favorito l'organizzazione mafiosa. Gli inquirenti hanno scoperto che la droga, soprattutto la cocaina, arrivava dalla Germania, grazie ad alcuni autotrasportatori, oppure da Roma e Catania. Le indagini dell'operazione denominata 'Maremonti 2' sono durate per oltre due anni. In questo periodo sono stati sequestrati numerose armi, 20 chili di hashish e 500 grammi di cocaina. L'acquisto della droga sarebbe stato finanziato con i proventi delle rapine commesse nel siracusano e con lo sfruttamento della prostituzione. I particolari dell'operazione verranno illustrati in un conferenza stampa che si iterrà a Catania, presso la procura distrettuale antimafia, alle 11 alla presenza degli investigatori.

Fonte: ANSA - La Sicilia

domenica, marzo 01, 2009

Operazione dei Carabinieri stronca nuova cosca..

Palermo, 27 feb. - Dalle prime luci dell'alba e' in corso una maxi operazione antimafia dei Carabinieri del Comando provinciale di Palermo che hanno smantellato la nuova cosca mafiosa di Villabate, piccolo centro del palermitano, eseguendo dodici ordinanze di custodia cautelare. Gli indagati sono accusati di avere imposto il pagamento del 'pizzo' a imprenditori e commercianti, di avere gestito una complessa attivita' di riciclaggio, investendo grosse somme di denaro in aziende e societa' formalmente legali. I reati di cui devono rispondere, a vario titolo, gli arrestati sono: associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni e all'intestazione fittizia di beni. Dall'indagine, denominata 'Senza frontiere', sono emersi insospettabili prestanome a cui erano state intestate delle societa' di comodo utilizzate dalla famiglia mafiosa di Villabate. Le vittime del 'pizzo' erano commercianti e imprenditori della zona di Villabate.
Fonte: Adnkronos

No intercettazioni, no Provenzano...

Palermo, 27 feb. - "Le intercettazioni sono fondamentali in indagini su Cosa nostra. Si tratta di attivita' costose, ma sono costi che vanno accettati se si vuole continuare a portare avanti la lotta alla mafia in modo efficace". Lo ha detto il Procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, a margine della conferenza stampa per i dodici arresti compiuti questa mattina dai Carabinieri di Palermo che hanno smantellato la cosca di Villabate (Palermo). "Abbiamo ottenuto risultati che sono sotto gli occhi di tutti e sono considerati noetvoli - ha detto ancora - E' chiaro che questi risultati non potranno essere mantenuti se subentreranno restrizioni. Poi, la protezione degli interessi dei soggetti non coinvolti e' un grave problema, ma non puo' essere una ragione per limitare a monte le indagini". "Quando si contrasta una societa' segreta come Cosa nostra - ha detto - che vincola i suoi aderenti al piu' assoluto segreto e che e' in grado di sanzionarli in modo grave, e' chiaro che i tradizionali mezzi hanno dei limiti. Le intercettazioni sia ambinetali che telefoniche sono l'unico mezzo di captazione di conversazioni che altrimenti ci sfuggirebbero".
Fonte: Adnkronos

Mega sequestro ad Agrigento..

PALERMO - La Direzione investigativa antimafia ha sequestrato beni per un valore complessivo di 400 milioni di euro. Si tratta di un patrimonio immobiliare e societario riconducibile ad un imprenditore agrigentino, del settore edile. Il provvedimento ha riguardato ditte individuali e società di capitali, appezzamenti di terreno, fabbricati, stabilimenti industriali, veicoli industriali e non, e varie disponibilità finanziarie. I beni sequestrati sono di Rosario Cascio (nella foto), 74 anni, di Santa Margherita Belice ma residente a Partanna (Tp), imprenditore edile e titolare di diversi impianti di calcestruzzo. La gran parte del patrimonio immobiliare di Cascio si trova nel Trapanese, ma appezzamenti di terreno e un piccolo stabilimento industriale di calcestruzzo si trovano a Santa Margherita Belice. Cascio è stato arrestato a Saluzzo, in provincia di Cuneo, dove si trovava momentaneamente, lo scorso 4 luglio durante l'operazione antimafia della Dda di Palermo denominata "Scacco matto" che portò in carcere, nell'agrigentino, 34 persone. L'accusa era di associazione per delinquere di stampo mafioso. La Dia di Trapani, per monitorare l'attività economica delle società riconducibili a Rosario Cascio e per quantificare il suo patrimonio, ha istituito un gruppo investigativo ad hoc che ha passato al setaccio i suoi interessi degli ultimi trent'anni nell'Agrigentino e nel Trapanese. Si tratta dello stesso gruppo di lavoro che, nei mesi scorsi, ha consentito di sequestrare beni per settecento milioni di euro riconducibili a Giuseppe Grigoli, considerato il "cassiere" del boss latitante Matteo Messina Denaro. È composto da 14 ditte individuali e società edili, 200 appezzamenti di terreno fra Agrigento e Trapani, 90 fabbricati, nove stabilimenti industriali tra cui alcuni nel porto di Mazara del Vallo e 120 automezzi, il patrimonio sequestrato dalla Dia di Palermo a Rosario Cascio. Altri 42 appezzamenti di terreno, 50 fabbricati, autovetture e disponibilità finanziarie varie sono intestati a vari soggetti, ma riconducibili sempre all'imprenditore edile agrigentino che, nel processo 'mafia & appalti', è stato condannato, con sentenza passato in giudicato, a sei anni di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso e per avere preso parte al 'sistema Siino', ideato da Angelo Siino, il cosiddetto 'ministro dei lavori pubblici' di Cosa nostra. Lo scorso 2 settembre Rosario Cascio è stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Palermo, perchè ritenuto responsabile di avere partecipato a un sodalizio criminoso, organico a Cosa nostra, per acquisire il controllo delle attività economiche e realizzare ingiusti vantaggi e profitti dal 1994 al 2008. Cascio avrebbe gestito attività economiche e lavori in subappalto per conto di esponenti mafiosi, assicurandosi il controllo monopolistico del mercato del calcestruzzo e del movimento terra. Cascio avrebbe avuto rapporti con Filippo Guttadauro, indiziato mafioso (fratello di Giuseppe, medico, del mandamento mafioso di Brancaccio), coniugato con la sorella del latitante Matteo Messina Denaro.
28/02/2009

Fonte: La Sicilia

Fermato gruppo di fuoco al Librino

CATANIA - Un presunto gruppo di fuoco di una cosca mafiosa è stato bloccato dalla polizia poco prima che entrasse in azione a Catania. È l'ipotesi della squadra mobile della Questura etnea che ha arrestato quattro persone, dopo avere fatto irruzione in un appartamento del rione Librino, che erano in possesso di due mitragliatori, uno dei quali dotato di silenziatore. Secondo gli investigatori, i quattro indagati stavano per mettere in atto un omicidio di mafia nell'ambito di una faida locale e il blitz li avrebbe fermati. Secondo quanto si è appreso, gli indagati sarebbero collegati a una frangia della cosca Santapaola. Gli arrestati sono Agatino Assunto Arena, di 32 anni, Giuseppe Orestano, di 47, Mario Costantino, di 56, e Nicolò Valenti, di 49. Quest'ultimo è il proprietario dell'immobile di via Messina 212, dove la squadra mobile ha fatto irruzione. Secondo la polizia, il gruppo di Arena controllerebbe lo spaccio di sostanze stupefacenti nel famigerato 'Palazzo di cemento' del rione Librino, dove in passato sono stati sequestrati ingenti quantitativi di armi e droghe. Ma nello scorso anno ci sarebbero stati forti contrasti all'interno del mondo criminale organizzato catanese sulla gestione degli affari illeciti nella struttura. Sarebbero nati contrasti che sarebbero sfociati in almeno due omicidi quello di Sebastiano Fichera, 37 anni, assassinato il 26 agosto del 2008 nel rione Nesima, e quello di Giacomo Spalletta, 51 anni, presunto reggente della cosca Sciuto, ucciso il 14 novembre dello stesso anno. Nell'ambito delle nuove dinamiche criminali Arena avrebbe lasciato la cosca Santapaola per transitare con il clan Sciuto. Le indagini sono coordinate dal procuratore Vincenzo D'Agata e dal sostituto procuratore Pasquale Pacifico. Il Gip Dora Catena ha convalidato gli arresti.
28/02/2009
Fonte: La Sicilia