lunedì, marzo 22, 2010

Ancora su Liga

PALERMO - "La mafia è entrata nei salotti buoni di Palermo". Così il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, ha commentato l'arresto del nuovo capo mafia del mandamento di Tommaso Natale-San Lorenzo, Giuseppe Liga, 60 anni, architetto ritenuto il successore dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo. L'arresto del professionista, che per anni ha ricevuto commesse pubbliche per lavori ed è stato direttore di numerosi cantieri per la realizzazione di complessi residenziali in città, secondo il pm è la prova che cosa nostra è si è ormai infiltrata nella cosiddetta buona borghesia palermitana. Liga, al quale gli inquirenti hanno sequestrato documenti e pc, era stato segretario del movimento Cristiano lavoratori. "Siamo in presenza di un processo di finanziarizzazione della mafia. Ne è prova il fatto che al comando, sempre più spesso, si trovano personaggi che un tempo erano "consulenti" finanziari dei boss e ora li hanno sostituiti alla guida delle famiglie e nelle attività di controllo del territorio", ha proseguito il procuratore aggiunto. "Nel '98 - ha aggiunto - i pentiti lo indicavano come consigliere finanziario dei Lo Piccolo. Ora ha preso il controllo del clan e gestisce anche le attività di cassa della cosca come le estorsioni: ciò conferma il ruolo ormai direttivo della mafia finanziaria". Secondo il pm è proprio quello della criminalità finanziaria il fronte di indagini su cui puntare.
22/03/2010

Fonte: La Sicilia

Arrestato Liga

PALERMO - E' stato catturato la scorsa notte Giuseppe Liga, soprannominato l'architetto, quello che i collaboratori di giustizia più recenti indicano come il successore dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo alla guida del mandamento mafioso di Tommaso Natale-San Lorenzo, a Palermo. Le intercettazioni hanno confermato le rivelazioni dei pentiti. Così con l'accusa di associazione mafiosa, estorsione e fittizia intestazione di beni, la scorsa notte, la guardia di finanza ha arrestato l'erede dei due padrini di San Lorenzo. Secondo quanto è emerso dalle indagini, coordinate dai pm della Dda Marcello Viola, Anna Maria Picozzi, Gaetano Pace e Francesco Del Bene, Liga, in particolare, sarebbe stato il collettore delle estorsioni gestendo e incassando il denaro ricavato dal pizzo che continua a essere una delle principali entrate delle cosche. Il sessantenne era indicato nei pizzini trovati nel covo del boss Lo Piccolo col numero 013. Assieme a lui sono finiti in cella il suo braccio destro Giovanni Angelo Mannino, accusato di associazione mafiosa e Agostino Carollo e Amedeo Sorvillo. Questi ultimi rispondono di fittizia intestazione di beni. Secondo gli inquirenti sarebbero i titolari della società Euteco, di fatto riconducibile a Liga.
22/03/2010


PALERMO - Giuseppe Liga, 60 anni, iscritto dal 1978 nell'albo degli architetti, è un professionista molto conosciuto a Palermo anche per la sua passione per la politica e i suoi frequenti rapporti istituzionali. Per otto anni, dal 1989 al 1997, è stato infatti il segretario nazionale del Mcl, il Movimento Cristiano Lavoratori. Liga ricopriva la carica di reggente regionale del Mcl fino all'11 marzo scorso, quando l'esecutivo nazionale del Movimento lo ha sospeso da tutti gli incarichi, in seguito alle notizie del suo coinvolgimento in alcune inchieste antimafia.L'architetto, in un'intervista rilasciata sull'ultimo numero del magazine siciliano "S", sostiene inoltre di avere rapporti con numerosi esponenti politici e rappresentanti istituzionali: dal presidente della Regione Raffaele Lombardo a Sergio Mattarella fino all'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Il nome di Liga salta fuori, per la prima volta, tra le carte che i poliziotti trovarono addosso a Salvatore Lo Piccolo, il giorno del suo arresto nel covo di Giardinello il 5 novembre del 2007. Una valigetta piena di nomi e cifre. Era la contabilità del boss che annotava i nomi dei commercianti e accanto la cifra da pagare. Tra gli appunti anche la frase: "Architetto Liga 10.000". Un anno dopo, il 14 novembre del 2008, i boss mafiosi che progettano la ristrutturazione di Cosa nostra citano nuovamente il nome del professionista nel corso di un summit di mafia. Pino Scaduto, boss di Bagheria, parla con Giovanni Adelfio, Antonino Spera e Sandro Capizzi. "A Tommaso Natale chi c'è?", chiede Scaduto. Vengono fatti due nomi: "Giuseppe Lo Verde e l'architetto Liga". Capizzi ha più di una perplessità: "Neanche lo conoscono ... solo il cugino di Totò Lo Piccolo 'u biondino lo conosce bene". Sul riconoscimento della leadership di Liga, dunque, ci sarebbe qualche problema. Ma Adelfio mette tutti a tacere: "Lo accettano". E Spera rilancia: "Se avete altri mandamenti portateli... noi interpelliamo l'architetto". Nel settembre del 2008 viene arrestato l'avvocato Marcello Trapani, legale dei Lo Piccolo. E nell'ordinanza di custodia cautelare del penalista si fa nuovamentre riferimento all'architetto. Piero Cinà, indicato come un esattore dei Lo Piccolo, nome in codice Alfa, scrive in un pizzino: "Cantiere scalea: continuano a ritardare il saldo, si tratta di 110 mila euro. Ho parlato con Pippo, ma tutto tace". Pippo, secondo gli inquirenti, sarebbe l'architetto; la frase sarebbe riferita al pizzo da imporre in un cantiere per la costruzione di alcune villette a San Lorenzo. In un'intercettazione il titolare della società di costruzioni e altri interlocutori, fra cui Pippo, discutomo sulla rata del pizzo: mille euro ad appartamento. Poi, salta fuori un particolare. Marcello Trapani parla di un cantiere per la costruzione di alcune villette. Il terreno individuato è di proprietà del padre del legale; il direttore del cantiere è l'architetto Liga. Di recente si sono aggiunte anche le dichiarazioni del pentito Maurizio Spataro, il "cassiere" della cosca di Resuttana. E il collaboratore, senza esitazione, indica nell'architetto Liga l'uomo che comanda a San Lorenzo.
22/03/2010

Fonte: La Sicilia

giovedì, marzo 18, 2010

Processo "Trash": la conclusione

PALERMO, 11 MAR -Otto assoluzioni, 8 dichiarazioni di prescrizione e pene ridotte per 4 imputati: e' la conclusione in appello del processo denominato Trash. Nato da un'indagine della dda di Palermo che, 12 anni fa, porto' in carcere politici, imprenditori e amministratori pubblici, accusati di mafia, bancarotta fraudolenta e corruzione. Tra gli assolti anche l'imprenditore Romano Tronci, in primo grado condannato a 10 anni, il cavaliere del lavoro di Catania Paquale Costanzo e il boss Bernardo Provenzano.
Fonte: ANSA

Processo "Perseo"

Palermo, 17 mar. - Si e' concluso con nove condanne per piu' di 60 anni di carcere complessivi e un'assoluzione uno dei tronconi del processo 'Perseo' che due anni fa decimo' le famiglie mafiose a Palermo. Il gup del Tribunale di Palermo Mario Conte, al termine del processo che si e' celebrato con il rito abbreviato, ha condannato a 12 anni Pietro Calvo, che ha avuto la pena piu' alta. Dieci anni e otto mesi per Benedetto Tumminia, 10 anni per Giuseppe Casella, 9 a Salvatore Bisconti, 8 anni ciascuno per Gaetano Casella e Salvatore Francesco Tumminia. Due anni a Calogero Liguori, un anno e otto mesi a testa per Francesco Chinnici e Antonino Musso. Questi ultimi due hanno patteggiato. L'unico assolto e' Michele Salvatore Tumminia.
Inoltre, il gup ha condannato gli imputati a risarcire con 20 mila euro ciascuno la Provincia di Palermo e le associazioni Addiopizzo, Libero Futuro, Solidaria, Sos Impresa, Confindustria, Centro Pio La Torre e Confcommercio.
Fonte: Adnkronos

Operazione "Golem 2"

TRAPANI, 15 MAR - Blitz della polizia in Sicilia contro la rete del nuovo capo di Cosa Nostra, il superboss latitante, Matteo Messina Denaro. 19 i fermi. Dall'inchiesta, denominata Golem 2, emerge che il capomafia si serviva di fiancheggiatori insospettabili incaricati di gestirne la latitanza e di occuparsi degli affari della famiglia. Tra i fermati anche il fratello del padrino, Salvatore Messina Denaro. Chiesto anche il sequestro di alcune aziende risultate intestate a prestanome di parenti del superboss.
Fonte: ANSA

Laudani sta collaborando

Catania. Il boss mafioso catanese Giuseppe Laudani sta collaborando da circa un mese con la giustizia. Lo si è appreso durante una udienza del processo d'appello al re dei supermercati Sebastiano Scuto. Le sue dichiarazioni sono state depositate dal procuratore generale di Catania Gaetano Siscaro. Le dichiarazioni di Laudani sono state trasmesse dalla Dda alla Procura Generale di Catania. Giuseppe Laudani, 32 anni, fu arrestato nel corso dell'operazione "Abisso". La sua prima apparizione da pentito in un'aula di giustizia é in programma venerdì prossimo durante il processo a Scuto, in una udienza che si svolgerà a porte chiuse.
Fonte: gds

Sequestro per 10 mln di euro

Caltanissetta, 17 mar. - La Direzione Investigativa Antimafia di Caltanissetta ha confiscasto imprese operanti nel settore delle costruzioni edili e della produzione di asfalti e bitumi per una valore di circa 10 milioni di euro nei confronti di un 40enne di Gela, personaggio di spicco dell'organizzazione mafiosa di Cosa Nostra attiva a Gela e facente capo al clan Madonia-Rinzivillo.
Il decreto di confisca di beni e' stato emesso, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Caltanissetta-Sezione Misure di Prevenzione a seguito della proposta del direttore della Dia, generale dei Carabinieri Antonio Girone.
Oggetto del provvedimento sono 4 imprese operanti nel settore delle costruzioni e della produzione di asfalti e bitumi dal valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Tra queste anche uno stabilimento in provincia di Enna, che per piu' di un decennio ha operato, in regime di esclusivita', nelle province di Caltanissetta ed Enna, nella fornitura e posa di asfalti bituminosi per appalti pubblici di opere stradali.
Fonte: Adnkronos

Scuderi arrestato a Bucarest

BUCAREST, 16 MAR - Arrestato ieri sera in un casino' di Bucarest il latitante Giuseppe Scuderi, del clan mafioso catanese dei Cursoti. Era stato condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio, avvenuto nel 1989, di Giuseppe Catania anche lui collegato alla criminalita' organizzata. Una squadra di Carabinieri, in collaborazione con l'Interpol, si e' recata a Bucarest e ha individuato e identificato Scuderi che e' stato arrestato dalla polizia romena.
Fonte: ANSA

venerdì, marzo 12, 2010

La mafia siculo-americana

PALERMO - La mafia siciliana continua ad avere strettissimo rapporti d'affari con quella statunitense, in particolare con le famiglie di New York e Miami. È una delle scoperte dell'indagine congiunta dello Sco della polizia e dell'Fbi che oggi ha portato all'arresto, a Palermo, di 21 mafiosi e negli Usa di altri 6, accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di droga, riciclaggio e traffico di banconote false. Al centro dell'inchiesta la "famiglia" di Santa Maria di Gesù tornata sotto la guida di Gioacchino Corso, e del fratello Giampaolo, entrambi arrestati. L'inchiesta ha consentito la cattura di tre capi mafia della cosca Gambino di New York: Gaetano Napoli e i figli Gaetano Jr. e Thomas, accusati di estorsione, usura, riciclaggio e bancarotta fraudolenta. Secondo l'Fbi la famiglia Napoli investiva denaro sporco in prestiti usurai: tra le vittime un imprenditore di origine italiana.

IL GANCIO. A tenere i contatti fra le cosche siciliane, in particolare quella di Santa Maria di Gesù, e quelle statunitensi, sarebbe stato Roberto Settineri colpito da un doppio provvedimento di carcerazione. Palermitano, da anni residente e Miami ha ospitato negli Usa il capo della famiglia di Santa Maria di Gesù, Giampaolo Corso. A Miami l'Fbi, ha arrestato, nell'ambito di questa indagine, per riciclaggio e intralcio alla giustizia, oltre a Settineri accusato di avere ripulito denaro proveniente dal traffico di droga, il suo braccio destro Antonio Tricami e altri due suoi uomini di fiducia: Enrique Ross e Daniel Dromerhauser.

LA MAFIA A NY. Secondo gli investigatori Cosa nostra newyorkese è rappresentata dalle famiglie Gambino, Colombo, Bonanno, Genovese e Lucchese che investono in particolare nei traffici di droga, nella gestione degli appalti, nel gioco d'azzardo, nel traffico d'armi e nella prostituzione.

IL LIBRO MASTRO DEL PIZZO. Nel corso dell'indagine gli investigatori hanno trovato una prova importante della gestione del racket da parte della famiglia di Santa Maria di Gesù: una sorta di libro mastro con l'indicazione delle vittime del pizzo e delle cifre pagate all'associazione mafiosa. A casa del cassiere della cosca è stato sequestrato anche del denaro che, secondo gli inquirenti, sarebbe il frutto del taglieggiamento. Nei confronti di chi si rifiutava di pagare l'organizzazione reagiva con attentati, danneggiamenti. Dure le sanzioni adottate anche nei confronti di chi non si adeguava alle decisioni della cosca: è il caso di Gioacchino Stassi, un pregiudicato ferito a colpi di arma da fuoco nel 2009.

IL RITORNO DEI VECCHI CAPIMAFIA. Ad eseguire le disposizioni dei due boss altri due esponenti di vecchia data dell'organizzazione mafiosa: Giuseppe Lo Bocchiaro, condannato per l'omicidio di Pietro Marchese (assassinato nell'82 mentre era detenuto all'Ucciardone, nell'ambito della guerra di mafia) e Pietro Pilo, uomo di fiducia del boss storico Cosimo Vernengo, con cui ha gestito importanti traffici di droga, al quale era stata assegnata invece la gestione della cassa dell'organizzazione.

MASTINO E CHIWAWA. I magistrati rivelano che gli arrestati evitavano attentamente di pronunciare i loro nomi di battesimo, utilizzando dei soprannomi. "Lo pseudonimo mastino era riferito a Gioacchino Corso, quello di rottweiler a Francesco Guercio, chiamato spesso anche il pacchione, quello di bulldog a Francesco Ferdico, quello di chiwawa ad Andrea Casamento, quello di zio o ancora di Peppuccio a Giuseppe Lo Bocchiaro, quello di scioppetto o scioppettino a Giuseppe Frusteri, quello di turco per Salvatore Luisi. Altrettanto utile alla individuazione degli indagati - aggiungono i pm - sono stati i riferimenti ai rapporti di rispetto, da sempre tenuti in grande considerazione nell'ambiente mafioso. Giuseppe Di Maio è, dunque, figlioccio di Gioacchino Corso. Allo stesso modo Giuseppe Lo Bocchiaro è parrino di Pietro Pilo, a sua volta parrino di Francesco Guercio".

TELEFONATE GRATIS. Alcuni uomini delle cosche palermitane avevano a disposizione anche un rivenditore Wind, Umberto Di Cara, fermato, che forniva loro schede telefoniche intestate a persone ignare, per lo più straniere. Di Cara è il titolare del negozio Telefono Service in via Emanuele Notarbartolo. Il rivenditore assegnava le schede destinate agli "amici" ad altre persone, a cui erano intestate altre Sim Wind. Il rapporto diretto tra Di Cara e gli altri indagati è stato scoperto dalla polizia grazie all'intercettazione di numerose telefonate in entrata e in uscita dal telefono fisso del negozio, mentre l'intestazione fittizia è venuta a galla con l'analisi minuziosa delle oltre 4.200 Sim che il dealer ha rilasciato dall'avvio dell'attività commerciale a suo nome (gennaio 2008) fino al 17 dicembre scorso.

L'ANALISI DEI SERVIZI SEGRETI. Il ritorno al vertice dei vecchi boss era una circostanza già segnalata dai Servizi segreti nell'ultima relazione al Parlamento: secondo l'Aisi, infatti, Cosa Nostra, "costretta ad inabissarsi dall'aggravarsi delle fasi critiche", starebbe cercando di "recuperare figure carismatiche, segnatamente storici capimafia che, accanto alle giovani leve, in una prospettiva temporale di medio-lungo termine siano in grado di ripristinare modelli organizzativi più efficaci ed idonei a superare le attuali difficoltà". Una Cosa nostra che torna all'antico, dunque, secondo i Servizi, con gli "storici e carismatici capimafia" recuperati anche per risolvere altre problematiche: "riempire i vuoti di potere a livello apicale, specie di alcune articolazioni strategiche del Palermitano, ormai decapitate; riaffermare la presenza mafiosa sul territorio e recuperare risorse economiche tramite l'esercizio estorsivo, l'ingerenza persistente e sistematica negli appalti e nell'esecuzione di lavori pubblici e privati, anche per soddisfare le crescenti esigenze di un circuito carcerario sempre più influente".

I FERMATI. Questi i 21 fermati dai pm palermitani nell'ambito dell'operazione antimafia che ha riguardato la Sicilia e gli Stati Uniti: Leonardo Algeri, 31 anni, Giovanni Burgarello, 43 anni, Andrea Casamento, 32 anni, Massimiliano Castelluccio, 32 anni, Gaetano Castelluccio, 31 anni, Massimiliano Codiglione, 42 anni, Gianpaolo Corso, 38 anni, Gioacchino Corso, 43 anni, Giuseppe Di Maio, 33 anni, Umberto Di Cara 25 anni, Claudio Faldetta, 24 anni, Francesco Guercio, 32 anni, Giuseppe Lo Bocchiaro, 50 anni, Salvatore Luisi, 22 anni, Massimo Mancino, 33 anni, attualmente detenuto nel carcere Ucciardone a Palermo, Pietro Pilo, 49 anni, Girolamo Rao, 38 anni, Roberto Settineri, 42 anni, residente a Miami (Usa), Giovanni Lo Verde, 71 anni, Pietro Gandolfo, 41 anni, (questi indagati sono tutti palermitani), Gaetano Di Giulio, 35 anni, di Caltanissetta.Questi i sei fermati negli Usa: Gaetano Napoli, 71 anni; Tommaso Napoli, 31 anni, Gaetano Napoli, 44 anni, Antonio Tricamo, 37 anni e Daniel Dromerhauser, 39 anni, Roberto Settineri, 42 anni, Quest'ultimo è destinatario anche del fermo da parte dei pm palermitani. Un'altra persona, Giuseppe Frusteri, 35 anni, è stato arrestato in flagranza di reato per detenzione di armi.
10/03/2010

Fonte: La Sicilia

Vedi il video Fonte: adnkronos

Arrestato Lo Giudice

CATANIA, 9 MAR - Sebastiano Lo Giudice, il capo dei Carateddi, l'ala militare della cosca Cappello a Catania, e' indagato per una decina di omicidi. Alcuni per averli commessi personalmente, altri come mandanti. Lo ha reso noto il procuratore capo Vincenzo D'Agata commentando l'arresto di ieri del boss latitante. Lo Giudice e' stato trovato all'interno di una stalla dello storico rione San Cristoforo a Catania mentre impartiva ordini ai suoi su come gestire il mercato della droga.
Fonte: ANSA


Fonte: Adnkronos

Facoltà di non rispondere...

Palermo. L'ex colonnello dei carabinieri del Ros Giuseppe De Donno, indagato con l'ipotesi di violenza o minaccia a corpo politico-istituzionale dello Stato, non ha risposto, questo pomeriggio, ai pm Nino Di Matteo e Paolo Guido. L'ex ufficiale, che da qualche anno ha lasciato l'Arma, è coinvolto nell'indagine sulla cosiddetta trattativa fra Stato e mafia, ma ha preferito avvalersi della facoltà di non parlare. Stessa scelta, stamattina, era stata fatta dall'ex capitano Antonello Angeli, accusato di favoreggiamento per non avere voluto perquisire a fondo l'abitazione di Massimo Ciancimino, evitando così - secondo la Procura - di trovare e sequestrare il cosiddetto "papello", custodito, secondo Ciancimino, dentro una cassaforte. De Donno, secondo Ciancimino jr, sarebbe stato uno dei protagonisti degli incontri fatti da esponenti istituzionali nei confronti dei boss per fermare la stagione delle stragi del 1992. Tra le fonti di prova che i pm hanno elencato all'ex capitano del Ros, anche le testimonianze dell'ex guardasigilli Claudio Martelli e dell'ex direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia, Liliana Ferraro.
Fonte: gds

Grande gesto

TRAPANI - Il procuratore della "New Eurofish Srl" di Marsala, Andrea Piccione, ha deciso di devolvere in beneficenza alla comunità terapeutica per tossicodipendenti "Il Faro" di Marsala, gli ottomila euro ricevuti dal ministero dell'Interno come copertura del danno subito per una estorsione da una società controllata, la "Ittica del Golfo". La "Ittica del Golfo" si era costituita parte civile nel procedimento penale contro gli estortori. A distanza di tre anni dalla sentenza, il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso (istituito presso il ministero dell'Interno) ha liquidato la somma. L'assegno è stato materialmente girato a padre Antonio Cannatà, responsabile della comunità terapeutica.
10/03/2010
Fonte: La Sicilia

Intimidazione a Caponetti

GELA (CALTANISSETTA) - Una tanica di benzina è stata trovata, stamani, accanto all'automobile della moglie del presidente dell'associazione antiracket di Gela, Renzo Caponetti, in via Venezia a Gela. La moglie di Caponetti è una commerciante, titolare di un deposito di prodotti alimentari di cui il marito è amministratore e direttore. Sul luogo del ritrovamento si sono recati gli uomini del commissariato di polizia di Gela. Non è la prima volta che Caponetti subisce intimidazioni. L'associazione antiracket di Gela, intitolata a Gaetano Giordano, un profumiere ucciso dalla mafia, ha inciso molto, con la sua azione nei comportamenti di molti imprenditori e professionisti gelesi: in cinque anni sono state cento le denunce per estorsione e usura.
10/03/2010
Fonte: La Sicilia

mercoledì, marzo 10, 2010

Ergastolo per Di Maggio

PALERMO, 8 MAR - Il gup Camerini ha condannato all'ergastolo Gaspare Di Maggio per l'omicidio di Giuseppe D'Angelo. L'uomo fu assassinato perche' scambiato per il capo mafia Lino Spatola, nell'agosto del 2006 a Palermo. Per il delitto sono sotto processo come mandanti, i capimafia di San Lorenzo, Salvatore e Sandro Lo Piccolo. D'Angelo fu assassinato da un commando di sicari. I killer si accorsero solo dopo che avevano assassinato l'uomo sbagliato.

Fonte: ANSA

sabato, marzo 06, 2010

Che puzza.......

Palermo, 5 mar. - Dopo quasi tre ore di camera di consiglio i giudici della Corte d'Appello di Palermo hanno rigettato la richiesta dell'accusa di sentire al processo a Marcello Dell'Utri (Pdl), Massimo Ciancimino. Secondo i giudici emerge "l'estrema genericita' delle dichiarazioni rese da Massimo Ciancimino, soprattutto nella parte riguardante Dell'Utri". Parlano anche di "assenza di riscontri" e di "termini assai generici".
Il presidente della Corte d'Appello di Palermo, leggendo le lunghe motivazioni del provvedimento con il quale ha rigettato l'audizione di Massimo Ciancimino, ha ribadito che le sue dichiarazioni sono "dilatate nel tempo". Inoltre, leggendo alcuni dei verbali e delle dichiarazioni rese dal figlio dell'ex sindaco di Palermo, il presidente Claudio Dall'Acqua ha specificato che "l'esame del contenuto evidenzia come Massimo Ciancimino non abbia mai avuto alcun personale rapporto con Marcello Dell'Utri".
Parlando poi delle dichiarazioni rese sempre da Ciancimino junior secondo cui Marcello Dell'Utri avrebbe avuto "rapporti diretti" con il boss mafioso Bernardo Provenzano, circostanza appresa dal padre Vito Ciancimino, la Corte d'Appello ha ritenuto che sull'argomento "nelle dichiarazioni di Ciancimino c'e' unairrisolta contadditorieta'" con "dichiarazioni progressive". Poi il presidente Dall'Acqua ha spiegato che Ciancimino "solo il 1 luglio 2009 ha nuovamente parlato di Dell'Utri in termini confusi". In particolare, per quanto riguarda il 'pizzino' di Bernardo Provenzano nel quale si legge 'il nostro amico sen.', e secondo cui si parlerebbe di Marcello Dell'Utri, il presidente Dall'Acqua ritiene che "nel 2000 Marcello Dell'Utri non era ancora senatore lo e' diventato soltanto dopo un anno". Inoltre, il presidente della Corte d'Appello Claudio Dall'Acqua afferma che quelle di Ciancimino jr. sono dichiarazioni rese a "de relato", spiegando che si tratta di circostanze apprese dal padre che a sua volta le avrebbe apprese da terze persone.
Il processo e' stato aggiornato al 19 marzo per l'inizio della requisitoria del pg Antonino Gatto.
Fonte: Adnkronos

Archiviato il procedimento a Pecoraro

Palermo. Il Gip presso il tribunale di Palermo, Silvana Saguto, ha archiviato il procedimento penale nei confronti dell'ex calciatore Giovanni Pecoraro, per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il magistrato, accogliendo la richiesta di archiviazione dell'avvocato Giovanni Castronovo, legale di Pecoraro, con il parere favorevole dei pm della Dda di Palermo, ha ritenuto il materiale raccolto durante l'indagine insufficiente per sostenere l'accusa in un eventuale dibattimento. Giovanni Pecoraro, che in passato ha pure lavorato come responsabile del settore giovanile per il Palermo, era stato arrestato il 25 settembre 2008, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa ed estorsione aggravata, assieme al legale dei Lo Piccolo, Marcello Trapani, divenuto successivamente collaboratore di giustizia. Il Tribunale del riesame aveva annullato l'ordinanza di custodia, relativamente alla sola accusa di estorsione aggravata, confermando per il resto lo stato di detenzione. Il 23 giugno scorso Pecoraro, in seguito all'istanza presentata dal proprio legale, era stato rimesso in libertà dal Gip, che aveva ritenuto affievolite le originarie esigenze cautelari, anche alla luce delle favorevoli dichiarazioni rese da Trapani.
Fonte: gds

3 processi per mafia...Non male...

PALERMO, 4 MAR - Il generale Mario Mori e Giuseppe De Donno sono indagati con Riina, Provenzano e Cina' per la trattativa tra Cosa nostra e lo Stato. Mori era vicecomandante dei reparti speciali dei carabinieri, nonche' ex direttore del servizio segreto civile, De Donno il suo braccio destro. Sono accusati di violenza o minaccia a un corpo politico amministrativo o giudiziario. I capimafia avrebbero promesso, in cambio di favori (modifica delle leggi sui pentiti) di fermare la strategia stragista. L'indagine nei confronti di Riina, Provenzano e Cina' era gia' nota. L'iscrizione di Mori e De Donno nel registro degli indagati e' collegata alle dichiarazioni dell'ex ministro della Giustizia Claudio Martelli e dell'ex direttore generale degli affari penali, Liliana Ferraro. Quest'ultima racconto' all'allora Guardasigilli che nel giugno del '92, tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio, sarebbe stata avvicinata dal capitano De Donno che l'aveva informata di avere avviato contatti con l'ex sindaco mafioso Vito Ciancimino. Una circostanza smentita dallo stesso De Donno. Il generale Mori per la terza volta si trova coinvolto in un processo di mafia a Palermo: dopo le accuse per la mancata perquisizione del covo dove si nascondeva Toto' Riina (che lo ha visto assolto assieme al capitano 'Ultimo') e' imputato in un altro processo, in cui ha deposto ieri, con l'accusa di avere 'coperto' insieme al colonnello Mauro Obinu la latitanza del boss Bernardo Provenzano.
Fonte: ANSA

5 anni di condanna

Palermo. Il gup Marina Petruzzella ha condannato a cinque anni e sei mesi, col rito abbreviato, due presunti mafiosi di Carini (Palermo), imputati di una tentata estorsione alla ditta Eurocaffé Spa. Si tratta di Massimiliano Ferranti e di Antonio Conigliaro. L'inchiesta era stata condotta dalla polizia: il tentativo di imporre il pagamento del pizzo alla Eurocaffé risale all'aprile del 2007 e fu scoperto grazie ad alcune intercettazioni ambientali. Dopo essere stato catturato assieme ai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, nel novembre 2007, e dopo avere cominciato a collaborare, Gaspare Pulizzi, boss di Carini, rese dichiarazioni che chiusero il cerchio, contribuendo prima agli arresti e adesso alle condanne dei due imputati.
Fonte: gds

Iniziativa a Gela

GELA (CALTANISSETTA) - "Un nastro verde da legare al polso, da esporre davanti al proprio negozio, da attaccare al proprio mezzo di trasporto per affermare la legalità, per rivendicare la libertà di un popolo e protestare contro il racket che ci vorrebbe imbavagliare". È l'iniziativa lanciata dall'associazione "Gela è viva", per esprimere solidarietà al commerciante Niki Interlici, vittima di quattro attentati in poco più di sei mesi, che ha deciso di chiudere i suoi tre negozi, vendere tutto e andar via da Gela. "Hanno vinto loro" ha detto dopo il quarto danneggiamento, quando ha visto la sua Smart andare a fuoco insieme con altre due automobili parcheggiate a ridosso della sua e le fiamme che hanno distrutto le serrande dell'appartamento al piano rialzato e il portone della palazzina dove lui abita con la madre. Dure le accuse di Interlici: "Sono stato lasciato solo da tutti. Niente solidarietà nemmeno dalla locale associazione antiracket, da cui sono uscito quando mi sono accorto che vi si annidavano alcuni delinquenti". Nei prossimi giorni l'associazione "Gela è viva" organizzerà una manifestazione a sostegno delle vittime del racket è ha invitato Niki Interlici a guidare il corteo che sfilerà per le vie cittadine.
05/03/2010
Fonte: La Sicilia

70 mln di euro di sequestri

PALERMO - La Direzione investigativa antimafia ha sequestrato beni per oltre 70 milioni di euro ad alcuni imprenditori siciliani coinvolti in indagini di mafia. I provvedimenti di sequestro, emessi dai tribunali di Agrigento e Trapani, che hanno accolto le istanze della Dia e della Dda di Palermo, hanno ad oggetto ditte individuali, società di capitali, terreni, fabbricati, veicoli industriali, complessi aziendali e denaro liquido. La Dia di Trapani ha sequestrato beni per oltre 20 milioni all'imprenditore di Castellammare del Golfo (Trapani), Mariano Saracino, già condannato per associazione mafiosa. Il provvedimento è stato eseguito su disposizione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani che ha accolto la richiesta della Dda di Palermo e della stessa Dia. A Saracino sono stati sequestrati quote societarie, imprese individuali, 8 appartamenti, 10 unità immobiliari destinati ad attività commerciali, 20 unità immobiliari destinati a magazzini, 6 villini, 30 appezzamenti di terreno edificabile, 4 fondi agricoli, 20 autoveicoli e disponibilità finanziarie depositate nei diversi istituti di credito. La Dia ha sequestrato anche il patrimonio dei fratelli Diego ed Ignazio Agrò, rispettivamente di 64 e 72 anni, imprenditori del settore oleario, originari di Racalmuto (Agrigento). Si tratta di beni mobili ed immobili per un valore di oltre 50 milioni. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Agrigento, su proposta della Dda di Palermo. I fratelli Agrò erano già stati arrestati nel 2007, nell'ambito dell'operazione 'Domino 2', scaturita in seguito dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati, già capo della cosca di Agrigento, e condannati all'ergastolo nel 2009 dalla Corte d'assise di Agrigento per l'omicidio di Mariano Mancuso, avvenuto ad Aragona (Agrigento) nel 1992. Gli Agrò - in stretti rapporti con i capimafia dell'agrigentino, Salvatore Fragapane, Giuseppe Fanara e Maurizio Di Gati, ai quali gli imprenditori si rivolgevano per dirimere le controversie legate alla propria attività di usurai - avrebbero sollecitato l'uccisione di Mancuso, che si sarebbe rifiutato di restituire il denaro avuto in prestito. Il provvedimento di sequestro riguarda conti correnti, numerosi terreni e fabbricati nelle province di Agrigento, Messina, Brindisi e Perugia, due aziende e quote societarie di diverse imprese operanti nel settore immobiliare, nella produzione e commercializzazione di olio alimentare. Per il sostituto procuratore Roberto Scarpinato che coordina alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo le indagini sulla criminalità economica "c'è un progetto di forte aggressione dei capitali mafiosi. Lo dimostra il fatto che Palermo produce il 60% dei beni sequestrati in tutta l'Italia". La vicenda del sequestro ai danni dei fratelli Agrò - spiega Scarpinato - "fa emergere una Cosa nostra che investe nell'usura quando le vittime non riescono a pagare gli strozzini si rivolgono ai mafiosi che intervengono con i loro metodi. Una persona che ha denunciato è stata uccisa. Un'altro imprenditore che aveva un debito di 180 milioni di lire è stato sequestrato e portato in Calabria fino a quando non ha pagato". Scarpinato ha commentato anche il sequestro dei beni dell'imprenditore di Castellammare Mariano Saracino. "Si tratta di un soggetto ripetutamente arrestato e condannato eppure non si era mai riusciti ad intaccare i suoi beni - ha aggiunto il magistrato - oggi portiamo a casa un risultato decisivo. Una cosa nostra capace di fare soldi e infatti capace di conquistare il consenso sociale. Ecco perché l'aggressione ai patrimoni è decisiva nella lotta alla mafia"
05/03/2010
Fonte: La Sicilia

Sconcertante è tutto quello che il boss ha fatto...

MILANO, 5 MAR - La prima sezione della Corte di Cassazione ha di nuovo annullato il mandato di cattura del giudice Falcone per Rosario Gambino. Il super boss italoamericano era imputato nel processo 'Pizza connection'. E' stata di nuovo annullata la decisione del Tribunale della Liberta' di Palermo, che riteneva valido il mandato di cattura emesso 30 anni fa. Il difensore di Gambino ha detto: 'E' sconcertante che nonostante gia' assolto in America e gravemente malato non sia ancora scarcerato'.
Fonte: ANSA

martedì, marzo 02, 2010

Nuova intimidazione al Bar Ciro's...

PALERMO - I carabinieri indagano sul rogo appiccato alla veranda del bar Ciròs Vintage di via Galilei, a Palermo. Un gesto che sembra un' intimidazione mafiosa e segue di una settimana l'incendio di un locale a due passi dal porto intestato allo stesso commerciante. Secondo i militari, la scorsa notte qualcuno avrebbe cosparso di liquido infiammabile la verandina esterna del bar e gli avrebbe dato fuoco. I danni non sarebbero gravi. Il proprietario dell'attività ha presentato denuncia. Ieri aveva festeggiato la riapertura dell'altro locale danneggiato. "Confcommercio Palermo ha già attivato tutti i meccanismi necessari a dare tutta l'assistenza possibile al proprio associato titolare del bar Ciròs, vittima di ripetuti atti criminali, non ultimo quello di stanotte, perchè è giusto che continui la propria attività sapendo di non essere solo", ha affermato Rosanna Montalto, vicepresidente di Confcommercio. "Confcommercio, già attraverso il suo Consorzio fidi, Fideoconfcommercio.pa, - ha aggiunto - si sta muovendo per garantire un aiuto finanziario al Ciròs in questo momento di evidente difficoltà".
02/03/2010
Fonte: La Sicilia

La sconfitta più grande..

Gela. Quarto attentato in sei mesi per un commerciante di Gela, Niki Interlici, 41 anni, titolare di due negozi di abbigliamento e uno di calzature. L'ultimo danneggiamento è avvenuto la notte scorsa, quando qualcuno ha cosparso di benzina e dato alle fiamme la sua Smart parcheggiata sotto casa, nel quartiere Mulino a Vento. L'incendio è stato domato dai vigili del fuoco. Ora il commerciante vuole chiudere tutto e andare via. "Qualcuno vuole che io chiuda - ha detto sconsolato Interlici - ma non capisco chi possa essere e perché si accanisca contro di me". Alla fine della scorsa estate, il commerciante subì l'incendio di una Mini Cooper, poi il danneggiamento a colpi di mazza della vetrina di uno dei suoi negozi, i corso Vittorio Emanuele, quindi il rogo di un magazzino nel centro storico, contenente gli ultimi arrivi di capi d'abbigliamento, per un valore di 80 mila euro. Un giovane fu arrestato perché sospettato di essere l'autore degli attentati, ma in seguito venne denunciato e rilasciato. Oggi, Interlici (che si trova al Nord per lavoro) dichiara di sentirsi "solo e abbandonato, senza nemmeno una parola, un gesto di solidarietà da parte delle istituzioni. E' la quarta volta che mi prendono di mira - ha detto telefonicamente - adesso temo anche per la mia vita". Poi, con amarezza, dichiara la sua sconfitta: "Hanno vinto loro. Chiudo i negozi e vado via da Gela".
Fonte: gds

Parla Mori

PALERMO - "Non ho mai trattato con la mafia. I rapporti tra me, De Donno e Vito Ciancimino, introdotti in questo processo, rientrano nell'ambito di relazioni confidenziali che non hanno nulla a che vedere con una trattativa, come molti, come tanti pappagalli sostengono". Cominciano così le dichiarazioni spontanee che il generale Mario Mori, imputato insieme al colonnello Mauro Obinu, di favoreggiamento aggravato, sta rendendo davanti ai giudici della quarta sezione del Tribunale di Palermo. "Ma quale trattativa? A Ciancimino dicemmo esplicitamente, più volte, che pretendevamo la resa incondizionata dei boss di Cosa nostra, in particolare Riina e Provenzano, e che in cambio di questo avremmo trattato bene le loro famiglie". Il generale Mori nega di avere mai trattato con la mafia e, nel corso di lunghe dichiarazioni spontanee rese ai giudici che lo processano, ripercorre tutti i suoi incontri con l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, a partire dalla fine di luglio del '92. Secondo l'ufficiale, Ciancimino, con il quale l'Arma aveva intrapreso rapporti confidenziali per potere giungere alla cattura dei latitanti mafiosi, in uno degli incontri chiese, in cambio di un suo contributo investigativo, "la possibilità di andare all'estero, il riconoscimento del ruolo di mediatore ed un occhio di riguardo per i suoi problemi giudiziari". "Noi rispondemmo - ha spiegato Mori - senza esitazione, cosa che non avremmo potuto fare se avessimo agito su mandato altrui e chiedemmo la resa dei latitanti". "Ciancimino, a quel punto - ha concluso - balzò in piedi e disse che lo volevamo morto". L'identità del signor Franco, il misterioso agente dei Servizi segreti che avrebbe avuto un ruolo nella trattativa tra mafia e Stato, e le contraddizioni presenti nel lungo racconto sui rapporti tra i carabinieri del Ros e l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, sono stati i punti salienti del controesame di Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, interrogato dai legali del generale Mario Mori. Il processo, che vede sotto accusa anche il colonnello dell'Arma Mauro Obinu, è cominciato con un battibecco tra l'accusa e l'avv. Piero Milio che ha chiesto che il testimone fosse invitato a guardare solo i giudici per evitare imbeccate. Richiesta a cui il pm Nino Di Matteo ha risposto seccamente chiedendo la trasmissione del verbale d'udienza alla Procura per chiarire a cosa si riferisse il legale. Tre gli aspetti su cui ha puntato la difesa che ha cercato di far emergere presunte versioni contrastanti delle dichiarazioni di Ciancimino. Una è relativa alla consegna del cosiddetto papello con le richieste allo Stato del boss Totò Riina. Secondo Milio il testimone avrebbe prima dichiarato di averlo ricevuto dal medico mafioso Antonino Cinà, poi dal signor Franco. Ciancimino ha spiegato che lo ricevette a fine giugno del '92 da Cinà in una busta chiusa di cui non conosceva il contenuto e che solo a luglio del '92 il sig. Franco, a cui venne mostrato, glielo fece vedere. Altro punto debole del racconto, secondo il legale è rappresentato proprio dall'identificazione del sig. Franco, mai individuato nonostante - ha ammesso il teste - più volte siano state mostrate a Ciancimino foto di appartenenti ai Servizi. Ai legali sembra incredibile che, nonostante anni di rapporti e contatti con l'agente Ciancimino non abbia consentito la sua identificazione nè ne ricordi il numero telefonico. Altro aspetto contraddittorio delle dichiarazioni di Ciancimino sarebbe il racconto della richiesta di passaporto, fatta dal padre ai carabinieri per incontrare all'estero il boss Bernardo Provenzano e che, secondo l'ex sindaco, i militari avrebbero autorizzato per potere poi incastrare Ciancimino e arrestarlo. I legali hanno messo in evidenza che in più occasioni il teste si sarebbe contraddetto dicendo che a sollecitargli la richiesta del documento sarebbe stato Provenzano, per poi sostenere che l'input sarebbe venuto da signor Franco. Ciancimino, sollecitato dai legali, ha ammesso che l'iter della sua collaborazione con i pm, cominciata ad aprile 2008, ha avuto un'evoluzione e che la verità sarebbe venuta fuori in modo "progressivo" nel tempo. Ciancimino ha anche spiegato di essersi avvalso della facoltà di non rispondere, nel 2005, in quanto sollecitato dalla procura, che lo indagava per riciclaggio , in un interrogatorio "anomalo". I giudici hanno rinviato il dibattimento all'udienza del 6 aprile disponendo la citazione dell'ex ministro della Giustizia Claudio Martelli e dell'ex direttore degli affari penali del dicastero di via Arenula Liliana Ferraro.
02/03/2010

Fonte: La Sicilia

Iniziativa a Palermo

Palermo, 1 mar. - Un concorso riservato ai gruppi musicali emergenti per selezionare brani inediti sui temi della legalita', della lotta alla mafia e dei diritti umani. E' l'iniziativa lanciata dal presidente della Provincia di Palermo, Giovanni Avanti, e dall'assessore alla Legalita', Pietro Alongi, che culminera' il 23 maggio in occasione del 18esimo anniversario della strage di Capaci. Al concorso potranno partecipare musicisti dai 16 anni in su che dovranno proporre, su supporto Mp3, un brano inedito sui temi indicati dal bando ed una cover. La giuria selezionera' 16 gruppi che si esibiranno in piazza Politeama, dove per il secondo anno consecutivo sara' allestito il ''Villaggio della Legalita''', il 21 e 22 maggio.
Durante le due serate una commissione composta da critici musicali, maestri di musica, docenti universitari e giornalisti del settore selezionera' i 6 gruppi vincenti che si esibiranno il 23 maggio e che vedranno le loro canzoni pubblicate in un cd. ''Gia' lo scorso anno con il Villaggio della Legalita' - sottolinea Avanti - abbiamo scelto di ricordare Giovanni Falcone e tutte le vittime della mafia in un modo nuovo, mostrando concretamente il lavoro quotidiano di chi porta avanti i valori dell'antimafia e della legalita'. Proprio per la grande risposta che e' venuta dai giovani abbiamo deciso di coinvolgerli ancora di piu' con uno dei linguaggi che loro, ma non solo loro, prediligono: quello della musica''.
''Abbiamo sempre pensato - aggiunge Alongi - che l'impegno per affermare i valori dell'antimafia, della legalita', del rispetto dei diritti umani deve essere forte e continuo, serio e talvolta non serioso. Unendo idealmente il ricordo della barbara uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo e quello della strage dove hanno perso la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro, ricordiamo due momenti tragici che dimostrano la vilta' e la disumanita' della mafia''.
Fonte: adnkronos