giovedì, aprile 22, 2010

La richiesta...

CATANIA - Il Movimento per le autonomie ha chiesto al ministro all'Interno, Roberto Maroni, "quali siano i risultati della relazione elaborata dagli ispettori del Viminale su intrecci fra mafia e politica nel comune di Paternò" e se "non ritenga dover proporre lo scioglimento del Consiglio comunale per sospetto di infiltrazione mafiosa". La richiesta è avanzata con un'interrogazione parlamentare a prima firma del capogruppo del Mpa alla Camera, Carmelo Lo Monte. Nell'interrogazione si ricorda che "l'allora prefetto di Catania, Giovanni Finazzo, in seguito all'indagine della magistratura e alla conseguente operazione denominata Padrini che, il 27 novembre del 2008, portò all'arresto di 24 appartenenti a cosche mafiose, inviò al ministro dell'Interno una relazione sugli intrecci fra mafia e politica nel comune di Paternò". "Nella suddetta relazione - affermano i deputati del Mpa - si rilevava che 'non possono non rilevarsi inquietanti ombre circa la sussistenza di un'intesa tra gli amministratori del comune di Paternò e gli esponenti della mafia locale', e si concludeva con l'invito rivolto al Viminale 'a prendere in seria considerazione lo scioglimento del Consiglio comunale conseguente a fenomeni di infiltrazioni e di condizionamento di tipo mafioso'. Secondo le accuse mosse dalla Dia e dalla Procura di Catania si segnalava l'ipotesi della presenza di 'un avamposto dell'organizzazione all'interno dell'amministrazione comunale". "Le indagini patrimoniali - si rileva nell'interrogazione del Mpa - hanno condotto alla confisca di società di capitali, di cooperative, oltre ad immobili, terreni, automezzi e disponibilità bancarie". "Aspettiamo dal ministro Maroni - afferma Lo Monte - una risposta chiara su una situazione nella quale vi sono ormai tutti gli elementi per prendere una decisione definitiva".
Fonte: La Sicilia

Ucciso il boss Mazzaglia

CATANIA, 19 APR - Il boss Giuseppe Mazzaglia, 50 anni, e' stato ucciso con diversi colpi di arma da fuoco nel primo pomeriggio a Biancavilla, nel Catanese. L'uomo era ai vertici dell'omonima cosca legata al clan Santapaola di Catania. E' stato assassinato mentre si trovava all'interno della propria auto, nonostante fosse agli arresti domiciliari. A compiere l'omicidio, che gli investigatori ritengono di chiaro stampo mafioso, sarebbero stati due sicari uno dei quali armato di fucile caricato a pallettoni.
Fonte: ANSA

40 anni di carcere

PALERMO. Il gup di Palermo Sergio Ziino ha condannato, complessivamente, a quasi 40 anni di carcere sei persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, porto abusivo d'armi e furto. Sotto processo, in abbreviato, sono finiti i presunti esponenti della cosca di Marsala. L'accusa è stata sostenuta dai pm della dda Carlo Marzella e Marzia Sabella. La pena più alta è stata inflitta a Vito Vincenzo Rallo (10 anni) per cui è però caduta l'aggravante della qualifica di capomafia. A 8 anni e 10 mesi è stato condannato Francesco Giuseppe Raia, a 7 Maurizio Bilardello, a 6 anni e 6 mesi Gaspare De Vita, a 4 e 5 mesi Francesco Messina e a un anno e 6 mesi Dario Cascio. Al processo si sono costituiti parte civile la ditta Eurofish srl, grossista di pesce di Marsala taglieggiata dalla cosca, l'amministratore dell'azienda e l'associazione antiracket della città trapanese. Il danno sarà liquidato loro in sede civile. Non si è costituita invece l'altra società estorta, una impresa edile della zona. Le indagini che hanno portato al processo sono state condotte dalla Mobile di Trapani e dai carabinieri del comando provinciale.
Fonte: gds

6 mln di euro di sequestri...

Palermo, 20 apr.- Beni per circa sei milioni di euro riconducibili all'imprenditore Francesco Ferranti sono stati sequestrati dai Carabinieri del comando provinciale di Palermo. Ferranti e' ritenuto componente della famiglia mafiosa di Carini, nel palermitano. Sequestrati un'impresa individuale del settore agricolo e i relativi beni aziendali, due societa' edili, quote di societa' immobiliari, due ville, multiproprietà, appezzamenti di terreni e rapporti bancari.
L'imprenditore fu arrestato a dicembre del 2007 nell'ambito di un'inchiesta antimafia condotta dai carabinieri. In manette, tra gli altri, finirono anche il boss Gaspare Di Maggio, reggente della cosca di Cinisi, e Paolino Dalfone, affiliato alla famiglia di Carini. Erano accusati di associazione mafiosa finalizzata alla commissione di omicidi, narcotraffico, estorsioni, controllo di appalti e forniture per opere pubbliche e impiego di denaro d'illecita provenienza.
Fonte: Adnkronos

lunedì, aprile 19, 2010

Speriamo si abitui a fare il carcerato...

Palermo, 16 apr. - Il pg di Palermo, al termine della requisitoria, ha chiesto la condanna a undici anni per il senatore Marcello Dell'Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il pg ha chiesto l'aggravamento della pena di due anni rispetto alla sentenza di condanna di primo grado quando al senatore vennero inflitti nove anni di carcere.
Secondo il pg Antonino Gatto, "dall'istruzione dibattimentale in appello sono emersi ulteriori elementi a carico dell'imputato, come le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza che si inseriscono armonicamente nelle acquisizioni probatorie, confermando tra l'altro i rapporti tra Dell'Utri e i fratelli Graviano di Brancaccio". Il rappesentante dell'accusa ritiene, inoltre, che dal processo è "ulteriormente emersa la propensione di Dell'Utri a inquinare le prove, come abbiamo visto nel caso Cirfeta-De Filippis". E ancora: "C'è stata la rielaborazione compiuta dal pg delle dichiarazioni rese dal colloboratore Salvatore Cucuzza". Per il pg Gatto, secondo quanto ha affermato lo stesso Cucuzza, Dell'Utri si sarebbe attivato "per l'approvazione di due provvedimenti legislativi per favorire l'organizzazione mafiosa di cosa nostra". E, infine, sull'aggravamento della pena, rispetto alla sentenza di primo grado, il pg Gatto spiega: "Se la giustizia è proporzionale, è giusto ricordare che la Corte d'Appello di Palermo ha inflitto dieci anni per infedeltà a un ex rappresentante delle forze dell'ordine. E le infedeltà commesse da costui sono state commesse con modalità meno devastanti di quelle compiute da Marcello Dell'Utri". I rappresentanti della parte civile, Comune di Palermo e Provincia di Palermo, si sono associati alla richiesta del Pg.
Secondo l'accusa Dell'Utri avrebbe fatto avere al collaboratore Cirfeta dei soldi con la mediazione dell'avvocato De Filippis. Ma la difesa nega che abbia dato del denaro. ''Effettivamente la De Filippis chiese dei soldi a Dell'Utri -ha ribadito Di Peri-, ma il senatore si è rifiutato. Il pg costruisce un'ipotesi accusatoria basandosi su fatti illeciti che non sono né illeciti né provati''. ''L'avvocato Alessandra De Filippis voleva dei soldi dal senatore Dell'Utri - ha detto l'avvocato Di Peri - perché aveva anticipato una somma per i funerali del figlio del collaboratore Cirfeta. Ma di fatto Dell'Utri questi soldi non glieli ha mai dati''.
Parlando del processo più volte interrotto negli ultimi mesi, Dell'Utri ha detto: 'Il procuratore generale ci ha aggiunto due anni di interessi, forse perché dal primo verdetto sono passati sei anni... Comunque, questa è la richiesta. Ora aspettiamo la sentenza''. Faccio l'imputato da 15 anni, e' diventato quasi uno stato dell'essere e sono stanco. Arrivera' il momento in cui finira' tutto e mi chiederò ora che faccio?'. Mi sono insomma abituato a fare l'imputato, e' diventata una cosa strutturale". Il processo è stato rinviato al 30 aprile per l'inizio delle arringhe difensive.
Al termine della requisitoria di oggi il presidente della Corte d'Appello Claudio Dall'Acqua ha reso noto il calendario per le prossime udienze. Il 30 aprile cominceranno le arringhe difensive. Il processo si terrà poi ogni venerdì del mese, fatta eccezione per il 4 giugno. L'11 giugno i giudici entreranno in Camera di Consiglio per emettere la sentenza di secondo grado.
Fonte: Adnkronos

Gli ha chiesto i voti e non sapeva che era mafioso...

PALERMO. "Ho sempre ammesso di avere incontrato Angelo Siino nel '91 e di avergli chiesto i voti, ma non sapevo che era un mafioso e non lo sapevano nemmeno gli inquirenti, che infatti, non lo avevano ancora arrestato''. Lo ha detto, al termine dell'udienza del processo che lo vede imputato di concorso in associazione mafiosa, l'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro. Il politico ha così commentato una delle contestazioni fattegli dalla procura che lo accusa di avere stretto un patto politico-elettorale-mafioso con Cosa nostra fin dagli anni '90. ''Peraltro - ha proseguito - Siino mi disse che doveva sostenere altri candidati e che non mi avrebbe votato". L'ex governatore, attraverso i suoi legali, ha sollevato l'eccezione del "ne bis in idem", sostenendo che alla base del processo ci sono le stesse contestazioni per cui è già stato condannato per favoreggiamento aggravato. "Era stata la stessa procura - ha concluso - a sostenere l'insussistenza del concorso in associazione mafiosa. Ora, a quanto pare, si ricomincia daccapo. Cercherò di affrontare con serenità anche quest'altro sacrificio".
Fonte: gds

La "lite"...

CATANIA - I presunti reggenti di due cosche etnee, Giovanni Colombrita e Francesco Di Stefano, si sarebbero contesi i proventi di una estorsione ai danni di un imprenditore edile, costretto a consegnare 4.000 euro al clan del Cursoti Milanesi e 5.000 'una tantum' al clan Cappello. Il "disaccordo" sfociò in un agguato nel quale fu ferito Orazio Pardo, ritenuto esponente di spicco del clan Cappello, poi arrestato nell'operazione "Revenge" nel 2009. È quanto emerso da una indagine coordinata dalla Dda etnea e condotta dalla Squadra Mobile, sfociata oggi in un'ordinanza di custodia cautelare eseguita nei confronti di Francesco Di Stefano, di 37 anni, sorvegliato speciale, Giovanni Colombrita, di 52, attualmente detenuto col regime del 41 bis, e Salvatore Liotta, di 49, ritenuto organico alla cosca Cappello-Bonaccorsi. Di Stefano è accusato di associazione di tipo mafioso con l'aggravante di aver promosso e diretto l'organizzazione dei Cursoti Milanesi e di estorsione aggravata ai danni dell'imprenditore. Colombrita è accusato di estorsione aggravata ai danni dello stesso imprenditore. Liotta deve rispondere di associazione mafiosa.
17/04/2010
Fonte: La Sicilia

Mega sequestro

PALERMO, 16 APR - Beni per 2 mln di euro sequestrati dalle Direzioni Investigative Antimafia di Agrigento e Lecce a due imprenditori agrigentini. Sequestrati conti correnti, beni e quote societarie di un'azienda di Fasano (Brindisi), riconducibili a Diego e Ignazio Agro', arrestati nel 2007 nell'ambito dell'operazione antimafia 'Domino 2' e condannati all'ergastolo per un omicidio commesso nel 1992. A marzo la Dia sequestro' ai due fratelli imprenditori beni per oltre 50 milioni di euro.
Fonte: ANSA

Il cartoon

PALERMO - Una nuova, prestigiosa vetrina per il cartoon "Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi", dedicato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dopo il Mip di Cannes, il cartone animato, cooprodotto da Rai Fiction e dal centro di produzione video Larcarde di Palermo in collaborazione con la Regione siciliana, è stato presentato, con una proiezione in anteprima della durata di cinque minuti, durante il Cartoons on the Bay di Rapallo.
18/04/2010
Fonte: La Sicilia

Inizia l'interrogatorio di Lombardo...

PALERMO, 16 APR - E' iniziato, al palazzo di giustizia di Palermo, l'interrogatorio del governatore siciliano Raffaele Lombardo. Il presidente, che ha chiesto di essere ascoltato dai magistrati, viene sentito come persona informata dei fatti dal procuratore Messineo, dall'aggiunto Ingroia e dal pm della Dda Francesco del Bene. Al centro dell'interrogatorio i rapporti tra Lombardo e Giuseppe Liga, considerato il successore dei boss Lo Piccolo alla guida del mandamento di San Lorenzo.
Fonte: ANSA

martedì, aprile 13, 2010

Mah?! Sarà vero?...

CATANIA - 'Martedi' davanti all'Assemblea regionale diremo chi sono i politici legati alla mafia e agli affari', ha detto Raffaele Lombardo. Il governatore ha parlato delle indagini di Catania. 'Le forze che finora hanno lucrato sulla Sicilia vedono il nostro movimento come una minaccia mortale. Avevo gia' detto che avrebbero cercato di fermarci prima sul piano politico, poi su quello mediatico, su quello giudiziario e infine sul piano fisico. Ma non ce la faranno', ha detto. 'Sosteniamo e rispettiamo la magistratura - ha detto Lombardo - che, fondamentale com'e' per la nostra democrazia, vogliamo libera, forte e indipendente. Per questo non vogliamo che sia privata dello strumento delle intercettazioni'. E ancora, 'Quando penso alle incredibili accuse rivoltemi - ha aggiunto il presidente della Regione - mi torna in mente un detto popolare siciliano: ogni impedimento e' giovamento. E il giovamento e' che la Sicilia ci sostiene nella nostra azione di rinnovamento e che stiamo dando un'accelerazione all'evoluzione del Movimento per le Autonomie. E stiamo dimostrando che la politica e' partecipazione e non la farsa dei talk show televisivi'.
Fonte: ANSA

Martelli e Mancino parlano...

PALERMO, 6 APR - 'Avemmo la sensazione che tra i carabinieri del Ros e Vito Ciancimino ci fossero rapporti stretti'. Ha detto Claudio Martelli. L'ex ministro della giustizia depone come teste al processo al generale Mario Mori. Martelli ha raccontato che nel giugno '92, il direttore degli Affari penali, Liliana Ferraro, gli disse che il capitano Giuseppe De Donno, braccio destro di Mori, le aveva riferito di avere contattato il figlio di Ciancimino, per incontrare il padre 'per fermare le stragi'. 'Ferraro - ha aggiunto Martelli - mi racconto' di avere invitato De Donno a rivolgersi a Borsellino'. 'Praticamente - ha continuato - Ferraro mi fece capire che il Ros voleva il supporto politico del ministero a questa iniziativa. Io mi adirai perche' trovavo una sorta di volonta' di insubordinazione della condotta dei carabinieri. Avevamo appena creato la Dia, che doveva coordinare il lavoro di tutte le forze di polizia e quindi non capivo perche' il Ros agisse per conto proprio'. 'Nell'ottobre del '92, Ferraro mi disse di avere visto de Donno e che questi le aveva chiesto di agevolare alcuni colloqui investigativi tra mafiosi detenuti e il Ros e se c'erano impedimenti a che la procura generale rilasciasse il passaporto a Vito Ciancimino'. Anche questo secondo racconto della Ferraro fece adirare l'ex ministro che disapprovava l'indipendenza del Ros e riteneva Ciancimino 'una delle menti piu' raffinate di Cosa nostra'. 'Dare credibilita' a Ciancimino per cercare di catturare latitanti - ha aggiunto - era un delirio.


ROMA,6 APR- 'Ne' Martelli ne' altri mi parlo' mai di contatti con Ciancimino': afferma il vice presidente del Csm Nicola Mancino replicando all'ex ministro. 'Ho sempre escluso, e coerentemente escludo anche oggi, che qualcuno, e percio' neppure il ministro Martelli, mi abbia mai parlato della iniziativa del colonnello Mori di volere avviare contatti con Vito Ciancimino', ha detto Mancino. 'L'on. Martelli - osserva - fra Scotti e Mancino usa la forma dubitativa: ma se uno non si ricorda bene è inutile fare nomi'. Quando la dottoressa Ferraro avrebbe incontrato il col. De Donno si era nel giugno 1992, ed io mi insediai al Viminale il 1 luglio successivo. Col Ros non avevo alcuna relazione istituzionale e, perciò, non c'era bisogno di dire a me un fatto che poteva interessare, semmai, il ministro della Difesa dell'epoca, da cui il colonnello Mori dipendeva'. Mancino conclude: 'Approfitto per ricordare che l'anticipata attuazione della DIA al dicembre 1992 fu inserita nel decreto-legge all'esame del Parlamento su mia proposta, cosi' come fu previsto in anticipo lo scioglimento della gestione straordinaria della Commissione antimafia allora diretta dal Prefetto Finocchiaro'.


Fonte: ANSA

Allo stadio...

PALERMO. Alla cosca di Resuttana piaceva andare allo stadio Barbera. O meglio piaceva avere i biglietti che poi potevano essere utilizzati per assistere alle partite dei rosanero in casa oppure in alternativa per fare soldi rivendendoli. Un pizzo alternativo che ai boss avrebbe fruttato circa cinquemila euro al mese. Su questo e su tante altre vicende è stato sentito dagli inquirenti Manuel Pasta, l’ultimo collaboratore di giustizia che sta svelando i segreti dei Lo Piccolo. I tagliandi per entrare allo stadio sarebbero stati procurati attraverso Salvo Genova, ex capo di Resuttana, arrestato poi per mafia ed estorsioni. Maggiori dettagli sul Giornale di Sicilia del 13 aprile 2010.
Fonte: gds

Ciancimino interrogato

PALERMO - Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, è stato nuovamente interrogato dal pm della Dda del capoluogo Nino Di Matteo, dall'aggiunto Antonio Ingroia e dall'aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo. Il testimone è stato sentito su alcuni particolari raccontati nel suo libro, 'Don Vito', relativi al misterioso signor Franco, l'agente dei servizi segreti che avrebbe seguito, nell'ombra, la trattativa tra Stato e mafia. Nel volume ci sarebbero elementi nuovi che potrebbero contribuire alla sua identificazione. Ciancimino, che sta raccontando i retroscena della trattativa, ha riconosciuto nelle foto di esponenti dei servizi alcuni collaboratori dello 007 e l'autista che lo avrebbe accompagnato agli appuntamenti col padre. Non è stata ancora accertata, invece, l'identità del signor Franco.
12/04/2010
Fonte: La Sicilia

3 fermi grazie ad un pentito

Palermo, 9 apr. - E' scattata alle prime luci dell'alba di oggi un'operazione antimafia condotta dai Carabinieri del Reparto operativo di Palermo che hanno eseguito tre fermi per associazione mafiosa ed estorsioni. Tra questi in manette anche colui che è considerato il nuovo 'reggente' del mandamento mafioso di Resuttana.
I provvedimenti, firmati dai magistrati del pool coordinato dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, sono stati resi possibili dalle dichiarazioni di un nuovo pentito di mafia che collabora da appena una settimana con i magistrati. L'inchiesta è coordinata dai pm Marcello Viola, Francesco Del Bene, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi e Lia Sava.
I tre sono stati fermati per il pericolo di fuga, i magistrati temevano che nell'apprendere dell'avvio della collaborazione del pentito avrebbero potuto lasciare Palermo. Due degli arrestati sono stati fermati a Cinisi a bordo di uno scooter, un terzo aveva trascorso la notte fuori casa. In corso anche perquisizioni alla ricerca di armi e munizioni.
Intanto emergono anche dei retroscena. Secondo quanto raccontato dal neopentito, la mafia doveva 'punire', uccidendolo, un collettore del pizzo perché "imponeva le estorsioni senza la nostra autorizzazione oltre a non essere formalmente affiliato", ma l'uomo si è salvato perchè al momento dell'omicidio aveva in braccio il figlio ancora piccolo. Sempre secondo quanto raccontato dal collaboratore di giustizia, Cosa nostra avrebbe dovuto uccidere anche un altro uomo.
Il neo-pentito di mafia sta anche fornendo informazioni sulla mappa delle estorsioni. Nell'interrogatorio del 31 marzo scorso, ha fatto l'elenco dei negozi che versano il pizzo, non solo a Resuttana, ma anche nel 'salotto' di Palermo, in via Libertà, ad esempio, o in via Leopardi. Stando alle sue rivelazioni, poi, i proprietari di due noti negozi avrebbero fatto da tramite per la riscossione del pizzo presso altri esercizi. "Voglio precisare - dice ancora il pentito nel corso di un interrogatorio - che avevamo deciso di mutare il periodo in cui riscuotere il denaro non più a Pasqua e Natale ma a maggio e settembre, al fine di evitare una maggiore attenzione da parte delle forze dell'ordine". A custodire il 'libro mastro' con i nomi delle vittime del pizzo sarebbe proprio l'uomo finito oggi in manette e ritenuto il reggente del clan di Resuttana.
"Ho iniziato a collaborare dopo avere maturato un percorso interiore che mi ha indotto a dare un taglio netto alla mia vita precedente per garantire un futuro migliore ai miei figli e alla mia famiglia", ha confessato il neo-collaboratore di giustizia.
"Cosa nostra continua a subire duri colpi e attraversa una fase di difficoltà, ma non è in ginocchio, bisogna continuare a tenere alta la guardia". E' il monito del procuratore aggiunto Antonio Ingroia, intervenuto alla conferenza stampa per i tre fermi dei presunti mafiosi.

Fonte: Adnkronos