sabato, gennaio 31, 2009

Processo Mori: Bongiorno, falsa testimonianza..

PALERMO - Un maresciallo dei carabinieri del Ros è stato incriminato in aula per falsa testimonianza dopo aver deposto nel processo all'ex comandante dello stesso raggruppamento speciale dell'Arma, Mario Mori, ed al colonnello Mauro Obinu.
Il pm Nino Di Matteo ha chiesto e ottenuto dal tribunale la trasmissione degli atti per procedere contro il sottufficiale, Angelo Bongiorno, in servizio al Ros di Caltanissetta.

Il testimone ha reso dichiarazione che il pubblico ministero ha ritenuto del tutto false: in particolare il testimone ha affermato che il 31 ottobre 1995, a Mezzojuso (Palermo), non era presente, fra i carabinieri incaricati di fotografare i partecipanti a un summit con Provenzano, il colonnello Michele Riccio, supertestimone del processo.

Secondo Riccio, quel giorno si sarebbe potuto arrestare Bernardo Provenzano, ma i vertici del Ros, in particolare Mori e Obinu, non diedero l'ordine di intervenire. Lo stesso Riccio aveva dichiarato di essere presente, cosa confermata da altri testimoni e attestata anche da una relazione di servizio sottoscritta pure dal maresciallo Bongiorno.

Il pm Nino Di Matteo ha insistito sulla contraddizione fatta emergere dalle dichiarazioni del maresciallo Bongiorno. Sulla relazione di servizio il teste ha risposto di avere firmato qualche giorno dopo: "E lo feci - ha precisato - perchè me lo chiese lo stesso Riccio".

Queste affermazioni hanno portato il pm a chiedere ed ottenere immediatamente dal tribunale presieduto da Mario Fontana, un confronto tra Bongiorno e un suo collega, l'appuntato Damiano Tafuri: quest'ultimo aveva affermato che il loro comandante, l'attuale colonnello Antonio Damiano, aveva informato i suoi uomini che il blitz fotografico avrebbe riguardato persone che andavano ad incontrare Provenzano.

Bongiorno, che in un primo momento aveva sostenuto che la comunicazione di Damiano era avvenuta "molto tempo dopo", davanti al collega oggi ha cambiato versione, riconoscendo che Tafuri aveva ricordi più precisi dei suoi. Il processo è stato rinviato al 13 febbraio.

30/01/2009
Fonte: La Sicilia

Arresti tra i "Batanesi" e "Mazzarrotti"

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) - Riuscivano a condizionare e ad infiltrarsi in appalti pubblici con attentati intimidatori imponevano l'acquisto di materiali da imprese controllate dal gruppo criminale. È quanto emerge dall'indagine che questa mattina ha portato all'operazione dei carabinieri del Ros contro il gotha della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto e della fascia tirrenica del Messinese.

Grazie soprattutto alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, un polacco ed un ex componente della famiglia di Tortorici, sono state arrestate dodici persone; altre venti sono state raggiunte da un'informazione di garanzia.

I reati contestati sono l'associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamento, detenzione e porto abusivo di armi, usura, uso di moneta falsa e gioco d'azzardo. I provvedimenti scaturiscono da un'indagine avviata nel 2007, in prosecuzione degli interventi che negli anni precedenti avevano già colpito numerosi esponenti di Cosa nostra di Mistretta e Barcellona Pozzo di Gotto, nonchè dei gruppi mafiosi cosiddetti "Batanesi" e "Mazzarroti", attivi a Tortorici e Mazzarrà Sant'Andrea.

Il condizionamento da parte del crimine organizzato si è manifestato con numerose estorsioni e attraverso prestiti ad usura. Gli arrestati dell'operazione sono: Leonardo Arcidiacono, 39 anni, Antonino Bellinvia 54 anni, Tindaro Calabrese, 35 anni, Antonino Calderone, 33 anni, Gaetano Chiofalo, 35 anni, Mariano Foti, 39 anni, Santo Gullo, 45 anni, Francesco Ignazzitto, 50 anni, Ottavio Inbesi, 38 anni, Salvatore Micale, 34 anni, Salvatore Puglisi, 54 anni e Carmelo D'Amico, 38 anni. Quest'ultimo è considerato dagli inquirenti a capo dell'organizzazione mafiosa di Barcellona. Un'altra persona è latitante.

30/01/2009
Fonte: La Sicilia

venerdì, gennaio 30, 2009

Lo Forte è perspicace..Davvero..

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) - L'assessore al Comune di Santa Lucia del Mela, Santo Pandolfo è indagato per voto di scambio. Secondo l'ipotesi accusatoria quando era sindaco del comune tirrenico avrebbe avuto il sostegno degli esponenti del sodalizio criminale arrestati stamani dai carabinieri nell'operazione Pozzo.

In occasione delle consultazioni amministrative del 2002 secondo gli inquirenti i componenti del clan fecero votare Pandolfo in cambio dell'"approvazione indebita della sanatoria di un fabbricato abusivo di proprietà di un esponente di vertice della famiglia ed il rilascio di una concessione per gestirvi un esercizio pubblico".

Altro settore d'interesse dell'organizzazione criminale è quello del controllo degli stabilimenti balneari e dei locali notturni nell'area milazzese, funzionale alla gestione del gioco d'azzardo ed all'usura nei confronti dei giocatori maggiormente gravati dai debiti di gioco.

Sono state denunciate 35 persone per concorso in gioco d'azzardo. Durante alcune perquisizioni nei confronti di indagati sono state sequestrate banconote contraffate per oltre 5mila euro.

"Con questa operazione - ha detto il procuratore Guido Lo Forte - si evidenzia un'attitudine particolare di questi mafiosi nell'infiltrarsi in tutti i settori pubblici. Da evidenziare come questi gruppi mafiosi presentino un'organizzazione, una divisione del territorio e all'altezza di Cosa nostra palermitana e catanese".

30/01/2009
Fonte: La Sicilia

Che trio...

Nella foto Nino Rotolo
PALERMO - La condanna all'ergastolo per i boss della "triade" di Cosa nostra, Nino Rotolo e Nino Cinà, imputati dell'omicidio di Giovanni Bonanno, è stata chiesta al Gup dai pm della Dda di Palermo.

I pm Marcello Viola e Gaetano Paci hanno anche proposto le condanne di altri due imputati, che rispondono solo dell'occultamento del cadavere di Bonanno, fatto sparire l'11 gennaio 2006: sono il pentito Gaspare Pulizzi, per il quale sono stati chiesti 2 anni, e Giuseppe Pecoraro, che era accusato anche di associazione mafiosa e nei cui confronti sono stati proposti 10 anni.

Bonanno fu fatto sparire, secondo l'accusa, perchè si sarebbe appropriato del denaro delle cosche di San Lorenzo e Tommaso Natale, di cui era reggente. Il processo si svolge col rito abbreviato davanti al Gup Mario Conte, che ha rinviato l'udienza al 6 febbraio.
Fonte: La Sicilia

giovedì, gennaio 29, 2009

Denuncia gli strozzini.. Abbandonato..

PALERMO - "Il mio calvario non è terminato. Dopo aver denunciato i miei usurai ed estortori, lo Stato mi ha riconosciuto lo status di vittima, ma oggi rischio di perdere l'unico bene che mi è rimasto, la casa nella quale vivo con la mia famiglia". Lo afferma l'imprenditore palermitano Ignazio La Barbera, 58 anni. Nel 2005, l'ufficio esecuzioni del Tribunale di Palermo aveva messo all'asta la villa del commerciante di gioielli in via Michelangelo per un importo di 238mila euro. La casa fu ipotecata per un prestito concesso da una banca di 500 milioni di vecchie lire per "pagare gli strozzini. Trecento milioni dei quali già pagati. "L'asta venne poi postergata - afferma La Barbera - dopo l'intervento del prefetto in cambio di un accordo con l'Ital Fondiario che prevedeva da parte mia il pagamento di un acconto di 30 mila euro e poi 25 rate da 2 mila euro al mese ed una maxi-rata di 200 mila euro". "Ho già pagato 88 mila euro. Poi ho chiesto un rinvio del pagamento della maxi-rata, in attesa dell'erogazione di un mutuo con Banca Nuova già in istruttoria, ma la dilazione non mi è stata concessa". Il 3 febbraio prossimo, la sezione esecuzioni del Tribunale di Palermo, su istanza dell'Ital Fondiario, ha fissato la vendita all'asta dell'immobile di Barbera per 238mila euro, "a fronte di un valore, determinato da una perizia giurata di un architetto da me nominato di oltre 700 mila euro. Io voglio pagare - dice La Barbera - ma ho bisogno di un rinvio".
27/01/2009
Fonte: La Sicilia

martedì, gennaio 27, 2009

Vedremo gli effetti..


(a sinistra nella foto,Messineo)PALERMO - Il prezzo unitario giornaliero delle intercettazioni telefoniche deve calare da 20 a 14 euro, mentre il noleggio di microspie e telecamere sarà ridotto già dopo i primi 40 giorni di impiego e, trascorsi 100 giorni dall'inizio delle intercettazioni, non si risarcirà il costo di apparati che vengano smarriti o non recuperati. Inoltre le bollette per le "telefoniche" e le "ambientali" dovranno essere "trasparenti", secondo i costi effettivi. La parola d'ordine, alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, è tagliare. E a lanciare la campagna antisprechi è il capo dell'ufficio inquirente che nel 2007, per ascoltare e riprendere indagati, ha speso più di ogni altro, in Italia. Francesco Messineo ha firmato la circolare 593/09, in cui stabilisce che sono "assolutamente non ammissibili" i pagamenti per intercettazioni effettuati "secondo tariffe superiori a quelle stabilite" in un precedente documento del 2007. I magistrati dovranno porre "particolare attenzione a tutte le voci non comprese nel listino, la cui particolare necessità di impiego, sottoscritta dal dirigente dell'ufficio di polizia giudiziaria" delegato all'ascolto o alla ripresa video, "dovrà essere sottoposta al vaglio del procuratore aggiunto competente, senza deroga alcuna". Nella circolare è scritto che gli sconti che saranno imposti (con condizioni drastiche, in sostanza prendere o lasciare) alle ditte private che effettuano i noleggi: dopo i primi 40 giorni dall'inizio delle intercettazioni lo sconto sarà del 20 per cento rispetto alla tariffa iniziale, dopo 60 giorni sarà del 40 e del 60 dopo 80 giorni. Dopo 101 giorni le aziende riceveranno solo una percentuale pari al 10 per cento della tariffa iniziale, "a titolo di remunerazione degli oneri di impresa". La Procura di Palermo, come risulta dai dati ufficiali del ministero della Giustizia, è l'ufficio giudiziario che ha speso di più per intercettazioni, e questo anche a fronte di un minor numero di decreti e di "bersagli" ascoltati o ripresi, rispetto a Milano. Le cifre dicono che nel capoluogo lombardo, nel 2007, si sono spesi 35 milioni 892 mila euro, per 8.813 intercettazioni telefoniche e per 26.145 "bersagli" ambientali, di cui 8.848 disposti per indagini antimafia. A Palermo, invece, il costo nel 2007 è stato di 46 milioni 92 mila euro, e ha riguardato 4.800 intercettazioni telefoniche e 9.875 "bersagli" ambientali, di cui 6.430 per le inchieste antimafia. Messineo con la circolare impone che le forze investigative che utilizzano ditte private verifichino e attestino "attentamente che i costi indicati in fattura corrispondano a quelli esposti nel preventivo, che i costi non siano superiori a quelli previsti nel prospetto, che le attrezzature siano state effettivamente utilizzate per le attività di indagine". La decisione è stata preceduta da studi e "indagini di mercato", scrive il capo della Dda, e, "avuto riguardo al prezzo medio delle attrezzature ed alle vigenti tariffe di noleggio, il costo di dette attrezzature viene interamente ammortizzato, in media, in un periodo di tempo stimabile tra 60 e 90 giorni". In sostanza, al massimo dopo tre mesi il valore della microspia o della telecamera è pagato e a quel punto continuare a pagare per intero il noleggio significa allargare a dismisura i costi. Il "contenimento delle spese è doveroso", conclude Messineo, e per le intercettazioni telefoniche e ambientali, che si effettuano con delle "sim", la Procura di Palermo pagherà secondo le modalità delle "bollette trasparenti", cioè per le spese effettivamente sostenute dai gestori di telefonia mobile. Il ricarico massimo per le spese di gestione sarà del 10 per cento. Finora, invece, le spese venivano calcolate in maniera forfettaria.
26/01/2009

Fonte: La Sicilia

venerdì, gennaio 23, 2009

Ormai è un conto alla rovescia..

PALERMO - Il tribunale di sorveglianza ha deciso che Bruno Contrada rimanga altri 9 mesi agli arresti domiciliari. L'ex funzionario del Sisde, 78 anni, è dal luglio scorso ai domiciliari dopo essere stato detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, per scontare una condanna a 10 anni di reclusione per concorso esterno all'associazione mafiosa, inflittagli dal Tribunale di Palermo. Il pg aveva chiesto che l'ex funzionario del Sisde tornasse in carcere. I difensori di Contrada, gli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco, avevano chiesto il differimento della pena per l'età avanzata e il grave stato di salute del loro assistito, o in subordine la detenzione domiciliare. Lipera ha manifestato soddisfazione per la decisione del tribunale.
23/01/2009
Fonte: La Sicilia

martedì, gennaio 20, 2009

Colpo al clan dei "Madonia"

Vedi il servizio
CALTANISSETTA - Gli affari illegali gestiti dalla famiglia mafiosa dei Madonia di Caltanissetta e le estorsioni imposte alle imprese di una vasta zona della Sicilia sono al centro dell'indagine che questa mattina ha portato i carabinieri del Reparto operativo di Caltanissetta e del Raggruppamento operativo speciale ad eseguire 24 ordini di custodia cautelare. Tra gli indagati, si apprende da fonti giudiziarie, ci sarebbe il presidente della Provincia di Caltanissetta, Giuseppe Federico (Mpa), che è anche deputato regionale, è indagato per voto di scambio nell'inchiesta sul clan dei Madonia. Federico sarebbe accusato di avere chiesto ed ottenuto l'appoggio della cosca mafiosa. Dalle intercettazioni sarebbe emerso che i mafiosi facevano campagna elettorale per lui nelle elezioni regionali del 2006. Il clan, retto da Carmelo Barbieri, arrestato nell'operazione "Atlantide-Mercurio", era interessato alla gestione del patrimonio illecito accumulato dalla famiglia, reinvestito in due società nissene che operano nel settore delle scommesse sportive a Gela e a Niscemi. Entrambe, intestate a prestanome, sono state sequestrate stamani su ordine del gip Andrea Fiore. Il giudice ha inoltre disposto il sequestro preventivo di un'azienda per la produzione di calcestruzzo, tutti i beni hanno un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro. Dall'inchiesta è emerso, inoltre, che le autorizzazioni all'esercizio dell'attività sono state ottenute tramite l'intervento, presso l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, da Antonio Padovani, 57 anni, di Sant'Agata Li Battiati (Catania), imprenditore noto nel settore. L'uomo è stato arrestato stamani dai militari dell'Arma. Il clan dei Madonia imponeva il racket a diverse imprese che lavoravano nel Nisseno. Dall'indagine emerge un'estorsione imposta a un consorzio temporaneo di imprese di Paternò (Catania), impegnato nei lavori di realizzazione di un parcheggio all'ospedale di Gela. La riscossione della "messa a posto" era stata intermediata da Vincenzo Salvatore Rapisarda, indagato in questa inchiesta, che è figlio di un noto esponente di vertice del clan Laudani di Catania. Secondo l'accusa Rapisarda agiva per conto di Barbieri e Marcello Sultano, quest'ultimo già rappresentante della stidda gelese e attualmente collaboratore di giustizia. L'impresa catanese, oltre a pagare il pizzo, sarebbe stata anche costretta a rifornirsi di calcestruzzo per la realizzazione del parcheggio a Gela dalla ditta di Gianfranco Sanzone (sottoposta a sequestro preventivo), la quale provvedeva alla riscossione del pizzo, anche con il sistema della sovrafatturazione. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale su richiesta del procuratore della Repubblica, Sergio Lari, e dei sostituti della Direzione distrettuale antimafia, Nicolò Marino e Antonino Patti. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza mediante violenza e minaccia. I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti a Gela e Niscemi, in provincia di Caltanissetta, Ravenna, Catania, San Giovanni Galermo, Sant'Agata Li Battiati, Paternò, tutte nel Catanese, e Casteldaccia, in provincia di Palermo. Nell'operazione sono impegnati un centinaio di militari. Il clan dei Madonia fa capo al boss Giuseppe "Piddu" Madonia, detenuto da tempo e condannato definitivamente per mafia. Il boss, nonostante il 41 bis al quale era sottoposto in carcere, continuava a impartire le proprie disposizioni al clan. "Piddu", attraverso i colloqui in carcere con i propri familiari, riusciva a trasmettere all'esterno del carcere gli ordini agli affiliati alla cosca, violando così il duro regime carcerario al quale è sottoposto. Un ruolo di particolare rilievo nella catena di trasmissione delle direttive all'organizzazione mafiosa era affidato alla sorella del capomafia, Maria Stella Madonia, 72 anni, già condannata per mafia, arrestata stamani e posta ai domiciliari. Con lei è stato arrestato anche il marito, Giuseppe Lombardo, 75 anni, accusato di tenere i rapporti con il reggente operativo della famiglia, Carmelo Barbieri, arrestato anche lui. L'inchiesta punta alle dinamiche criminali di Cosa nostra nella provincia nissena e rappresenta un proseguimento di operazioni condotte alcuni anni fa, con le quali si erano già colpiti gli esponenti di vertice della famiglia Madonia e delle altre cosche dell'area denominata del "Vallone".
19/01/2009

Fonte: La Sicilia

domenica, gennaio 18, 2009

Ridotta la pena di Greco..

PALERMO - I giudici della Corte d'appello di Catania hanno parzialmente annullato la sentenza del maxi processo a Cosa nostra, in seguito a giudizio di revisione, che riguarda il boss di Palermo, Giovannello Greco. Il mafioso era stato condannato per associazione mafiosa e tentato omicidio di Pino Greco "scarpuzzedda", un sicario di Ciaculli. Per questo episodio, conosciuto come la "tufiata" (sparatoria) di Ciaculli, Giovannello Greco è stato condannato a 15 anni. Pena diventata definitiva nel 1990. La corte ha dunque annullato i reati di tentato omicidio e porto e detenzione di arma da fuoco. I giudici hanno così accolto la richiesta degli avvocati Carmelo Franco e Alfredo Gaito, rideterminando la pena in dieci anni di carcere. La difesa ha ottenuto la revisione del maxi processo producendo nuove prove da cui emergeva l'estraneità di Greco nel tentato omicidio. Si tratta della testimonianza del collaboratore di giustizia Gaetano Grado, il quale si è auto accusato del delitto.
17/01/2009
Fonte: La Sicilia

sabato, gennaio 17, 2009

Come ti spiazza il pd...

PALERMO - I soggetti rinviati a giudizio per reati di mafia o per reati gravi contro la persona saranno esclusi dal Partito democratico e dalla cariche che eventualmente ricoprono. La stessa cosa avverrà di fronte a una condanna, anche in primo grado, per reati contro la pubblica amministrazione. Lo prevede lo statuto del Pd siciliano, approvato questo pomeriggio a Palermo dall'assemblea costituente regionale del partito. L'applicazione di questo codice etico è stata discussa dall'assemblea del Pd, che ha anche previsto lo svolgimento delle primarie per la scelta del segretario regionale del partito, mentre i segretari provinciali e quelli territoriali saranno scelti con primarie ristrette riservate solo agli iscritti.
17/01/2009
Fonte: La Sicilia

Arrestati 2 membri dei "ceusi"

CATANIA - Carmelo Piacente, di 44 anni, ritenuto affiliato alla famiglia mafiosa dei 'Ceusi', e la sua convivente, Mary Pascale, di 35, sono stati arrestati dalla Polizia a Catania per detenzione di armi comuni e da guerra e di munizioni. Piacente era ricercato dal'8 gennaio scorso, giorno in cui cui la polizia aveva sequestrato nella sua abitazione un ingente quantitativo di armi e munizioni, tra cui alcuni fucili mitragliatori Kalashnikov. La convivente dell'uomo era stata fermata al momento della scoperta dell'arsenale, ma era stata poi rimessa in libertà.
17/01/2009
Fonte: La Sicilia

venerdì, gennaio 16, 2009

Processo "Domino"

AGRIGENTO - La Corte d'Assise di Agrigento ha emesso la sentenza sul processo scaturito dall'inchiesta antimafia "Domino", condotta dalla Squadra mobile di Agrigento nel dicembre 2006, che - grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati - riuscì a scoprire mandanti ed esecutori di dieci omicidi e tre tentati omicidi commessi nell'Agrigentino. L'ergastolo è stato inflitto a Salvatore Fragapane di Santa Elisabetta, ex capo provincia di Cosa nostra, ai fratelli Diego ed Ignazio Agrò di Racalmuto, a Giovanni Aquilina di Grotte, a Calogero Castronovo di Agrigento, a Nicolò Cino di Racalmuto, a Giuseppe Fanara di Santa Elisabetta ed a Giuseppe Sferrazza di Racalmuto. A sedici anni di carcere è stato condannato Salvatore Pitruzzella di Racalmuto, a 14 anni il latitante di Porto Empedocle, Gerlandino Messina e due anni e sei mesi sono stati inflitti a Gioacchino Emanuele di Racalmuto. Assolto invece Salvatore Di Ganci, di Sciacca, per il quale l'accusa aveva chiesto l'ergastolo. Tutti erano accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio e tentato omicidio.
16/01/2009

Fonte: La Sicilia

Estorsione da commerciante a commerciante..

CATANIA - Un commerciante incensurato di 63 anni, S. G., è stato arrestato dalla polizia a Catania con l'accusa di estorsione nei confronti di un altro commerciante del centro storico. Secondo quanto accertato dagli investigatori l'uomo sarebbe stato il mandante delle richieste di denaro avanzate alla vittima da un uomo di 48 anni, Giuseppe Marco Giuga. Quest'ultimo era arrestato nell'ottobre dello scorso anno mentre riscuoteva una rata del pizzo. Nei confronti di S. G. gli agenti del commissariato centrale hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Santino Mirabella per il reato di estorsione in concorso. Giuga aveva contattato la vittima dicendogli che aveva un debito con un suo amico e minacciando ritorsioni se avesse avvertito la polizia. La vittima gli avrebbe risposto che non aveva abbastanza denaro e Giuga si sarebbe detto disposto a una rateizzazione. A Giuga gli agenti sequestrarono un'automobile in cui trovarono un biglietto con la scritta 'Prepara 60mila euro e ti cerchi l'amico che ti aggiusta la cosa sennò ti brucio tutto'. La polizia indaga per accertare se fosse un esattore del pizzo nei confronti di altri commercianti.
16/01/2009
Fonte: La Sicilia

giovedì, gennaio 15, 2009

Meno male...

MILANO - E' stato ripristinato il regime di carcere duro per Domenico Ganci, il boss di Cosa nostra, con molti ergastoli da scontare, al quale il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva revocato la misura. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, come preannunciato, ha firmato il decreto di nuova applicazione del regime di 41 bis, che avrà durata di un anno. Il guardasigilli avrebbe motivato la sua decisione con l'individuazione di nuovi elementi che dimostrerebbero la capacità di collegamento di Ganci, ora detenuto nel carcere di Rebibbia, con l'esterno. Nel corso della recente operazione 'Perseo', ad esempio, è stato arrestato il cugino di primo grado di Mimmo Ganci, Giuseppe Spina. Figlio del capomandamento della Noce, Raffaele Ganci, stretto alleato di Totò Riina, il mafioso è detenuto nel carcere romano di Rebibbia perché deve scontare condanne all'ergastolo, molte delle quali definitive, in particolare per le stragi e alcuni delitti eccellenti compiuti in Sicilia. Ganci è accusato di oltre quaranta delitti. Nei mesi scorsi, i difensori del killer avevano chiesto al Tribunale di sorveglianza l'annullamento del carcere duro che è poi stato accolto dal Tribunale. Ganci, condannato anche per la strage di Capaci, ha trascorso il Capodanno da detenuto "normale", senza il carcere duro previsto ai boss mafiosi.
14/01/2009

Fonte: La Sicilia

martedì, gennaio 13, 2009

"Turismo antimafia"

Giovanni Impastato, a Cinisi riceve visite di turisti interessati alla storia di suo fratello, vittima e simbolo della lotta alla mafia? «Nella casa di famiglia, che abbiamo trasformato in un luogo di memoria e sede dell'associazione dedicata a mio fratello, ci sono visitatori ogni giorno». Che genere di visitatori? «Gente qualunque che viene da ogni parte della Sicilia, dell'Italia e del mondo: tedeschi, spagnoli. L'altro giorno è venuto un gruppo da Cuba. Tutti i posti dove il film I cento passi è stato distribuito. Arrivano anche tanti giapponesi, perché a Tokio il film ha vinto un premio». Ma quindi, per dire le cose come stanno, sono turisti? «Certo, mica mi vergogno a dirlo, anche se intorno all'antimafia spesso gira un certo intellettualismo che rifiuta questa idea». E lei non è d'accordo. «Io la considero una cosa molto positiva. Vanno a Palermo a vedere la cattedrale e poi vengono qui? Va benissimo. L'importante è evitare la deriva del folklore o peggio dell'esaltazione della mafia». E cosa le chiedono i turisti? «Di andare nei posti dove ha vissuto ed è stato ucciso mio fratello. E io spiego loro chi era Peppino, che cosa ha fatto. E perché è morto. Molti giovani che vengono qui poi ripercorrono simbolicamente i cento passi che separano la nostra casa da quella del boss Badalamenti. È diventato una specie di rito. E va bene così». Turismo vuol dire anche sviluppo, occasioni di lavoro, no? «Esattamente. E non mi sembra che ci sia niente di male. Anzi le dirò che noi puntiamo a realizzare un progetto: se andrà in porto la confisca della casa del boss, abbiamo chiesto al Comune di acquisirla e farla diventare una biblioteca, un centro culturale a disposizione del paese e dei turisti, dove potrebbe aver sede l'associazione Peppino Impastato». Peppino che si prende la casa del suo carnefice: i cento passi percorsi fino in fondo per l’ultima volta? «Sarebbe una rivincita per Peppino e una grande vittoria simbolica sulla mafia».
Fonte: Il Giornale

7 arresti nel clan Santapaola

CATANIA - Indagando sull'omicidio di Salvatore Lizzio, 33 anni, ucciso con colpi di arma da fuoco a Catania in via Forcile il 13 giugno del 2005, la Squadra mobile ha arrestato sette persone, due delle quali considerate organiche alla cosca Santapaola, accusate, a vario titolo, di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti in concorso, tentata rapina e reati in materia di armi.
L'operazione è stata denominata 'Pluriel'. Gli arrestati sono i fratelli Antonio e Angelo Testa, di 37 e 30 anni, considerati organici alla squadra 'S. Cocimo' della cosca Santapaola; Carmelo Ferraro, 34 anni, figlio di Francesco, ritenuto affiliato alla famiglia di Caltagirone e in atto detenuto; Salvatore Massimino, 52 anni; Salvatore Scordo, di 31 anni.
Ai domiciliari sono stati posti Giovanni Luca Buscema, 33 anni e Corrado Giunta, 38 anni. Ad Angelo Testa e a Salvatore Scordo il provvedimento è stato notificato in carcere.
Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal gip Antonio Caruso su richiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Gennaro e dei sostituti procuratori Andrea Ursino e Allegra Migliorini. Secondo gli investigatori, i fratelli Testa avrebbero gestito un traffico di cocaina; ai due, insieme a Salvatore Scordo, è contestato un tentativo di rapina con la tecnica del 'buco', il 31 agosto del 2005, nella filiale in viale Vittorio Veneto, a Catania, della Banca Popolare Italiana: il colpo venne sventato dalla polizia.
Durante le indagini sono state sequestrate una pistola calibro 7,65 con la matricola cancellata completa di caricatore e munizioni, proiettili di vario calibro, due ricetrasmittenti che erano nella disponibilità di salvatore Scordo e di un'altra persona che non figura tra i destinatari della misura di custodia cautelare.
10/01/2009
Fonte: La Sicilia

ASSURDO!!! Che si deve fare per avere il carcere duro...

ROMA - I giudici del Tribunale di sorveglianza di Roma hanno annullato il 41/bis, il carcere duro, al boss stragista Mimmo Ganci, figlio del capomandamento della Noce, Raffaele Ganci, stretto alleato di Totò Riina. Il mafioso è detenuto nel carcere romano di Rebibbia perché deve scontare condanne all'ergastolo, molte delle quali definitive, in particolare per le stragi ed alcuni delitti eccellenti compiuti in Sicilia. Ganci è accusato di oltre quaranta delitti. Nei mesi scorsi, i difensori del killer avevano chiesto al Tribunale di sorveglianza l'annullamento del carcere duro che è poi stato accolto dal Tribunale. Ganci, condannato anche per la strage di Capaci, ha trascorso il Capodanno da detenuto "normale", senza il carcere duro previsto ai boss mafiosi.
13/01/2009
Fonte: La Sicilia

Chiesto il ritorno in carcere per Contrada...

PALERMO - Nell'udienza davanti al tribunale di sorveglianza per decidere sulla detenzione di Bruno Contrada, che dal luglio scorso è agli arresti domiciliari, provvedimento emesso per la durata di sei mesi, il pg ha chiesto che l'ex funzionario del Sisde torni in carcere. I difensori di Contrada, gli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco, hanno chiesto il differimento della pena per l'età avanzata, 78 anni, e il grave stato di salute del loro assistito, o in subordine la detenzione domiciliare. Il tribunale si è riservato la decisione. Contrada è detenuto per scontare una condanna a 10 anni di reclusione per concorso esterno all'associazione mafiosa, inflittagli dal Tribunale di Palermo.
13/01/2009
Fonte: La Sicilia

sabato, gennaio 10, 2009

Aula vuota..

PALERMO - "A sedici anni di distanza dalla morte di mio padre, a Barcellona Pozzo di Gotto, siamo stati spettatori dell'ennesima beffa perpetrata alla sua memoria". Alza la voce Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, ucciso dalla mafia l'8 gennaio del 1993, e presidente dell'Associazione nazionale familiari vittime di mafia. "Durante la commemorazione, affollata oltre che da tanti cittadini per bene, anche dai soliti 'amici' di boss e magistrati corrotti presenti per poter riportare le notizie ai loro padroni, un volgare personaggio ha apostrofato mio padre con epiteti poco garbati. Tutto questo accadeva sotto gli occhi indifferenti di forze dell'ordine. Le stesse forze dell'ordine che pochi giorni fa, ad Agrigento, hanno aggredito e sequestrato un ragazzo la cui unica colpa è stata quella di ricordare al sindaco di Salemi i reati commessi. Il messaggio è che è possibile offendere un giornalista ucciso dalla mafia per aver difeso i valori di questo Stato ma non è altrettanto possibile ricordare a un pregiudicato i suoi reati poichè, a quanto pare, un truffatore dello Stato merita più rispetto di un giornalista morto in nome della nostra libertà".
09/01/2009
Fonte: La Sicilia

Ritorno a "casa"...

PALERMO - Giuseppe Salvatore Riina, il rampollo del Capo dei capi, dopo essere stato arrestato ieri sera dai carabinieri del Ros è stato rinchiuso in una cella dell'Ucciardone. Il giovane, cui la Cassazione ieri sera ha confermato definitivamente la condanna per associazione mafiosa, deve scontare adesso una condanna residua di tre anni e un mese. La Corte d'Appello di Palermo gli aveva inflitto una pena a otto anni e dieci mesi. Il verdetto era stato emesso il 28 dicembre del 2007. Riina jr era stato arrestato ieri sera nella sua abitazione a Corleone, dove si trovava in compagnia di alcuni familiari, fra cui la madre Ninetta Bagarella. I carabinieri gli hanno notificato l'ordine di carcerazione che è stato emesso subito dopo la sentenza. Il figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvatore, 28 anni, era finito in cella per la prima volta nel giugno 2002 perchè accusato di associazione mafiosa ed estorsione. Nel febbraio 2008 la corte di Cassazione aveva disposto la scarcerazione del rampollo di casa Riina, per scadenza dei termini. Il giovane era allora detenuto a Sulmona e sottoposto al 41 bis. Da allora era tornato in libertà a Corleone.
09/01/2009
Fonte: La Sicilia

Slitta l'udienza "Campagna"

ROMA - Slitta, a data da fissare, l'udienza nella quale la Cassazione dovrà decidere se confermare o meno le condanne all'ergastolo per il boss Gerlando Alberti Jr. e Giovanni Sutera, accusati di essere mandante ed esecutore materiale dell'omicidio di Graziella Campagna, la 17enne stiratrice di Saponara uccisa il 12 dicembre 1985. L'udienza che si doveva svolgere stamani innanzi alla II/a sezione penale di piazza Cavour è stata rinviata, per competenza in materia di associazione mafiosa, ai giudici della I/a sezione penale ai quali sono stati trasmessi gli atti del procedimento.
09/01/2009
Fonte: La Sicilia

giovedì, gennaio 08, 2009

Che grande verità...

ROMA - "Se per incanto tutti i mafiosi e i camorristi dovessero sparire dalla faccia della terra in un giorno, il fenomeno mafioso resterebbe, come dimostra il caso di Facebook. Questo significa che questo approccio, queste modalità stanno entrando pericolosamente nel Dna degli italiani".È il commento di Andrea Camilleri al fenomeno di gruppi di sostenitori di Toto Riina e, più in generale, della mafia, comparso sul social network Facebook. "Sono esterrefatto - ha proseguito lo scrittore siciliano - si pensa sempre che si è toccato il fondo e invece, come si vede, il fondo è sempre ancora più in là".
07/01/2009
Fonte: La Sicilia

lunedì, gennaio 05, 2009

All'unanimità.. Bello schifo..

BAGHERIA (PALERMO) - Il Consiglio comunale di Bagheria ha approvato all'unanimità la proposta di intitolare lo stadio a Pasquale Alfano, fratello di Michelangelo, capomafia, morto suicida nel 2005 a Messina. L'atto d'indirizzo votato da maggioranza e opposizione in Consiglio comunale vuole dare allo stadio il nome di Pasquale Alfano, imprenditore edile, morto alla fine degli anni Ottanta, che fu assessore, consigliere comunale e presidente del Bagheria Calcio negli anni Settanta, prima che la società venisse rilevata da Michele Aiello, il manager della sanità privata, condannato per associazione mafiosa. Allora vice presidente di Aiello era un altro boss, Pietro Lo Iacono. Pasquale Alfano era socio in affari di suo fratello Michelangelo. Lo stadio è in parte inagibile, in attesa di ristrutturazione. Polemica dell'antiracket. L'associazione antiracket del comprensorio bagherese, si oppone alla scelta e in una nota chiede invece che l'impianto sportivo venga intitolato a Ninni Cassarà, il vice questore della polizia di Stato ucciso dalla "Bagheria sta attraversando una fase estremamente delicata della sua storia - si legge nella nota - da una parte la mafia bagherese continua ad avere un forte radicamento nel territorio ma anche un ruolo nell'ambito dei vertici di Cosa nostra partecipando attivamente al tentativo di ricostruzione della commissione provinciale, come dimostra l'ultima operazione Perseo. Di contro si registrano alcuni tentativi incoraggianti di contrasto alla cultura dell'accondiscendenza al sistema di potere che la mafia ha creato nel tempo"."In questo scenario - prosegue - le istituzioni locali hanno il dovere d'incoraggiare questo percorso con scelte politiche chiare e con conseguenti atti simbolici, come l'intitolazione dello stadio comunale di Bagheria a personalità che hanno dedicato la loro vita, in alcuni casi fino all'estremo sacrificio, per liberare la nostra terra dalla mafia".
05/01/2009
Fonte: La Sicilia

Non dimentichiamo.. Mai..





Mafial network..

PALERMO - "Era prevedibile che qualcuno cercasse di approfittare di Facebook per altri scopi e usasse questo mezzo a suo uso e consumo". Lo sostiene Rita Borsellino, presente dallo scorso ottobre sul social network, in merito alla presenza di gruppi inneggianti a Totò Riina e ad altri boss mafiosi. "Verrebbe la tentazione di dire 'mi tiro fuori dal social network' - dice Borsellino - invece non è così, anzi bisogna occuparlo per fare in modo che chi ha cattive intenzioni non trovi spazio e sia costretto a confrontarsi con chi invece ne fa un uso corretto". "Quanto alla gestione del social network che - sottolinea - si ferma davanti al seno di una donna che allatta e non davanti a gruppi che inneggiano persone che hanno compiuto atti scellerati, ucciso e fatto stragi, questo dà da pensare". "Ma - conclude - deve spingere chi ne fa un corretto uso a dire 'ci sto dentro' almeno per controllarlo e utilizzarlo bene come fa la grande maggioranza delle persone, per estromettere questo tipo di situazioni. È un pò come quando mi si diceva di lasciare via D'Amelio dopo la strage, io non l'ho fatto, sono loro che se ne devono andare e non noi".
05/01/2009
Fonte: La Sicilia

sabato, gennaio 03, 2009

Premio Kreativ blogger..



Ringrazio i blog di Galli - Gentili e di Marco per avermi assegnato il premio Kreativ blogger..


Le regole del premio sono le seguenti:
  • Nel ricevere il premio, devi scrivere un post mostrando il premio e citando il nome di chi ti ha premiato e il link del suo blog;
  • Premiare un minimo di 7 blog (o di più) se credi siano meritevoli nei temi sopra descritti. Esibire il loro nome e il loro link. Quindi avvisarli di aver ottenuto il premio.


Ovviamente niente è obbligatorio ma è un modo per sostenerci a vicenda..
Ciao a tutti!
Saverio

Relazione della DIA.. Sequestri da controllare meglio..

PALERMO - Sembra una lotta contro i mulini a vento. Lo Stato sequestra i beni ai mafiosi che poi li riottengono attraverso le aste giudiziarie, sfruttanto imprese gestite da familiari o prestanome. È uno degli aspetti emersi dall'operazione della Dia di Palermo che ha portato al sequestro in Sicilia ed in Umbria di per beni per 2,5 milioni di euro. Indagando su Salvatore Lo Cricchio, condannato per estorsione aggravata e continuata, la polizia giudiziaria ha accertato che nel 1993, a seguito del fallimento delle attività dell'uomo, alcuni beni vennero venduti due anni dopo all'asta giudiziaria: ad acquisirli fu un'impresa i cui titolari erano legati da vincoli di parentela alla famiglia dei Di Trapani, di cui faceva parte Lo Cricchio. Nel 2002 il figlio di Lo Cricchio, senza redditi, rientrava in possesso dei terreni, acquistandoli dall'impresa "familiare" per una cifra irrisoria; in particolare si trattava di alcuni terreni nelle campagne di Partinico. Gli altri beni sequestrati, riconducibili a Lo Cricchio anche attraverso la moglie ed i figli, sono un appartamento di 5,5 vani ed il capitale sociale di una società di servizi a Palermo; due appezzamenti di terreno a Balestrate. Valore circa 2 milioni di euro. Beni per 500 mila euro sono stati sequestrati, nell'ambito della stessa indagine della Dia, anche a Leonardo Baucina, 48 anni, arrestato due anni fa per associazione mafiosa: due appezzamenti di terreno, un fabbricato e un magazzino agricolo a Partinico. Il sequestro dei beni è stato effettuato in base ai provvedimenti emessi dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, su richiesta dei sostituti procuratori della Dda Domenico Gozzo, Gaetano Paci, Dario Scaletta ed Antonio Ingroia. Le indagini si riferiscono all'individuazione ed all'aggressione dei patrimoni mafiosi, attività commerciali e beni immobili, intestati a prestanomi e fiancheggiatori della cosca mafiosa palermitana del quartiere palermitano Resuttana, con a capo le famiglie Madonia e Di Trapani ed a quella di Partinico, attualmente controllata dal latitante Domenico Raccuglia.
03/01/2009
Fonte: La Sicilia

L'istituto dice no al pizzo.. Ottimo gesto..

PALERMO - Con una lettera inviata a tutte le imprese iscritte nell'albo fornitori il dirigente scolastico dell'istituto superiore Pietro Domina, che accorpa il magistrale di Petralia Sottana, l'agraria di Castellana Sicula, l'industriale di Petralia Soprana e il geometra di Polizzi Generosa, invita tutte le aziende a dichiarare solennemente di non soggiacere al pagamento del pizzo e di denunciare qualsiasi tentativo di estorsione, intimidazione o condizionamento di natura criminale. In pratica chi non accetterà queste condizioni o le violerà verrà escluso dall'elenco dei fornitori dell'istituto e non potrà ricevere ordini o incarichi da parte della scuola. "La nostra scelta - afferma il dirigente Pietro Attinasi - nasce anche dal ruolo educativo che la scuola svolge nella società. Ecco perchè condividiamo l'iniziativa di Addiopizzo".
03/01/2009
Fonte: La Sicilia