mercoledì, febbraio 24, 2010

Arresto a Sommatino

SOMMATINO (CALTANISSETTA), 22 FEB - Un anziano e' stato arrestato dai Cc in esecuzione di un provvedimento di carcerazione per espiazione della pena. L'uomo, Francesco La Quatra, di 75 anni, deve scontare l'ergastolo per l'omicidio del presunto boss di Caltanissetta Francesco Ianni' avvenuto il 24 settembre 1990 a Caltannissetta. Il provvedimento e' stato emesso dall'Ufficio esecuzioni penali del tribunale di Caltanissetta.
Fonte : ANSA

Da Enna alla Lombardia al Belgio..

CALTANISSETTA, 22 FEB - Smantellato un clan mafioso che operava in Lombardia, con collegamenti in Belgio: eseguite 24 ordinanze di custodia cautelari. I membri della cosca erano specializzati nell'estorsione, nell'usura e nel trasferimento fraudolento di ingenti somme di denaro. Nell'operazione, scaturita dalle indagini del Gico del Nucleo di Polizia e coordinata dalla Dda di Caltanissetta, sono state realizzate anche 35 perquisizioni e 11 sequestri di societa'.
Fonte: Ansa

Il vecchio caro sindaco...

Palermo, 23 feb.- ''A noi familiari di Peppino Impastato, apprendere la notizia che il sindaco di Ponteranica, Cristiano Aldegani (nella foto), abbia indetto un concorso rivolto alle scuole del suo territorio, dedicato a mio fratello e alle vittime di tutte le mafie dal 1860 al 2010, dal titolo 'educato alla legalita', e' parsa una presa in giro''. E' quanto dice Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato, il militante di Dp assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978.
''La proposta potrebbe anche essere encomiabile se non fosse stata indetta dallo stesso sindaco - aggiunge - che si e' adoperato, non appena insediatosi, per far togliere dalla biblioteca comunale l'intitolazione a mio fratello Peppino, in questo modo, invece, si tratta evidentemente di una volgare ipocrisia. Chi cancella la memoria storica, infatti, si macchia di un 'crimine' sociale''.
''Noi chiediamo che questo concorso - afferma - venga subito annullato, soprattutto per il rispetto della memoria e di tutte quelle persone che credono nei valori della giustizia e della legalita'''.
Fonte: Adnkronos

giovedì, febbraio 18, 2010

Fiamme ad un bar che aderiva a Pizzo-free

Palermo. Fiamme al bar Ciro’s di via Emerico Amari, di fronte al porto, a Palermo. Stanotte intorno alle quattro, ignoti hanno forzato la porta d’ingresso del locale, aperto solo pochi giorni fa, e dopo aver versato liquido infiammabile hanno appiccato un rogo che ha danneggiato la parte posteriore dell’esercizio commerciale. Sull’episodio indagano i carabinieri del Comando provinciale.
Fonte: gds

Processo "Free town"

Caltanissetta. Il tribunale di Caltanissetta ha condannato tre persone e assolto altre due nell'ambito del processo nato dal blitz antimafia "Free Town". Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e danneggiamento. Al pentito Alberto Carlo Ferrauto, 41 anni, sono stati inflitti 6 anni per associazione mafiosa in quanto presunto componente del clan di Caltanissetta. L'altro collaboratore di giustizia coinvolto nel blitz era Pietro Riggio, 45 anni, originario di Resuttano, che è stato condannato a 3 anni, più 600 euro di multa, per un'estorsione all'imprenditore Pietro Di Vincenzo. A quest'ultimo il tribunale ha concesso un risarcimento danni di 400 euro. Condanna a un anno per Giacomo Vella, 64 anni, accusato del danneggiamento di un'auto a fini di estorsione; assoluzione per Mario Panepinto, 35 anni, l'imprenditore che secondo l'accusa si sarebbe rivolto a Cosa nostra per farsi pagare una somma di circa 100 milioni di lire da un amministratore di condomini per il rifacimento del prospetto di un palazzo. Altra assoluzione è arrivata anche per Antonino Giudici, 46 anni, accusato di alcuni episodi di danneggiamento commessi in città all'inizio del 2000. Il Pm Stefano Luciani nella sua requisitoria aveva sostenuto che l'imprenditore Pietro Di Vincenzo - costituitosi parte civile nel processo - aveva ricevuto i favori di Cosa nostra nell'aggiudicazione degli appalti per i lavori pubblici, tanto da chiedere le assoluzioni per le estorsioni ipotizzate nei suoi confronti.
Fonte: gds

3 ordinanze a Palermo

PALERMO, 17 FEB - Eseguite 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 3 persone accusate di reati contro il patrimonio. Si tratta di Leonardo Vitale 24 anni, figlio del boss Vito detto 'fardazza', oggi ergastolano, Roberto Rizzo e Domenico Parra. I provvedimenti sono stati emessi il 15 febbraio scorso dal Tribunale di Palermo, su richiesta della Dda. Indagato, con l'accusa di ricettazione, Sergio Sacco, cognato del procuratore della repubblica di Palermo Francesco Messineo.
Fonte: ANSA

lunedì, febbraio 15, 2010

Sequestri per 4 mln

Palermo. La Dia ha sequestrato beni immobili per un valore complessivo di 4 milioni a due fratelli, Giovanni e Filippo Campo, rispettivamente di 47 e 41 anni, entrambi originari di Menfi, in provincia di Agrigento. I due sono sospettati di legami con clan mafiosi della provincia. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento, su richiesta del sostituto procuratore della Dda di Palermo, Roberto Scarpinato, a conclusione di indagini condotte dal Centro operativo della Dia di Palermo. Il sequestro riguarda ditte e società che operano nel movimento terra, ma anche nella produzione e vendita di calcestruzzo, quindi terreni, fabbricati, mezzi e disponibilità finanziarie. I fratelli Campo, già nel dicembre 2007, erano stati raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere del Gip di Palermo, perché ritenuti responsabili di associazione mafiosa.
Fonte: gds

Mannoia è libero...

PALERMO,11 FEB- Fu l'accusatore di Giulio Andreotti nel processo per mafia a Palermo. Francesco Marino Mannoia, 59 anni, che vive in Usa dal 1990, e' libero. Gia' condannato per omicidio e traffico di droga, racconto' di un incontro tra il senatore e il boss Stefano Bontade. La procura generale di Palermo ha accolto la richiesta del suo avvocato e ha effettuato il cumulo delle pene, applicando sconti e condoni. Mannoia avrebbe dovuto scontare 17 anni,e' ritornato in liberta' dopo aver scontato 11 anni e 5 mesi.
Fonte: ANSA

martedì, febbraio 09, 2010

La testimonianza di Ciancimino

PALERMO - "Forza Italia è il frutto della trattativa" tra lo Stato e Cosa nostra dopo le stragi del '92. A dirlo in aula è stato Massimo Ciancimino, che continua la sua deposizione al processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. A riferirlo a Ciancimino sarebbe stato il padre Vito Ciancimino, l'ex sindaco di Palermo, che secondo il figlio avrebbe avviato dopo il maggio del 1992 la trattativa con i carabinieri da un lato e i boss mafiosi dall'altro. Ciancimino junior ha spiegato al pm Antonio Ingroia il contenuto di alcuni 'pizzini'. Secondo quanto ha raccontato in aula Massimo Ciancimino, nel 1994, Bernardo Provenzano avrebbe scritto un pizzino indirizzato a Marcello Dell'Utri e "per conoscenza", come dice il teste, "a Silvio Berlusconi". Nel documento si legge: "Intendo portare il mio contributo che non sarà di poco perchè questo triste evento non si verifichi, sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione le sue reti televisive".

IL TRISTE EVENTO. Il triste evento a cui si riferisce Ciancimino Junior sarebbe stato il ventilato sequestro di uno dei figli del presidente del Consiglio. "Mio padre - ha spiegato Ciancimimo junior illustrando il biglietto - mi disse che questo documento, insieme all'immunità di cui aveva goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di Riina, era il frutto di un'unica trattativa che andava avanti da anni. Con quel messaggio Provenzano voleva richiamare il partito di Forza Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi passi e a non scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell'accordo". Una parte del documento, secondo quanto dice in aula il figlio dell'ex sindaco, sarebbe sparita. Massimo Ciancimino, proseguendo la deposizione in aula, ha detto di avere letto la lettera in carcere al padre Vito che, a sua volta, "voleva richiamare alla collaborazione il partito". Secondo il figlio dell'ex sindaco, l'obiettivo della lettera sarebbe stato quello di invitare Berlusconi "come entità politica, non come individuo" a "tornare sui suoi passi" e rientrare nei ranghi. Vito Ciancimino, come spiegato dal figlio in aula, voleva una rete tv "per dire la sua". Tutto sarebbe nato da una intervista rilasciata dal premier a 'Repubblica' in cui avrebbe affermato che "se un suo amico fosse sceso in politica gli avrebbe messo a disposizione una rete tv", ha spiegato Ciancimino Junior. Massimo Ciancimino, a sorpresa, ha quindi consegnato in aula una lettera scritta dal padre, l'ex sindaco mafioso di Palermo, indirizzata per conoscenza a Silvio Berlusconi. Il documento, di cui i pm e le difesa non avevano conoscenza, è stato ammesso dai giudici. Non se ne conosce ancora il contenuto. La lettera redatta dall'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e indirizzata a Dell'Utri e, per conoscenza, a Silvio Berlusconi, è la rielaborazione di un "pizzino" scritto da Bernardo Provenzano agli stessi destinatari e già agli atti del processo Mori. Nella lettera c'è una parte che coincide con quella scritta da Provenzano e relativa a un tentativo di intimidazione al figlio di Berlusconi e alla necessità che il politico metta a disposizione alcune sue reti tv. Nella rielaborazione di Ciancimino, però, c'è una parte nuova in cui si legge: "Se passa molto tempo e ancora non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto a uscire dal mio riserbo che dura da anni". Secondo il testimone, che riferisce quanto saputo dal padre, si trattava di una sorta di minaccia al premier. L'ex sindaco lo avvertiva che avrebbe potuto raccontare quanto sapeva sulla nascita di Forza Italia.

I SERVIZI SEGRETI. "Dopo che venne resa nota una mia intervista dalla quale in qualche modo emergeva il mio ruolo nella cattura di Riina, l'agente dei Servizi, che io conoscevo col nome di Franco, mi invitò a non parlare più di certe vicende perchè tanto io non sarei mai stato coinvolto e non sarei mai stato chiamato a deporre. Cosa che avvenne visto che fino al 2008, quando decisi di collaborare con i magistrati, nessuno mi interrogò mai". Ciancimino ha anche spiegato che il capitano dei carabinieri, braccio destro di Mori, Giuseppe De Donno, in più occasioni, negli anni, lo rassicurò che nessuno lo avrebbe sentito sulla vicenda relativa alla cattura di Riina sulla quale sarebbe stato anche apposto il segreto di Stato. "Quando ero agli arresti domiciliari nel 2006, una persona dei Servizi segreti mi disse di non parlare della trattativa e dei rapporti con Berlusconi". Ciancimino ha spiegato che si trovava agli arresti domiciliari, perchè indagato per riciclaggio, quando ricevette la visita dell'agente accompagnato da due presunti sottufficiali dell'Arma. "Io replicai - ha continuato - che c'erano documenti, prove su tutte quelle vicende e che non avrei potuto sottrarmi, ma lui mi rassicurò che nessuno mi avrebbe chiesto niente". Il figlio di Don Vito ha anche riferito di avere ricevuto, sempre nello stesso periodo, pressioni "dall'allora vice procuratore nazionale antimafia Giusto Sciacchitano a non coinvolgere la società Gas nell'indagine sul riciclaggio, perchè così ne avremmo tratto beneficio visto che lo stesso Sciacchitano era in buoni rapporti con la procura di Palermo che conduceva l'inchiesta".

IL PAPELLO. I carabinieri e i Servizi segreti sarebbero stati a conoscenza che Massimo Ciancimino figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, teneva il papello in una cassaforte della sua abitazione all'Addaura. La cassaforte, però, non fu mai trovata nel corso delle perquisizione che vennero effettuate quando Massimo Ciancimino fu arrestato per riciclaggio. Poi gli sono state mostrate delle foto della cassaforte realizzate a luglio scorso dalla Dia. Ciancimino le ha riconosciute, dopo un attimo di turbamento e commozione che ha causato l'interruzione dell'esame. "Un personaggio dei Servizi, prima che eseguissero la misura degli arresti domiciliari a mio carico mi disse che stavano per arrestarmi e che non era prudente tenere a casa i miei documenti tra i quali il papello". Seguendo l'indicazione dell'agente, Ciancimino pochi giorni prima di essere arrestato, il 7 giugno 2006, portò all'estero la documentazione del padre e pure il papello.

MILANO 2. Ciancimino ha anche consegnato documenti relativi ai presunti investimenti di suo padre nella realizzazione del complesso edilizio Milano 2. I fogli sono stati trasmessi dai pm della Dda alla Procura generale che sostiene l'accusa al processo al senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, imputato, in appello, di concorso in associazione mafiosa. La procura generale, che dovrebbe chiudere la requisitoria del processo Dell'Utri, valuterà ora se chiederne l'acquisizione agli atti - in questa fase possibile solo le prove sono assolutamente necessarie ai fini della decisione - e chiedere l'esame di Ciancimino.
08/02/2010

Fonte: La Sicilia

Arrestato un condannato...

Palermo, 6 feb. - I Carabinieri hanno arrestato a Vallelunga Pratameno, in provincia di Caltanissetta, Girolamo Pirronitto, 70 anni, condannato in via definitiva all'ergastolo per aver partecipato all'omicidio di Gandolfo Panepinto.
L'omicidio venne compiuto il 23 febbraio del 1988 a Valledolmo (Palermo) e la vittima, indiziata di mafia, venne raggiunta da alcuni colpi di pistola in contrada Crete.
Una punizione per aver commesso alcune estorsioni ai danni di imprenditori senza l'autorizzazione di Cosa nostra. Pirronitto, infatti, e' considerato dagli investigatori, un esponente di spicco del clan dei Madonia.
Fonte: Adnkronos

Come si pagano le conseguenza delle "leggi-stronzate"...

ROMA, 6 FEB - Il ministero della Giustizia sta lavorando a un decreto urgente per ovviare agli effetti indesiderati dalla legge ex Cirielli sulla mafia. In attesa delle motivazioni della Cassazione, si pensa di estendere la competenza dei tribunali ordinari ai reati di associazione mafiosa, comunque aggravati e qualunque sia la pena edittale massima, agendo sull'articolo 5 del codice di procedura penale che determina i reati di competenza della Corte di Assise e quelli esclusi. In questo si cerca di ovviare agli effetti 'indesiderati' dell'inasprimento delle pene previsto dalla 'ex Cirielli' e, piu' specificamente, allo spostamento in Corte di Assise di numerosi processi di criminalità organizzata, con il rischio di scarcerazioni. Già entro la prossima settimana, potrebbe essere pronto un decreto legge, costituito da un solo articolo, di modifica dell'articolo 5 della codice di procedura penale, con inserimento dell'articolo 416 bis (associazione di tipo mafioso) tra i reati per i quali resta fissata la competenza del Tribunale (e non della corte d'assise) anche in presenza di particolari aggravanti con previsione di pena di 24 o piu' anni. In tal modo - spiegano fonti del Ministero della Giustizia - si avrebbe la competenza del tribunale senza eliminare l'inasprimento delle norme antimafia che potrebbe essere interpretato come un segnale di cedimento al crimine organizzato. Una modifica di questo tipo, peraltro - fanno notare le stesse fonti - salverebbe tutti i procedimenti ancora non conclusi, perche' le norme procedurali intervengono su tutti i processi di ogni ordine e grado.
Fonte: ANSA

Bagarella "povero"

Palermo. Leoluca Bagarella, uno dei capi storici di Cosa Nostra, è diventato ufficialmente "povero". A dirlo è una sentenza del giudice del tribunale monocratico di palermo, Salvatore Flaccovio, che ha stabilito che nel 2004, quando Bagarella chiese il patrocinio gratuito, non disse il falso. Nè omicidi o stragi dunque, solo l'essere scagionato da un'accusa "più comune". Secondo la Procura, durante un processo nel 2004, pur avendo un reddito superiore ai 9000 euro previsti, avrebbe usufruito del gratuito patrocinio. Come il più povero degli imputati. Ulteriori approfondimenti nell'edizione cartacea del "Giornale di Sicilia".
Fonte: gds

sabato, febbraio 06, 2010

Chiesta la condanna a 5 anni

Palermo. Il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Palermo ha chiesto la condanna a 5 anni di carcere per l'ex assessore regionale alla Presidenza, David Costa (Udc), imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un'accusa dalla quale, il 19 dicembre del 2006, al termine del processo celebrato con rito abbreviato, il politico marsalese fu assolto dal giudice delle udienze preliminari di Palermo, Antonella Pappalardo, "perché il fatto non sussiste". Anche in primo grado, l'accusa (allora rappresentata dai pm Massimo Russo e Roberto Piscitello) aveva invocato la condanna a 5 anni di carcere. E, inoltre, la misura del divieto di soggiorno in provincia di Trapani per un anno al termine dell'espiazione della pena. David Costa era finito in carcere il 15 novembre del 2005. Ad arrestarlo, nella sua abitazione di Marsala, in esecuzione di un provvedimento firmato dal gip Giacomo Montalbano, furono polizia e guardia di finanza. Sempre per concorso in associazione mafiosa, nel 2004, Costa aveva ricevuto un avviso di garanzia. L'indagine a suo carico è collegata a quella denominata 'Progetto Peronospera', riguardante gli intrecci tra mafia e politica, a Marsala e nel trapanese.
Fonte: gds

Intimidazione a magistrato

MESSINA, 4 GEN - Quattro bossoli di una pistola calibro 6,35 sono stati trovati sotto casa del magistrato della Dda messinese Vito Di Giorgio. Il pm, a cui e' stato assegnato momentaneamente un servizio di sicurezza, ha condotto, fra l'altro, le indagini che hanno portato al sequestro di beni per un valore complessivo di 500 mila euro al presunto boss Pietro Nicola Mazzagatti. Il pm ha svolto indagini anche su reati contro la pubblica amministrazione.
Fonte: ANSA

La "pazza" sentenza della Cassazione

Palermo. "Una catastrofe, dai potenziali effetti devastanti. E per rimediare occorrerà un immediato intervento del legislatore". Non usa mezze misure, commentando i possibili effetti della sentenza della Cassazione sulla competenza della Corte d'assise nei reati di mafia, il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. "Non ne conosciamo ancora la motivazione - dice Ingroia – ma il dispositivo è già abbastanza chiaro. Noi abbiamo studiato le posizioni del Tribunale e della Corte d'assise di Catania, che si erano entrambi dichiarati incompetenti, e propendiamo per la tesi che confermerebbe la competenza a giudicare in capo ai Tribunali". Il vice di Francesco Messineo (che ha convocato una riunione ad hoc della Dda per lunedì 15 febbraio) sostiene che con il passaggio dei processi di mafia in assise si creerebbe un sovraccarico per le Corti e "si tradirebbe - aggiunge – lo spirito della legge, che vuole che i giudici popolari si occupino solo dei fatti di sangue e non di quelli associativi". "Se dovesse prevalere la tesi della competenza delle Corti d'assise - continua il pm palermitano - sarebbe una vera e propria catastrofe, perché la questione si potrebbe porre in ogni stato e grado del procedimento. Con effetti che vanno dal regresso del processo in primo grado alla cancellazione di sentenze nei dibattimenti quasi conclusi. E qui si tratta dei capi dell'associazione mafiosa. Altro che processo breve. Sarebbe molto peggio, e gli effetti si ripercuoterebbero nelle vicende di mafia"
Fonte: gds

3 assoluzioni

AGRIGENTO, 5 FEB -Assolti dalla Cassazione Fabrizio e Gianni Messina, fratelli del boss latitante Gerlandino, dall'accusa di associazione di stampo mafioso. I fratelli Messina erano stati arrestati nel 2003 nell'operazione antimafia Fortezza. Il processo e', invece, da rifare per altri 3 imputati: Giovanni Putrone, fratello del pentito Luigi, Stefano Fragapane e Giuseppe Bongiorno. Fabrizio Messina e' stato di nuovo arrestato venerdi' scorso per aver autorizzato l'assassinio di Giuseppe Monterosso.
Fonte: ANSA

Via di impedimento...

PALERMO - È stata rinviata al 25 febbraio l'udienza preliminare a carico dell'ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, imputato dalla Dda di Palermo di concorso in associazione mafiosa. L'udienza in cui si sarebbe dovuto decidere il rinvio a giudizio dell'ex governatore è slittata per l'impedimento dei difensori. Cuffaro il 23 gennaio, nell'ambito di un altro processo, è stato condannato dalla Corte d'appello di Palermo a 7 anni per favoreggiamento aggravato dall'aver agevolato la mafia.
05/02/2010
Fonte: La Sicilia

martedì, febbraio 02, 2010

Le parole di Ciancimino

Palermo, 1 feb.- Una ‘trattativa’ tra lo Stato e Cosa Nostra il cui frutto sarebbe stato un accordo in base al quale il boss Provenzano godeva di una sostanziale immunità. E della quale Virginio Rognoni e Nicola Mancino, entrambi esponenti della Dc e ministri rispettivamente della Difesa e dell'Interno nei primi anni '90, sarebbero stati i garanti. Sono queste alcune delle rivelazioni che Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco mafioso del capoluogo siciliano, ha fatto nella sua deposizione al processo a carico del Generale Mario Mori e del Colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra per la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano nell’ottobre del 1995. Rivelazioni che parlano anche di grandi investimenti di capitali a ‘Milano 2’ e di affari con i boss di mafia Salvatore e Antonino Buscemi e Franco Bonura.
“Avevo saputo da mio padre che Provenzano godeva di una sorta di 'immunità territoriale' che gli permetteva di muoversi liberamente” durante la sua latitanza “grazie a un accordo che anche mio padre aveva contribuito a stabilire. Un accordo che sarebbe stato stipulato fra il maggio 1992 e il dicembre dello stesso anno”. Grazie a questa immunità, "tra il '99 e il 2002 Provenzano venne più volte a casa nostra a Roma, vicino a Piazza di Spagna. Veniva quando voleva, senza appuntamenti. Tanto mio padre era agli arresti domiciliari".
Ma il racconto di Ciancimino jr, inizia dalla sua infanzia: “Ricordo che trascorrevamo insieme anche la villeggiatura, negli anni Settanta, quando io avevo 7-8 anni", ha detto ai pubblici ministeri Nino Di Matteo e Antonio Ingroia aggiungendo che "mio padre conosceva Bernardo Provenzano, che io continuo a chiamare 'ingegnere Lo Verde', da molto tempo, anche per il loro rapporto di vicinato. Erano entrambi di Corleone. Solo alla fine anni Ottanta, mentre ero dal barbiere, sfogliando una rivista, mi pare 'Epoca', vidi una sua foto e nella didascalia c'era scritto che si trattava del boss latitante Bernardo Provenzano. Chiesi a mio padre di quell'uomo. Mi rispose: stai attento al signor Lo Verde, da questa situazione non può salvarti nessuno".
Parlando della presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, che secondo Ciancimino avrebbe avuto tra i protagonisti lo stesso generale Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donna, il figlio dell'ex sindaco di Palermo ha riferito di alcuni incontri tra il padre Vito e il vicecomandante del Ros, che sarebbero avvenuti prima della strage di via d'Amelio, il 19 luglio 1992, nella quale furono uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta. Incontri che si sarebbero svolti solo dopo l'"autorizzazione" di Provenzano e di "un uomo dei servizi segreti", chiamato "signor Franco". Fu proprio il 'signor Franco' che fece avere allo stesso Ciancimino junior le condoglianze del boss Bernardo Provenzano per la morte del padre Vito. Ma alla domanda se conosce la sua dentità, ha risposto con un secco 'no'. "Mio padre stesso non mi ha mai detto chi era, ma so che è ancora in vita".
"Nella prima decade di giugno del 1992- dice il testimone - il capitano incontrò più volte mio padre, nella nostra casa romana di via San Sebastianello a Roma. Al primo incontro non era presente il suo superiore, l'allora colonnello Mario Mori. Quando De Donno se ne andò mio padre disse che l'incontro era andato bene e che c'era un margine per iniziare a trattare. Al terzo incontro c'era, invece, anche Mori. Siamo a metà di giugno del 1992”. Alla domanda del pm Antonino Di Matteo su quale fosse la proposta dei Carabinieri nella trattativa, Ciancimino junior ha risposto: ''in cambio di una resa incondizionata dei grossi latitanti, cioe' Provenzano e Riina, assicuravano un trattamento di favore verso i familiari dei detenuti e misure meno pesanti per i detenuti. Ma per mio padre i Carabinieri sbagliavano nel volere cercare un contatto con i vertici di Cosa nostra, con Riina in particolare. Diceva che era come mettere benzina nel radiatore di una macchina''. Massimo Ciancimino ha quindi parlato anche del cosiddetto 'papello', con le richieste di Cosa nostra allo Stato. ''Il 29 giugno 1992 presi dalle mani di Antonino Cina', il 'papello' davanti al bar Caflish di Mondello, a Palermo''.
Ricostruendo l'attività politico-mafiosa del padre, Ciancimino jr. ha quindi raccontato che aveva una sorta di 'linea rossa', cioè un numero di telefono "sempre a disposizione" per i boss e i politici, e di aver egli stesso fatto da tramite ricevendo o consegnando ‘pizzini’ a Provenzano.
Quanto agli appalti, continua, “mio padre aveva inventato una specie di sistema di spartizione. D'accordo con Bernardo Provenzano gli appalti venivano spartiti equamente tra tutti i partiti, in consiglio comunale, a seconda della loro rappresentatività”. Ma non tutto avveniva in Sicilia. Negli anni Settanta Vito Ciancimino avrebbe investito i proventi delle sue attività anche nel Nord Italia e all'estero, in Canada. In Italia, soprattutto dopo "le inchieste della Commissione antimafia" aveva deciso di "lasciare Palermo e di puntare sulle aree del Milanese". "Mio padre - ha detto ancora il teste - lavorava in quegli anni con i costruttori Nino Buscemi e Franco Bonura che lui chiamava 'i gemelli'. I due erano stati più volte soci di fatto di mio padre. E insieme investirono soldi anche in una grande realizzazione alla periferia di Milano, che è stata poi chiamata Milano 2". Sugli investimenti all'estero ha fatto i nomi di "Ciarrapico e Caltagirone, che gli consigliarono di puntare sul Canada".

Fonte: Adnkronos

Sequestri a Lentini

LENTINI (SIRACUSA), 1 FEB - Operazione della Dia di Catania: confiscati beni per 1,5 milioni a un boss, elemento di spicco della cosca Nardo di Lentini. L'uomo, Giuseppe Benvenuto, di 37 anni, e' stato arrestato nel 2005 e condannato a otto anni nel 2008 per associazione mafiosa. Secondo l'accusa era il referente a Franconfonte del clan Nardo, contrapposto a quello di Biagio Campailla, e ritenuto organico a Cosa nostra. La confisca riguarda beni gia' sottoposti a sequestro: tra i quali case e terreni.
Fonte: ANSA

Ergastolo per Tommaso Inzerillo

Palermo. La prima sezione della Corte d'assise di Palermo ha condannato all'ergastolo Tommaso Inzerillo, imputato di avere fatto uccidere due suoi parenti, assassinati negli Stati Uniti tra la fine del 1981 e gli inizi dell'82, per salvare se stesso. Il collegio presieduto da Salvatore Di Vitale, dopo cinque ore di camera di consiglio, ha accolto le richieste del pm Roberta Buzzolani. Inzerillo era rimasto in carcere per diciotto anni: fu scarcerato nel 2005, di nuovo arrestato l'anno dopo nell'ambito dell'operazione Gotha, in cui è stato condannato, é implicato anche nell'operazione Old Bridge, sui legami tra le cosche siciliane e italo-americane. Nel processo è stato giudicato per gli omicidi di uno zio, Antonino Inzerillo, e di un cugino, Pietro Inzerillo, fratello di Salvatore detto Totuccio, boss di Passo di Rigano (nella foto), eliminato a colpi di kalashnikov l'11 maggio del 1981. Molti degli Inzerillo scapparono negli Usa, per evitare di essere assassinati. Ma la caccia scatenata dai Corleonesi non si esaurì lì e proseguì oltreoceano: Tommaso avrebbe così tradito i parenti, per evitare di essere a sua volta ucciso. Pietro Inzerillo fu trovato nel bagagliaio di un'auto con una banconota da 5 dollari in bocca e due banconote da un dollaro sui genitali, davanti all'hotel Hilton Mont Laurel, nel New Jersey, il 18 gennaio 1982. Tre mesi prima, il 19 ottobre 1981, sempre nel New Jersey, era scomparso il cugino Antonino, col metodo della lupara bianca.
Fonte: gds

4 milioni di euro di sequestri

CATANIA, 2 FEB - Beni per circa 4 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia a presunti appartenenti a un clan mafioso. Immobili, terreni, automezzi, societa' e conti correnti sono stati sequestrati al clan Aparo-Trigila, che opera nella zona nord di Siracusa, in particolare nel comprensorio di Floridia. Il sequestro preventivo dei patrimoni ritenuti illecitamente accumulati fa seguito a un'operazione antimafia eseguita nei mesi scorsi dai carabinieri di Siracusa.
Fonte: ANSA

Bene confiscato diventa sportello per gli immigranti

PALERMO - Il prefetto di Palermo, Giancarlo Trevisone, ha comunicato ufficialmente alla provincia di Palermo l'avvenuta assegnazione all'Ente dell'appartamento di via Rosina Anselmi, 18 (parte alta di corso Calatifimi, zona Mezzomonreale) confiscato alla mafia. Il presidente della Provincia, Giovanni Avanti, attraverso l'assessorato alla Legalità, guidato dal vicepresidente, Pietro Alongi, ha richiesto i locali per ospitarvi lo sportello provinciale per l'immigrazione e i diritti umani. "È sempre un evento significativo - dice il presidente Avanti - la restituzione alla collettività di un bene sottratto alla criminalità mafiosa. Da un lato, infatti, si tolgono risorse economiche, acquisite in modo illecito, alla mafia, dall'altro si restituiscono questi beni ai cittadini. L'avvenuta assegnazione del bene premia anche le finalità particolarmente importanti per le quali il nostro Ente aveva chiesto l'acquisizione della struttura".
01/02/2010
Fonte: La Sicilia

Altro rinvio a giudizio per i Lo Piccolo

Palermo. Il gup di Palermo Lorenzo Matassa ha rinviato a giudizio i capimafia palermitani Salvatore e Sandro Lo Piccolo e il mafioso Damiano Mazzola per il sequestro e l'omicidio di Giampiero Tocco. Il processo è stato fissato per il prossimo 16 marzo davanti alla prima sezione della corte d'assise. Per la stessa vicenda saranno giudicati, in abbreviato, davanti al gup Matassa, i pentiti Salvatore Pulizzi e Francesco Briguglio. Tocco venne rapito dai mafiosi davanti alla figlia di sette anni. I mafiosi volevano "interrogarlo" sull'omicidio del figlio di un boss palermitano. Sospettato dai capimafia di essere stato l'autore del delitto, venne prelevato da falsi uomini delle forze dell'ordine, mentre era in auto con la bambina. Dopo essere stato trasportato in un casolare di campagna a Torretta, in provincia di Palermo, fu strangolato e il suo corpo sciolto nell'acido. La polizia ha fatto luce sull'omicidio, commesso nel gennaio del 2000, solo recentemente anche grazie alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. Il sequestro venne all'epoca "raccontato" dalla figlia della vittima con un disegno, che la piccola mostrò agli investigatori, nel quale venivano raffigurati i falsi agenti, con le divise e la paletta d'ordinanza, e le auto della polizia con i lampeggiatori accesi.
Fonte: gds

lunedì, febbraio 01, 2010

Solidarietà piena ai magistrati

Palermo. "Non taceremo e continueremo a manifestare la nostra preoccupazione per le riforme della giustizia in preparazione". Così Nino Di Matteo, presidente della Giunta dell'Anm del distretto di Palermo, ha concluso la conferenza stampa organizzata al termine della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Di Matteo, nel suo intervento, ha messo in luce le contraddizioni del cosiddetto disegno di legge sul processo breve rispetto alle altre iniziative legislative adottate dal Parlamento nel campo della giustizia. "Come si concilia l'esigenza di un processo celere - si è chiesto - ad esempio, con le norme che vietano al giudice di eliminare le prove superflue, che attribuiscono alla corte d'Assise la competenza sui reati di mafia e che impediscono l'acquisizione al dibattimento delle sentenze definitive?". Contraddizioni evidenti, secondo il magistrato, che ha anche messo in luce "l'intasamento dei tribunali che comporterebbe l'entrata in vigore del disegno di legge sul processo breve e la morte di processi per reati importantissimi determinata dalla nuova legge". "Siamo stanchi delle campagna di falsità che si dipinge come una massa di fannulloni", ha detto il segretario dell'Anm palermitana Vittorio Teresi che ha riferito i dati sull'Italia della Commissione Europea per l'Efficacia della Giustizia. Secondo lo studio, il nostro Paese è il terzo, in Europa, per capacità di smaltimento dei procedimenti civili e il primo per quelli penali. A ricordare il rischio di "desertificazione" che corrono le Procure siciliane è stato Fernando Asaro, componente della Giunta che ha elencato i dati delle carenze d'organico degli uffici inquirenti del distretto: Palermo è al primo posto con 16 pm in meno. Alla conferenza stampa hanno partecipato anche gli altri componenti della Giunta: Andrea Genna, Alessia Sinatra e Gaetano Scaduti. Quest'ultimo ha parlato degli effetti devastanti che l'entrata in vigore del processo breve avrebbe sulla materia civile. "Il giudice - ha detto - a Palermo sarebbe obbligato a trattare una media di 75-100 processi a udienza".
Fonte: gds

L'opinione di Ciancimino jr

Palermo, 30 gen. - "Durante tutte le dichiarazioni, oggi frutto di numerose inchieste, il mio ruolo, purtroppo ancora anomalo per tanti, di 'semplice dichiarante' è stato non facile, ma sicuramente sempre scevro da 'secondi fini', come quelli ipotizzati nell'articolo'' pubblicato nell'ultimo numero del settimanale 'Panorama'.
Lo scrive in una nota Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo 'don' Vito che lunedì sarà ascoltato a Palermo nell'ambito del processo Mori. "L'unico vero intento - prosegue Ciancimino - non è altro che quello di poter essere un giorno apprezzato per le difficili scelte recentemente fatte, dal mio unico figlio VitoAndrea. Trovo altresì molto squallido il tentativo di certa stampa di voler cercare di delegittimare anche questo mio, spero momentaneo già di per sé difficile ruolo, allorquando anche questo avviene attraverso l'uso di notizie prive di ogni dovuto supporto e dai toni strettamente confidenziali da me mai autorizzati all'autore''.
''Capisco le molte "ragioni editoriali " e i motivi che possano indurre simili scelte, ma nel pieno rispetto del diritto di stampa, non mi sono mai sottratto a nessun tipo di approfondimento o confronto giornalistico di qualsiasi provenienza o "orientamento" esso venisse, anzi subendone spesso molte e forse anche giuste critiche".
"Continuerò ad essere a disposizione per qualsiasi chiarimento in merito, anche se credo che simili giudizi su 'eventuali calcoli' all'origine della mia scelta, spettino a chi, oggi sicuramente non pochi, avranno il dovere di accertare - prosegue Ciancimino junior - Rinnovando la mia sentita stima, sia al settimanale 'Panorama', primo ad aver dato fiducia e anche voce a i miei racconti dando di fatto impulsi a tante delicate inchieste, sia al giornalista autore dell'articolo in questione, ma invitando altresì gli stessi a un uso più attento delle loro fonti, valutandone anche l'opportunità anche alla vigilia di delicate udienze che mi vedranno deporre in aula, per poter assicurare la giusta informazione sull'accertamento reale dei fatti accaduti".

Fonte: adnkronos

Sequestro a Assinnata

Catania. Il "Ranch Rita" con relativo maneggio di cavalli e un'auto sono stati sequestrati a Paternò, in provincia di Catania, dalla Guardia di finanza a presunti prestanome del boss Domenico Filippo Assinnata, 58 anni, indicato dagli inquirenti come capomafia nella zona di Paternò e Bronte. Assinnata, noto negli ambienti della mala etnea come "Mimmu u' catanisi", era stato per ultimo arrestato due anni fa nell'ambito dell'operazione "Padrini" ed è ancora detenuto con l'accusa di associazione mafiosa. Proprio in occasione del blitz del 2008, il "Ranch Rita" era stato sequestrato agli Assinnata ma subito dissequestrato. Ora, il nuovo provvedimento.
Fonte: gds

Lipera, la vecchia volpe...

Catania. La terza Corte d'assise d'appello di Catania, presieduta da Francesco Virardi, ha sospeso il processo per duplice omicidio a Antonino Santapaola, fratello del boss Benedetto, perché non in grado di partecipare in maniera cosciente al procedimento perché affetto da schizofrenia paranoidea, e nominato il legale dell'imputato, l'avvocato Giuseppe Lipera, suo curatore speciale. In primo grado, dopo un contenzioso tra periti, Antonino Santapaola fu riconosciuto, invece, in grado di intendere e volere, riconosciuto colpevole e condannato all'ergastolo. La Corte d'assise d'appello ha disposto una nuova perizia medica sull'imputato. L'avvocato Lipera ha annunciato che tornerà a chiedere il trasferimento di Antonino Santapaola dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia in un'altra struttura medica per fare curare al meglio il suo assistito.
Fonte: gds

I pizzini di Ciancimino

Palermo, 29 gen. - Le verita' di Vito Ciancimino, contenute nei 'pizzini' scritti di sua mano, sono consultabili on-line, sul sito www.livesicilia.it. Gli omicidi La Torre, Dalla Chiesa e Mattarella. I rapporti con Salvo Lima, Andreotti, col finanziere Gaetano Caltagirone e con i cugini Nino e Ignazio Salvo di Salemi. Il consociativismo nel 'sacco' di Palermo e le giunte comunali Piraino, Martellucci, Pucci, Insalaco e Orlando. La collaborazione con i carabinieri del Ros e gli appunti dal carcere.
Vito Ciancimino, ex sindaco e assessore di Palermo, condannato per mafia e morto nel 2002, ha raccolto questi appunti che sarebbero andati a comporre un libro, 'Le mafie', da consegnare in eredita' alle future generazioni della famiglia Ciancimino. Per dimostrare che il suo operato era inserito in un sistema fatto di corruzione e collusione con la mafia
Fonte: Adnkronos

Restano in carcere

SOMMATINO (CALTANISSETTA) - Restano in carcere Calogero Ferrara e Salvatore Lombardo, di Sommatino, arrestati nel blitz "Nuovo mandamento" del 28 dicembre scorso. Secondo gli investigatori, il gruppo stava progettando una serie di omicidi per accreditarsi come la nuova cosca egemone della zona a cavallo dei comuni di San Cataldo, Sommatino e Caltanissetta. Per il Tribunale del Riesame a carico dei due non sarebbero venute meno le esigenze cautelari.
31/01/2010
Fonte: La Sicilia

Arresti nel Varesotto...

MILANO, 29 GEN - Arrestate 9 persone responsabili dell'omicidio di Giuseppe Monterosso, avvenuto il 6 maggio scorso a Cavaria con Premezzo (Varese). Le indagini della Squadra mobile di Como hanno accertato che i responsabili del delitto appartenevano ad un'associazione di stampo mafioso, legati alla cosiddetta famiglia Albanese-Messina di Porto Empledocle (Agrigento). Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite nella provincia di Agrigento e nella provincia di Como.
Fonte: ANSA