
PALERMO - I carabinieri hanno arrestato otto persone, in diverse città, accusate di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, peculato, accesso abusivo in sistemi informatici giudiziari e rivelazione di segreti d'ufficio. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale di Palermo, Roberto Conti, su richiesta del procuratore Francesco Messineo, dell'aggiunto Roberto Scarpinato e del sostituto della Dda, Paolo Guido.
L'inchiesta, che vede coinvolti professionisti, medici, imprenditori, boss e alcuni iscritti a logge massoniche, è stata condotta dai carabinieri dei comandi provinciali di Trapani e Agrigento. L'operazione, per la quale sono in corso decine di perquisizioni, è stata denominata "Hiram" e vede impegnati anche i carabinieri, non solo di Agrigento e Trapani, ma anche quelli di Palermo, Roma e Terni.
Dall'inchiesta emerge che boss mafiosi, grazie all'aiuto di persone appartenenti a logge massoniche, avrebbero ottenuto di ritardare l'iter giudiziario di alcuni processi in cui erano imputati affiliati a cosche di Trapani e Agrigento.
Le indagini che hanno portato alla scoperta dei presunti intrecci fra boss e massoni diretti a ritardare i processi di alcuni affiliati alle cosche mafiose, sono state avviate dai carabinieri nel 2006. 'Hiram', coordinata dalla procura di Palermo, è stata coperta dal massimo riserbo, e ha preso il via da accertamenti svolti sulle famiglie mafiose di Mazara del Vallo e Castelvetrano, in provincia di Trapani.
L'inchiesta ha messo in luce un gruppo di persone, alcune legate dall'appartenenza a logge massoniche, che per l'accusa avrebbero dunque ritardato, dietro pagamento di tangenti, l'iter processuale di alcuni affiliati a Cosa nostra. Oltre alle perquisizioni, che sono ancora in corso, controlli vengono svolti anche su conti correnti bancari intestati agli indagati.
Fra le persone arrestate stamani dai carabinieri, su ordine del gip, vi sono un'agente della polizia, un ginecologo di Palermo, imprenditori di Agrigento e Trapani, un impiegato del ministero della Giustizia in servizio ad una cancelleria della Cassazione e un faccendiere originario di Orvieto. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, peculato, accesso abusivo in sistemi informatici giudiziari e rivelazione di segreti d'ufficio.
I pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo hanno inviato un avviso di garanzia anche a un sacerdote, gesuita, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L'avviso è stato notificato stamani dai carabinieri al religioso che vive a Roma. La sua abitazione, e gli uffici che si trovano nel centro della Capitale, sono stati perquisiti.
Il sacerdote è padre Ferruccio Romanin. Al gesuita, al quale è stato notificato un avviso di garanzia, secondo l'accusa sarebbero state fatte scrivere lettere dal faccendiere, Rodolfo Grancini, "previo agamento da parte di Michele Accomando", per "raccomandare alcuni imputati di mafia". Il peso e l'autorevolezza del sacerdote che apponeva la sua firma alle lettere inviate ai magistrati, per l'accusa avrebbero influito sull'esito dei ricorsi giurisdizionali proposti a diverse autorità giudiziarie. Padre Romanin avrebbe anche scritto una lettera a un giudice che doveva decidere sugli arresti domiciliari chiesti da Epifanio Agate, figlio del capomafia di Trapani, Mariano e per Dario Gancitano, genero di Accomando, imputati entrambi davanti ai giudici del tribunale di Reggio Calabria.
17/06/2008
Fonte: La Sicilia