martedì, gennaio 20, 2009

Colpo al clan dei "Madonia"

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CALTANISSETTA - Gli affari illegali gestiti dalla famiglia mafiosa dei Madonia di Caltanissetta e le estorsioni imposte alle imprese di una vasta zona della Sicilia sono al centro dell'indagine che questa mattina ha portato i carabinieri del Reparto operativo di Caltanissetta e del Raggruppamento operativo speciale ad eseguire 24 ordini di custodia cautelare. Tra gli indagati, si apprende da fonti giudiziarie, ci sarebbe il presidente della Provincia di Caltanissetta, Giuseppe Federico (Mpa), che è anche deputato regionale, è indagato per voto di scambio nell'inchiesta sul clan dei Madonia. Federico sarebbe accusato di avere chiesto ed ottenuto l'appoggio della cosca mafiosa. Dalle intercettazioni sarebbe emerso che i mafiosi facevano campagna elettorale per lui nelle elezioni regionali del 2006. Il clan, retto da Carmelo Barbieri, arrestato nell'operazione "Atlantide-Mercurio", era interessato alla gestione del patrimonio illecito accumulato dalla famiglia, reinvestito in due società nissene che operano nel settore delle scommesse sportive a Gela e a Niscemi. Entrambe, intestate a prestanome, sono state sequestrate stamani su ordine del gip Andrea Fiore. Il giudice ha inoltre disposto il sequestro preventivo di un'azienda per la produzione di calcestruzzo, tutti i beni hanno un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro. Dall'inchiesta è emerso, inoltre, che le autorizzazioni all'esercizio dell'attività sono state ottenute tramite l'intervento, presso l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, da Antonio Padovani, 57 anni, di Sant'Agata Li Battiati (Catania), imprenditore noto nel settore. L'uomo è stato arrestato stamani dai militari dell'Arma. Il clan dei Madonia imponeva il racket a diverse imprese che lavoravano nel Nisseno. Dall'indagine emerge un'estorsione imposta a un consorzio temporaneo di imprese di Paternò (Catania), impegnato nei lavori di realizzazione di un parcheggio all'ospedale di Gela. La riscossione della "messa a posto" era stata intermediata da Vincenzo Salvatore Rapisarda, indagato in questa inchiesta, che è figlio di un noto esponente di vertice del clan Laudani di Catania. Secondo l'accusa Rapisarda agiva per conto di Barbieri e Marcello Sultano, quest'ultimo già rappresentante della stidda gelese e attualmente collaboratore di giustizia. L'impresa catanese, oltre a pagare il pizzo, sarebbe stata anche costretta a rifornirsi di calcestruzzo per la realizzazione del parcheggio a Gela dalla ditta di Gianfranco Sanzone (sottoposta a sequestro preventivo), la quale provvedeva alla riscossione del pizzo, anche con il sistema della sovrafatturazione. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale su richiesta del procuratore della Repubblica, Sergio Lari, e dei sostituti della Direzione distrettuale antimafia, Nicolò Marino e Antonino Patti. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza mediante violenza e minaccia. I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti a Gela e Niscemi, in provincia di Caltanissetta, Ravenna, Catania, San Giovanni Galermo, Sant'Agata Li Battiati, Paternò, tutte nel Catanese, e Casteldaccia, in provincia di Palermo. Nell'operazione sono impegnati un centinaio di militari. Il clan dei Madonia fa capo al boss Giuseppe "Piddu" Madonia, detenuto da tempo e condannato definitivamente per mafia. Il boss, nonostante il 41 bis al quale era sottoposto in carcere, continuava a impartire le proprie disposizioni al clan. "Piddu", attraverso i colloqui in carcere con i propri familiari, riusciva a trasmettere all'esterno del carcere gli ordini agli affiliati alla cosca, violando così il duro regime carcerario al quale è sottoposto. Un ruolo di particolare rilievo nella catena di trasmissione delle direttive all'organizzazione mafiosa era affidato alla sorella del capomafia, Maria Stella Madonia, 72 anni, già condannata per mafia, arrestata stamani e posta ai domiciliari. Con lei è stato arrestato anche il marito, Giuseppe Lombardo, 75 anni, accusato di tenere i rapporti con il reggente operativo della famiglia, Carmelo Barbieri, arrestato anche lui. L'inchiesta punta alle dinamiche criminali di Cosa nostra nella provincia nissena e rappresenta un proseguimento di operazioni condotte alcuni anni fa, con le quali si erano già colpiti gli esponenti di vertice della famiglia Madonia e delle altre cosche dell'area denominata del "Vallone".
19/01/2009

Fonte: La Sicilia

1 commento:

Anonimo ha detto...

fin quando per i politici, il voto sara la cosa piu inportante, esistera la mafia . tutti i partiti sono collusi. juan