martedì, settembre 09, 2008

Chiara e diretta come sempre...

(05/09/2008) - "Ivan Lo Bello riferisca in conferenza i nomi degli espulsi da Confindustria Sicilia ed i motivi per i quali sono stati allontanati". E' questo l'invito rivolto dalla presidentessa dell'Associazione Nazionale Familiari delle Vittime di Mafia, Sonia Alfano al presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, dopo che ieri sera si è diffusa la notizia che le espulsioni, ufficialmente operate per incompatibilità con il codice etico confindustriale e quindi applicate nei confronti di quegli imprenditori che non hanno denunciato i propri estortori. "Da tempo l'operazione di Confindustria Sicilia - ha proseuito Sonia Alfano - fa sorgere qualche perplessità sulla buona fede del progetto dato che all'interno dell'associazione sono presenti imprenditori in affari con famiglie mafiose e che mai hanno subito un qualche procedimento da parte di Confindustria. Come dire; non puoi pagare il pizzo alla mafia ma puoi fare affari milionari con loro. Se i sospetti avanzati di recente da alcuni confindustriali si rivelassero fondati, Lo Bello sarebbe responsabile di un danno catastrofico nei confronti della lotta alla mafia che, per colpa di queste mosse da marketing antimafia, subirebbe una perdita di credibilità generale e di fiducia da parte di cittadinanza e tessuto economico. A questo punto - ha concluso il presidente - l'unico atto da fare è riferire i nomi degli espulsi ed i motivi del loro allontanamento e, se Lo Bello vuole salvaguardare quel minimo di credibilità che resta, sbattere fuori all'istante e pubblicamente, gli imprenditori in affari con le famiglie mafiose. Potrebbe cominciare con l'allontanamento di Ettore Artioli, in affari con la famiglia Bontade, per poi proseguire con la pletore di colletti bianchi che assediano la Confindustria Sicilia. Il tempo dei proclami è finito. Lo Bello agisca adesso o la smetta per sempre di danneggiare la credibilità della lotta alla mafia".
Fonte: Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia

Giusto...

VITTORIA (RAGUSA) - Ha denunciato di essere vittima del racket delle estorsioni e, come prevede il regolamento del comune di Vittoria (Ragusa), sarà esentato dal pagamento dei tributi locali. L'imprenditore, che opera nel settore alimentare, è stato segnalato all'amministrazione dall'associazione antiracket. Il regolamento del comune prevede la revoca delle concessioni per chi si piega al pizzo e incentivi di tipo fiscale e tributario per chi denuncia e collabora con le forze dell'ordine. "La denuncia dell'operatore commerciale - dice il sindaco Giuseppe Nicosia - dimostra che la sensibilità, su temi spinosi come quello dell'antiracket, sta cambiando e che la via intrapresa da questa amministrazione è quella giusta".
08/09/2008
Fonte: La Sicilia

lunedì, settembre 08, 2008

La risposta del Bellini...

CATANIA - "Incontreremo quei cento ragazzi e le loro famiglie, la paura non va criminalizzata ma aiutata e vinta" afferma il sovrintendente del Bellini di Catania, Antonio Fiumefreddo, dopo le polemiche sulla defezione di un centinaio di giovani ballerini, per il divieto imposto dai genitori, alla manifestazione antimafia 'Dance attack' di ieri."Le istituzioni devono tendere la mano e non devono criminalizzare - osserva Fiumefreddo - per questo ho deciso che nei prossimi giorni, appena sarà possibile e appena riusciremo ad invitare tutti i ragazzi, mi recherò nella scuola di danza per incontrarli e per avere un colloquio franco e diretto che incoraggi loro e i loro genitori".
08/09/2008
Fonte: La Sicilia

domenica, settembre 07, 2008

Le famiglie idiote...

CATANIA - A cento giovani ballerini tra i 14 e i 18 anni è stato impedito dalle famiglie di partecipare al "dance attack" antimafia promosso dal teatro Vincenzo Bellini di Catania, che si terrà nel pomeriggio in piazza Palestro. lo rende noto l'Ente. Durante gli ultimi preparativi, mentre lo staff del teatro distribuiva le t-shirt con il logo antimafia "Arte nostra', coniato per l'occasione dal Bellini, si legge in un comunicato, un centinaio di ballerini non si sono presentati all'appuntamento, pur avendo precedentemente garantito la loro adesione. Per qualche ora la vicenda ha avuto i contorni di un giallo. Poi il chiarimento. Alcuni di loro, in lacrime, ricostruiscono dal Bellini, hanno raccontato di aver ricevuto il divieto da parte dei genitori a partecipare alla manifestazione. A scatenare la reazione delle famiglie sarebbe stato proprio il logo antimafia 'Arte nostra', che per i promotori è un "manifesto di impegno sociale a favore della legalità". Il teatro aveva lanciato nei giorni scorsi un appello alla mobilitazione pacifica, invitando per oggi alle 17 i giovani della città a ballare in piazza Palestro, in un quartiere simbolo di disagio sociale, protagonista in passato di drammatiche vicende criminali, per una maratona musicale di oltre 4 ore.
07/09/2008
Fonte: La Sicilia

sabato, settembre 06, 2008

Mah...

PALERMO - "Le espulsioni ci sono state. Sono concentrate su Agrigento e Caltanissetta e riguardano un mix di infrazioni a regole previste dal nostro codice etico". Lo conferma Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia dal settembre 2006 che ha ideato la nuova regola : "Gli imprenditori che non denunciano il racket delle estorsioni saranno espulsi".

Lo Bello tre giorni fa aveva fatto un primo resoconto dell'attività di Confindustria nel campo della lotta al racket e alla illegalità annunciando dieci espulsioni, 30 sospensioni per un totale di 51 provvedimenti al vaglio delle varie sedi di Confidustria in Sicilia. Alcuni esponenti degli industriali hanno chiesto di sapere i nomi di questi associati sostenendo che non risultano espulsioni per "mancata denuncia di estorsioni".

Lo Bello dice: "Sono curioso di capire come esponenti di alcune sedi possano sapere di vicende che riguardano altri territori. Anche i trenta sospesi sono prevalentemente ad Agrigento e Caltanissetta".

E aggiunge: "Non mi risultata alcuna richiesta. Il presidente palermitano di Confindustria mi ha invitato al consiglio direttivo per fare una disamina delle strategie perchè ci apprestamo al rinnovo della presidenza regionale. Parleremo di tutto naturalmente anche dei temi della legalità.

"Noto che c'è - prosegue - una eccessiva amplificazione di una normale dialettica interna. Ci son delle diversità di vedute con la sezione catanese con cui si discute. Ma complessivamente abbiamo una concordanza di pensiero sulle azioni di Confindustria in tema di lotta alla mafia".

"Sono disponibile ad un nuovo mandato per la presidenza di Confindustria Sicilia. Non ci sono autocandidature ma la proposta deve venire dagli associati. Normalmente una presidenza dura al massimo 4 anni: il presidente viene eletto per due mandati da due anni".

Il mandato del presidente dovrebbe scadere a fine settembre e già sono in corso gli appuntamenti all'interno di Confindustria per giungere all' elezione. Nell'aprile scorso Lo Bello è stato anche eletto presidente del Banco di Sicilia.

05/09/2008
Fonte: La Sicilia

Danzare contro la mafia...

CATANIA - Un "dance attack" per dire no a tutte le mafie. Un happening con mille giovani ballerini che, per la prima volta, scendono assieme in strada ad invadere pacificamente le piazze di Catania. È l'iniziativa del teatro massimo 'Vincenzi Bellini' che inaugura un ciclo di eventi artistici con il marchio 'Arte Nostra', che per i promotori è un "manifesto di impegno sociale e civile che dal teatro arriva nella città, tra la gente, in nome della lotta all'illegalità". Alla dance attack saranno presenti l'attrice Martina Colombari e il sovrintendente del teatro, Antonio Fiumefreddo.

06/09/2008
Fonte: La Sicilia

giovedì, settembre 04, 2008

Crocetta alla commemorazione di Dalla Chiesa

PALERMO - Indicato ieri da Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, come l'esempio da seguire a cui i sindaci dovrebbero ispirarsi per la lotta contro la mafia e il racket delle estorsioni, Rosario Crocetta, primo cittadino di Gela, osserva che "se io continuo a fare notizia perchè dico che bisogna combattere i mafiosi, significa che questo nell'Isola non è il normale adempimento degli amministratori".Intervenuto alla commemorazione di Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente di scorta Domenico Russo, Crocetta ha spiegato che "ci sono amministratori che guardano con terrore all'arrivo delle informative antimafia sulle imprese, perchè temono il blocco gli appalti; noi, a Gela, dove ben 90 imprenditori hanno denunciato le richieste di pizzo, anche grazie al nostro incoraggiamento, la certificazione antimafia la vogliamo alla presentazione dell'offerta"."Ricordo - dice Crocetta - un episodio significativo: chiesi all'ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, quando era in carica, di bloccare alcuni appalti e la gestione dei dissalatori di Trapani e Gela all'ex presidente di Confindustria Caltanissetta, Pietro Di Vincenzo, a cui sono stati ora confiscati i beni. Non se ne fece niente"."Sono stanco - conclude - di amministrazioni che firmano protocolli di legalità: l'antimafia non è una formalità ma una questione di sostanza".
03/09/2008
Fonte: La Sicilia

mercoledì, settembre 03, 2008

Anniversario Dalla Chiesa... Cosa c'entra Fini...

PALERMO - Le cerimonie per commemorare il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo, uccisi 26 anni fa in un agguato,
 sono iniziate stamani a Palermo con la deposizione di una corona di fiori nella caserma dei carabinieri in cui ha sede il Comando regione carabinieri "Sicilia". Il generale Arturo Esposito, accompagnato dagli ufficiali del comando provinciale di Palermo, ha deposto la corona, ed ha ricordato in un beve discorso la figura e l'esempio del generale assassinato dalla mafia.

"A ventisei anni dall'agguato di via Carini a Palermo, ricordo con immutata commozione il Prefetto Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la giovane moglie Emanuela Setti Carraro e il coraggioso agente di scorta Domenico Russo, vittime di un barbaro atto di violenza eversiva che intendeva affermare il predominio del potere criminale mafioso sulle leggi dello Stato e minare le basi della civile convivenza". È quanto scrive il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato al Prefetto di Palermo,  Giancarlo Trevisone.

"Il tremendo e vile attentato - sottolinea il capo dello Stato - colpì un servitore dello Stato che, per la sua profonda adesione ai valori della Costituzione e per il rigoroso impegno civile e morale nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, ha costituito un essenziale punto di riferimento per l'intera comunità nazionale e, in particolare, per tutti coloro che avevano potuto quotidianamente apprezzarne la ferrea determinazione e la capacità di adottare innovativi metodi di investigazione. L'impegno delle istituzioni e la reazione della società civile hanno permesso di ottenere significativi successi nella lotta alle organizzazioni mafiose: quell'impegno e quella reazione devono continuare con pari intensità, traendo forza dall'esempio e dalla memoria di quanti hanno saputo servire gli interessi della collettività fino al sacrificio della vita".

L'esempio del gen. Dalla Chiesa fornisce un "insegnamento prezioso" per affermare la legalità: lo dice il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, nel messaggio al Prefetto di Palermo.
"Mi unisco a voi - scrive Fini - nel commosso ricordo delle vittime di un eccidio che ha segnato profondamente la storia repubblicana, rimanendo nella memoria degli italiani come uno dei momenti più tragici e dolorosi nella lotta condotta dallo Stato e dalla società civile contro la mafia e contro tutte le forme del crimine organizzato".

"I miei sentimenti vanno all'uomo straordinario che ha pagato con la vita la dedizione nello Stato, ma anche a quanto questo Stato ha fatto fino ad oggi, penso ad esempio ai pericolosi latitanti arrestati". Queste le riflessioni del capo della polizia, prefetto Antonio Manganelli. "I miei pensieri sono quelli di un investigatore - ha proseguito Manganelli - che ha messo le proprie mani nel fango della mafia. Ma il sacrificio non è stato vano e questo mi stimola sempre più ad essere, oggi da capo della polizia, al fianco di chi combatte ancora questa dura battaglia".

03/09/2008
Fonte: La Sicilia

martedì, settembre 02, 2008

10 espulsioni...

PALERMO - Sono 10 gli imprenditori espulsi da Confindustria in Sicilia da quando l'associazione, il 1 settembre di un anno fa, ha dichiarato guerra al racket delle estorsioni. Altri 30 associati sono sospesi e potrebbero essere espulsi, mentre sono in totale 51 i provvedimenti al vaglio dei probiviri di Confindustria nell'Isola. Il bilancio è stato fatto in conferenza stampa a Palermo dal presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, ad un anno esatto dalla battaglia di legalità intrapresa dagli industriali, dopo le minacce e le intimidazioni ai danni del catanese Andrea Vecchio e di Marco Venturi, presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta. Sono in totale 64 invece gli industriali, vittime del racket, che hanno denunciato i propri aguzzini e che stanno collaborando con le forze dell'ordine e con la magistratura. Lo Bello ha rivelato che "prima del 1 settembre dell'anno scorso erano soltanto due gli imprenditori vittime del pizzo che avevano deciso di collaborare con la giustizia". Tra i dieci industriali ormai fuori dall'associazione, qualcuno ha preferito allontanarsi per evitare l'espulsione, come prevede il codice etico, adottato da Confindustria in Sicilia, per chi non denuncia le richieste del racket delle estorsioni. "Perchè essere espulsi - ha detto Lo Bello - significa essere esposti alla gogna pubblica". A fianco a Lo Bello c'erano i presidenti di alcune delle nove associazioni territoriali, tra cui Antonello Montante (Caltanissetta), Giuseppe Catanzaro (Agrigento), Nino Salerno (Palermo), Davide Durante (Trapani) e Ivo Blandina (Messina). Sono soprattutto gli industriali di Caltanissetta e di Agrigento quelli che hanno intrapreso con fermezza la linea della denuncia. Ben 40 imprenditori, dei 64 che stanno collaborando, operano nelle due province. È Gela, con il sindaco Rosario Crocetta in prima linea contro la mafia e il racket delle estorsioni, il modello che il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, indica "a tanti sindaci la cui azione non è altrettanto incisiva". In conferenza stampa a Palermo, Lo Bello ha invitato i sindaci a impegnare contro Cosa nostra, ripercorrendo le orme di Crocetta. "A Gela - ha sostenuto Lo Bello - Crocetta non fa antimafia di bandiera, ma adotta azioni concrete contro le organizzazioni criminali, basti pensare alle misure sugli appalti o all'azione che sta conducendo a fianco dell'Eni, che attraversa una fase difficile per via delle grandi infiltrazioni mafiose". Non volendo entrare nel merito di quanto hanno fatto nella lotta al pizzo i sindaci delle grandi città, come Palermo e Catania, Lo Bello ha precisato che "non vogliamo criticare le amministrazioni, ma vogliamo portarle nel terreno dell'impegno costante, a fianco delle associazione antiracket, della magistratura e delle forze dell'ordine che svolgono un lavoro quotidiano sul territorio". Dopo la lotta al pizzo Confindustria in Sicilia si prepara ad aprire una nuova stagione, volgendo l'attenzione verso quella che definisce la "zona grigia", l'intreccio tra burocrazia e imprenditori collusi con la mafia. "Siamo consapevoli - ha detto Lo Bello - che oggi dobbiamo fare un passo in avanti, di qualità. Il secondo pilastro della nostra azione sarà la collaborazione con i magistrati e le forze dell'ordine sul versante della lotta al riciclaggio e all'aggressione dei patrimoni degli imprenditori collusi con la mafia. Questa seconda frontiera ci terrà impegnati in modo forte''. Oltre all'immagine legata all'impegno sociale, la battaglia contro il pizzo ha portato vantaggi a Confindustria anche in termini di iscritti. "Gli imprenditori vogliano associarsi perchè si sentono più protetti - ha detto Lo Bello in conferenza stampa a Palermo - Oggi è più difficile chiedere il pizzo a un industriale. Sono decine le richieste che abbiamo ricevuto, ma le valutiamo attentamente". Sono ottanta le nuove imprese iscritte a Caltanissetta e ad Agrigento. "Oggi Libero Grassi non sarebbe più solo, soli sono gli industriali e i commercianti che non denunciano il pizzo. A loro lancio un appello: ribellatevi". Dei circa tre mila imprenditori aderenti a Confindustria in Sicilia sono al momento 64 quelli che, vittime del racket, collaborano con magistratura e forze dell'ordine dopo aver denunciato le richieste del pizzo: circa il 2%. Soltanto due a Palermo. A Trapani e a Messina l'associazione chiede agli associati il certificato antimafia. "Ci aspettiamo maggiori risultati dalle associazioni di Palermo e di Messina", ha aggiunto Lo Bello.
02/09/2008
Fonte: La Sicilia

Sequestri per il figlio del boss Spera...

PALERMO - La Direzione investigativa antimafia di Palermo ha confiscato beni immobili, imprese e rapporti bancari per un valore di oltre tre milioni di euro, nei confronti Giovanni Spera, 48 anni, accusato di mafia e figlio del boss Benedetto Spera, detenuto, ritenuto il capomafia di Belmonte Mezzagno, uomo di fiducia di Bernardo Provenzano.
Il provvedimento, emesso dai giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, su proposta del procuratore della Repubblica di Termini Imerese, ha interessato beni situati in due comuni della provincia di Palermo ed in altrettante cittadine della provincia dell'Aquila. I giudici hanno anche ordinato l'applicazione, a carico di Spera, della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno, per la durata di tre anni.
La confisca dei beni eseguita dalla Dia di Palermo non ha riguardato solo l'imprenditore Giovanni Spera, figlio del capomafia di Belmonte Mezzagno, Benedetto Spera, ma anche alcuni suoi familiari e persone a lui legate. I giudici hanno confiscato quattro appezzamenti di terreno in provincia di Palermo e dell'Aquila; due appartamenti a Palermo, ed uno ad Avezzano (Aquila); l'intero capitale sociale, nonchè i beni aziendali della Calcestruzzi Santa Rita snc, con sede a Belmonte Mezzagno; vari conti correnti bancari intrattenuti presso la filiale del Banco di Sicilia di Belmonte Mezzagno ed un deposito a risparmio nominativo della filiale di Capistrello (Aquila) della Banca Popolare della Marsica.
Giovanni Spera è ritenuto socialmente pericoloso in quanto inserito in Cosa nostra, nell'ambito della quale riveste un ruolo di assoluta preminenza. Nel 1994 Giovanni Spera si trasferì in Abruzzo, nella provincia dell'Aquila, allo scopo di sottrarsi ad una sanguinosa faida che, a partire dal luglio 1991, si era scatenata tra la famiglia di appartenenza e fazioni contrapposte. Nel luglio 1999, a conclusione di indagini svolte dalla Dia di Palermo, Giovanni Spera venne arrestato per associazione mafiosa. In seguito è stato condannato in Appello a cinque anni di reclusione.
02/09/2008
Fonte: La Sicilia