lunedì, settembre 24, 2007

Ricordando Spagnolo

Nella Sicilia degli anni '50, non erano pochi i contadini che restavano a dormire in aperta campagna, sopra un giaciglio di paglia e sotto un tetto di stelle. In questa loro scelta non c'era nulla di romantico, ma la dura necessità di lavorare fino al calar del sole e di riprendere a farlo alle prime luci dell'alba. Senza la perdita di tempo di lunghi e faticosi viaggi a dorso di mulo, dalla casa alla campagna e dalla campagna alla casa. Fece così, la sera del 3 agosto 1955, Giuseppe Spagnolo di Cattolica Eraclea, in provincia di Agrigento. Decise, cioè di restare a dormire sotto le stelle del suo piccolo podere di contrada "Bissana", tra Cattolica e Cianciana. «Così, domattina, comincio a lavorare presto…», avrà detto tra sé e sé. Ma Spagnolo non si sarebbe mai più alzato dal suo giaciglio e non sarebbe mai più ritornato a casa. Infatti, mentre dormiva, quattro killer della mafia, armati fino ai denti, lo colpirono con numerosi colpi di lupara, che lo fecero passare dal sonno alla morte. «Impensierita del suo ritardo – avrebbe raccontato la moglie, Filippa Guadagna, ai carabinieri la sera del 14 agosto 1955 – pensai di raggiungerlo in campagna. Temendo che avesse potuto ricevere qualche calcio dalla giumenta, mi avviai da sola a piedi. Nei pressi di "Monte Sara" mi raggiunse con la mula mio figlio Liborio e da lì raggiungemmo il nostro terreno a "Bissana". Giunti sul posto, potei scorgere, distesa sulla ristoppia, la nostra bisaccia sotto la quale, immerso nel sangue, giaceva esanime il corpo di mio marito, colpito in più punti da colpi di arma da fuoco... Con l'aiuto di mio figlio lo caricai sulla mula trasportandolo in casa». «Dietro l'omicidio di mio marito – denunciò coraggiosamente la vedova – si nascondono dei mandanti. Mio marito era presidente della cooperativa "La Proletaria" ed inoltre segretario della Camera del Lavoro. A causa dell'attività sindacale svolta per l'assegnazione delle terre ai contadini, gli interessi di gabelloti, campieri e mafiosi furono lesi». E decisero di levarselo di torno. Come avevano fatto, meno di tre mesi prima, il 16 maggio 1955, con Salvatore Carnevale, a Sciara, in provincia di Palermo. Ai funerali di Spagnolo, svoltisi il 15 agosto 1955, partecipò l'intera popolazione di Cattolica Eraclea. «Gli uomini indossarono camicia bianca e fascia nera, le donne una veste nera e un fazzoletto nero in testa. Non si svolse la funzione religiosa, perché la vittima era comunista e l'arciprete Cuffaro non volle celebrare la Messa funebre. La bara con il defunto fu portata in giro per il paese dagli amici e dai compagni. Si celebrò ugualmente un momento di meditazione e di preghiera davanti alla chiesa della Mercede, durante il quale Francesco Renda (oggi uno dei più importanti storici del movimento contadino - n.d.r.), amico e compagno della vittima, gli tributò l'ultimo saluto con una commovente orazione funebre, nella quale apprezzò la sua integrità morale e le alte qualità di dirigente del movimento contadino. Erano presenti le delegazioni provinciali e regionali del Pci, così come le delegazioni di tutti gli altri partiti senza distinzione di colore politico. Un immenso corteo lo accompagnò al cimitero. Anche uno degli assassini (che ancora non era stato scoperto) partecipò al funerale, addirittura accompagnò sotto braccio Liborio, il figlio primogenito della vittima», racconta Calogero Giuffrida, nel volume «Delitto di prestigio. La storia di Giuseppe Spagnolo, dirigente politico ucciso dalla mafia» (2006). Spagnolo, come Carnevale e tanti altri dirigenti contadini, fu una delle vittime di quella "lunga strage", che insanguinò la Sicilia dagli anni '40 agli anni '60. Una «lunga strage», che inizialmente aveva l'obiettivo di fermare le lotte per la terra e per la riforma agraria. E che poi, dopo la l'approvazione della legge di riforma agraria del 1950, tentò di rallentarne il più possibile l'attuazione, per dare tempo agli agrari di vendere parte dei loro feudi. Le «colpe» di Carnevale a Sciara, di Buongiorno a Cattolica Eraclea e di altri dirigenti sindacali dei comuni del feudo furono quelle di denunciare queste manovre e di continuare ad organizzare imponenti manifestazioni contadine per chiedere il rispetto della legge.
Fonte: La Sicilia

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