domenica, novembre 19, 2006

La provocazione di Agostino

ROMA - "Sono pronto a tutto, e se lo Stato continua a non darmi risposte, sono disposto persino a chiedere aiuto alla mafia purchè sia fatta luce sull'uccisione di mio figlio Nino". È la drammatica provocazione di Vincenzo Agostino, padre del poliziotto ucciso insieme alla moglie, Ida Castellucci (incinta di 5 mesi) nell'agosto di diciassette anni fa a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo. Da allora non ha mai più saputo chi fossero mandanti ed esecutori di quell'omicidio per il quale non ha pagato ancora nessuno. Sua moglie non ha ancora tolto il lutto, lui dal quel tragico 5 di agosto del 1989 non ha più tagliato barba e capelli che sono cresciuti lunghi e canuti sulle sue spalle tanto da renderlo ormai un'icona dei familiari delle vittime della mafia: ha giurato di farli crescere fino a che non saprà perchè hanno ammazzato suo figlio Nino. "Quando hanno arrestato il boss Bernardo Provenzano io ero lì in Questura a Palermo, ad aspettarlo - spiega Agostino all'Ansa - lui mi ha guardato negli occhi, io a quell'uomo gli ho detto 'prima di morire ricordati di mio figlio....". È deluso, amareggiato, e insieme alla moglie dalla Sicilia è arrivato a Roma per partecipare al gruppo di lavoro dei familiari delle vittime di 'Contromafie', gli Stati Generali dell'antimafia che si concluderanno domani: "Ieri, per la seconda volta, ho ricordato la storia di mio figlio al presidente Romano Prodi che abbiamo avuto l'onore di ascoltare, un gesto per il quale gli siamo grati. Ma ancora una volta mi sono sentito dire che si sta interessando della questione e che ha bisogno di studiare il caso. Sono vent'anni che aspetto, e questa attesa la voglio testimoniare con la mia lunga barba e capelli bianchi. È passato troppo tempo, vogliamo avere una risposta: se ancora una volta lo Stato dovesse rispondere col silenzio senza far luce su mandanti ed esecutori dell'omicidio di nostro figlio - aggiunge Agostino con una provocazione - siamo pronti a rivolgerci a quelle cosiddette 'personè, alla mafia, per intenderci...". A placare la disperazione dei coniugi Agostino, però, quella "atmosfera entusiasmante che grazie a Don Ciotti e a Libera si è creata in questi giorni a Roma, un segno della consapevolezza e della attenzione della società civile e delle istituzioni, che però speriamo sia tradotta in fatti concreti da parte dello Stato".
18/11/2006
Fonte: La Sicilia

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