martedì, novembre 21, 2006

Ancora Don Ciotti

Per combattere la criminalità organizzata «è necessario costruire una diversa sensibilità culturale e politica: il problema mafia è una questione nazionale». Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, lo ha detto a chiare note parlando alle circa 3 mila persone che hanno affollato l'Auditorium di via della Conciliazione a Roma per seguire la prima giornata di «Contromafie» gli Stati Generali dell'Antimafia promossi dalla sua associazione. Il sacerdote ha affrontato a 360 gradi il problema di come contrastare l'azione dei clan ma ha insistito soprattutto sulla esigenza di cambiare atteggiamento. «Non è possibile che 60 milioni di italiani devono essere ostaggi di alcune migliaia di criminali. Il problema non sono le mafie. Il problema siamo anche noi. Abbiamo il dovere – ha sottolineato – di chiedere allo Stato di fare la sua parte ma abbiamo la corresponsabilità di un cambiamento». Don Ciotti ha detto che questi tre giorni serviranno «per ascoltarci» e indicare al governo e al Parlamento «linee di progetto e di criticità». Quanto all'atteggiamento di chi lavora ogni giorno contro la mafia il sacerdote ha detto «non abbiamo mai voluto essere solo un segno o una testimonianza. Abbiamo un ruolo sociale, educativo e politico. Tocca anche a noi promuovere la giustizia sociale che nel Vangelo è fame e sete di giustizia. Diffidate di chi ha capito tutto. Vi auguro di essere analfabeti nel senso di mantenere la capacità di interrogarsi e la voglia dello studio e del confronto». Don Ciotti ha detto che è una battaglia che vale la pena di combattere soprattutto quando guardiamo in faccia i familiari delle vittime di mafia». E ha elencato i nomi di alcuni sfortunati caduti per mano delle cosche: Giuseppe Fava, Saverio Antiochia, Pio La Torre, Don Puglisi, Rocco Chinnici. Del giudice Rosario Livatino ha ricordato una frase del diario: «non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili». Infine al ministro della Giustizia Clemente Mastella che era seduto in prima fila ha detto: «quello che hai detto il 23 a Palermo, a proposito dell'impegno di arrivare a un testo unico delle norme antimafia, noi lo prendiamo proprio sul serio. Consultando la società civile, sempre, sono convinto che ce la facciamo». Portando il saluto della Capitale agli Stati Generali dell' Antimafia, il sindaco Walter Veltroni ha detto: «Siamo in una vera e propria guerra che in dieci anni ha provocato 2.500 morti. La mafia esiste ma ancora più forte è il nostro paese. A rappresentarlo siete voi, associazioni, istituzioni, magistrati, scuole, familiari delle vittime». Dal canto suo, Tano Grasso, promotore nel 1990 della prima associazione antiracket a Capo D'Orlando, non usa giri di parole nel suo intervento a «Contromafie»: «In alcune aree – dice – le famiglie mafiose hanno rafforzato il loro radicamento. Quello che ancora manca è la politica. La speranza rischia di trasformarsi in frustrazione. Non possiamo accontentarci del meno peggio. Qui, si gioca l'identità politica e culturale di chi vuole continuare a governare». Le denunce di estorsioni sono in calo – sottolinea – il che dimostra «il debole rapporto di fiducia con le istituzioni». A chi governa Grasso lancia un appello chiaro: «Non fateci sentire soli. La strada è in salita. O si rilancia alla grande o si pagherà un alto prezzo politico».

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