sabato, novembre 18, 2006

Scandaloso....

Non poteva passare inosservato che nella nuova commissione antimafia, nominata il giorno dello sciopero a sorpresa dei giornalisti, ci sono due nomi che non dovrebbero esserci. Sono Paolo Cirino Pomicino e Alfredo Vito, oggi deputati della Nuova Dc e di Forza Italia, coinvolti in passato in indagini sulla criminalità organizzata in Campania e condannati il primo per finanziamento illecito alla Dc (la tangente Enimont) e il secondo per corruzione. Si era impegnato solennemente con i giudici a non fare mai più politica. Così se una volta lo chiamavano «Vito la sogliola» perché stava nascosto chissà dove e poi spuntava con 10 mila preferenze (è stato inquisito anche per voto di scambio), da quando è tornato alla camera lo chiamano anche «Vito l'onorevole pentito». Di nomi che suonano male nella nuova antimafia ce ne sono anche altri. Come l'ex questore di Napoli ed ex candidato sindaco del centrodestra, Franco Malvano, anche lui di Forza Italia, che quando guidava la squadra mobile partenopea uscì malissimo da un'inchiesta che venne sì archiviata ma con l'invio al Viminale di un inquietante provvedimento, nel quale si accertavano pericolosi rapporti diretti tra il superpoliziotto e un camorrista. E per quanto incensurati, come Malvano, non fa una gran figura neanche Carlo Vizzini, altro FI, già leader del Psdi costretto a dimettersi nel pieno di Tangentopoli. Il presidente della nuova commissoine sarà Francesco Forgione, per la prima volta l'incarico tocca a un esponente del Prc (come vicepresidente c'era già stato Nichi Vendola), il vice sarà il diessino Giuseppe Lumia già presidente dell'organismo. partiti della maggioranza ieri si sono congratulati con il nuovo presidente e gli hanno fatto gli auguri, ma non senza puntare l'indice su Cirino Pomicino e Vito. Lorenzo Diana, responsabile Ds per la lotta alle mafie, casertano, dice che la loro nomina è «sconcertante» e chiede ai partiti che li hanno nominati, la Nuova Dc di Gianfranco Rotondi e Forza Italia, «di rivedere le loro indicazioni, prima ancora che i diretti interessati comprendano l'opportunità, per il bene del Paese, di rinunciare a tale incarico». Protesta anche Raffaele Tecce, senatore napoletano di Rifondazione: «Siamo sconcertati per la scelta della destra di nominare Cirino Pomicino e Vito, inquisiti e condannati per corruzione. Ci chiediamo quale serenità e quali garanzie possano offrire a chi deve combattere gli intrecci loschi tra politica e affari». La nomina dei membri dell'antimafia spetta ai presidenti delle camere, nei casi in questione a Fausto Bertinotti perché Cirino Pomicino e Vito siedono entrambi a Montecitorio. Le interpretazioni malevole corrono perché Rifondazione ha avuto la presidenza e ben sette voti (su 33) sono arrivati dal centrodestra. In realtà si è sempre discusso se i presidenti abbiano un potere reale o solo quello di ratificare le scelte dei gruppi parlamentari. E se in passato qualche nomina fu rifiutata, avvenne in segreto. Anche Bertinotti deve aver seguito la seconda interpretazione, quella di una funzione «notarile», come Pier Ferdinando Casini, cinque anni fa, quando rifiutò di escludere Carlo Taormina, avvocato di almeno quattro presunti mafiosi, che si sarebbe trovato a poter interrogare i giudici titolari dei processi ai suoi assistiti. Lo scorso luglio, durante la discussione sull'istituzione della nuova antimafia, è stato escluso qualsiasi meccanismo automatico di esclusione di parlamentari inquisiti o condannati. Ma la norma approvata collega la nomina a una valutazione delle «specificità» della commissione. Quella che poteva consigliare di chiamare i capigruppo e dire: «Per favore, mettine un altro».
Fonte: Il manifesto

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