domenica, novembre 26, 2006

Arrestato Di Gati

AGRIGENTO - Il boss mafioso, Maurizio Di Gati, è stato arrestato dai carabinieri in una abitazione del villaggio Mosè, a pochi chilometri da Agrigento. Il ricercato è ritenuto il capomafia della zona, ed è accusato di numerosi omicidi.La notizia è stata confermata dal procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, che si è congratulato con le forze dell'ordine per la cattura. "È un successo - afferma Grasso - che contribuisce a colpire ancora di più le cosche mafiose e a indebolire Cosa Nostra".Insieme a Di Gati, 40 anni, è stato arrestato, Carmelo Veneziano Broccia, il proprietario della casa in cui il boss si nascondeva. Il capomafia non ha opposto resistenza. Secondo indiscrezioni a portare i carabinieri alla cattura del boss sarebbero state le rivelazioni di due pentiti, uno dei quali, come Di Gati, è originario di Racalmuto. Il capomafia è stato per anni reggente provinciale di Cosa nostra ad Agrigento. Per volere del boss Bernardo Provenzano il suo posto è stato preso dal boss Giuseppe Falzone, latitante da anni.Per Francesco Forgione, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia "l'arresto dopo 7 anni di latitanza di Maurizio Di Gati è un successo non solo per i carabinieri e la Dda di Palermo, a cui vanno i complimenti di tutta la Commissione Antimafia, ma di tutte le istituzioni che devono lavorare con continuità nella stessa direzione per contrastare la mafia". "Questa operazione è anche la prova di come i boss non abbandonino mai il loro territorio - aggiunge - per mantenere intatto il loro potere e la loro forza intimidatrice. Bisogna insistere per catturare i nuovi capi che controllano il territorio di Agrigento e scoprire ogni eventuale collusione che favorisce queste latitanze". Anche Giuseppe Lumia, vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia, si è congratulato con la Dda di Palermo ed i carabinieri per la cattura del boss. "La cattura di Di Gati è un ulteriore sprone a costruire un sistema di lotta alla mafia sempre più avanzato. La sua cattura conferma che esiste una professionalità elevata tra le forze dell'ordine e la magistratura che va sostenuta con mezzi e normative adeguate. Nel territorio di Agrigento - osserva - bisogna continuare a cercare le trame delle complicità ed individuare le ricchezze della mafia".
Chi è Maurizio Di Gati.
Nato a Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia, nell'agrigentino Maurizio Di Gati, 40 anni, arrestato all'alba dai carabinieri, era ricercato dal 1999. Fedelissimo dell'ex capomafia, ora pentito, Nino Giuffrè, per anni è stato reggente provinciale della mafia agrigentina. A deciderne la sostituzione è stato il numero uno di Cosa nostra, Bernardo Provenzano che ha affidò il comando delle cosche a Giuseppe Falzone, ancora ricercato dalle forze dell'ordine. Di Gati è stato condannato in primo grado al processo Akragas per associazione mafiosa e per una serie di omicidi. In secondo grado ha retto solo l'imputazione di mafia, che gli è costata una condanna a 6 anni; gli ergastoli per i delitti sono stati annullati. La sentenza è definitiva. Di associazione mafiosa ed estorsione il boss deve rispondere in altri due dibattimenti in corso: uno è ancora pendente in primo grado, l'altro è in appello. Nel 1991, nella strage di Racalmuto, primo scontro nella lunga guerra combattuta tra mafia e Stidda, i killer stiddari assassinarono Diego Di Gati, fratello maggiore di Maurizio. Iniziò da allora la scalata al potere del capomafia. I festeggiamenti per l'investitura a reggente delle cosche agrigentine, però, il boss dovette interromperli bruscamente. Il 14 luglio del 2002 il summit, organizzato in una masseria di Santa Margherita Belice, in cui i capi delle famiglie stavano consegnando lo scettro a Di Gati, venne interrotto dalla polizia. Gli agenti arrestarono quindici persone, tra cui un medico analista, consigliere provinciale di Forza Italia. Ma - hanno raccontato i pentiti successivamente - Di Gati riuscì a fuggire prima della cattura. A sponsorizzarlo era stato Nino Giuffrè che, incurante dei voleri di Provenzano, che al suo posto voleva Falzone, ne aveva caldeggiato la candidatura. Quando Di Gati seppe che il capo di Cosa nostra non aveva visto di buon grado la sua nomina ebbe paura e chiese un incontro con il rivale. I pentiti dicono che allora fu lui a decidere di mettersi da parte facendo posto all'uomo designato dal padrino di Corleone.
26/11/2006
Fonte: La Sicilia

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