giovedì, ottobre 22, 2009

50 fermi

CATANIA - A Catania c'era il rischio imminente di una nuova guerra di mafia, con un gruppo di 'giovani leoni' alla conquista, anche con una serie di omicidi, degli spazi lasciati vuoti dalle cosche storiche di Cosa nostra.
È il pericolo che la Procura della Repubblica etnea ritiene di avere sventato con i 50 fermi eseguiti dalla squadra mobile di Catania che ha sgominato i vertici del clan dei Cursoti legati al boss ergastolano detenuto Salvatore Cappello. I magistrati della Dda hanno chiesto anche l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di altri 20 indagati già detenuti per altra causa.
La cosca, sostiene l'accusa, poteva contare su un gruppo di giovanissimi sicari bene armati e pronti a intervenire a ogni emergenza. Gli stessi, probabilmente, che le telecamere della polizia inquadrano mentre a bordo di numerosi scooter 'scortanò il presunto reggente della cosca, Giovanni Colombrita, di 51 anni, che è tra i fermati.

Le indagini erano state avviate nel 2008 dopo la scarcerazione dei vertici del gruppo dei Cursoti che sul territorio, anche con una sorta di 'campagna acquistì spregiudicata di frange di esponenti importanti della 'famiglia Santapaola, ha aumentato il consenso criminale e esteso il suo dominio in rioni popolari come Librino, Monte Po e Villaggio Sant'Agata, una volta domini incontrastati di Cosa nostra. Una crescita conquistata, secondo quanto emerso dalle indagini della squadra mobile, grazie ai proventi del traffico di droga visto che il clan dei Cursoti è diventato il primo per capacità di approvvigionamento di stupefacenti a Catania. Un giro di soldi vorticoso che permette di pagare 'stipendì più alti ai 'carusì rispetto alla cosca rivale e di creare un'affiliazione sentita e un esercito agguerrito e fedele, pronto a sparare per uccidere.
Tanti soldi da potersi permettere anche di avere a disposizione due esponenti delle forze dell'ordine che passavano loro informazioni: uno direttamente sulle inchieste, ed è stato fermato dopo che le telecamere lo hanno ripreso mentre consegnava appunti e dava indicazioni alla cosca Cappello; l'altro, di un Corpo diverso, che è soltanto indagato, e che avrebbe invece avuto un ruolo di messaggero.

Cosa nostra a Catania è stata decimata da inchieste della Procura e blitz delle forze dell'ordine a Catania che le hanno inferto un colpo decisivo, almeno al suo 'braccio armatò ma non a quello economico che rimane ancora forte e presente. L'ultimo è arrivato l'8 ottobre scorso con l'arresto da parte dei carabinieri del superlatitante Santo La Causa e sette presunti boss di Cosa nostra e di un fiancheggiatore.
Le intercettazioni successive a quell'operazione hanno evidenziato la capacità organizzativa dei Cursoti che avevano deciso di compiere un duplice omicidio dimostrativo. La polizia ha saputo tutto del piano, compreso giorno e orario, e ha fatto in modo che i due obiettivi dei sicari sapessero e non uscissero di casa, salvandogli così probabilmente la vita.

"Agli atti dell'inchiesta - rivela il procuratore capo di Catania, Vincenzo D'Agata - ci sono videoregistrazioni e intercettazioni che dimostrano che il gruppo stava preparando diverse azioni criminali eclatanti per aumentare il proprio peso in città. Si è reso così necessario un intervento urgente per evitare che venissero commessi reati gravi".

"Soddisfazione per la brillante operazione di polizia", coordinata dal procuratore aggiunto Michelangelo Patanè e dai sostituti Giovannella Scaminaci, Francesco Testa e Pasquale Pacifico, è stata espressa da esponenti politici dei diversi schieramenti e da rappresentanti di Istituzioni e Enti.

22/10/2009
Fonte: La Sicilia

1 commento:

c. ha detto...

Credo che questa ..operazione,sia fondamentale,sotto davvero moltissimi punti di vista.