venerdì, settembre 18, 2009

Rubrica estero

Silvio Berlusconi non ha aspettato di essere messo sotto accusa o semplicemente punzecchiato dalla stampa per accusare le procure di Milano e Palermo di “tramare” contro di lui. Tutto ha avuto inizio da una vicenda piuttosto intricata, ma sufficientemente inquietante da non passare inosservata. Il 19 luglio 1992 a Palermo, 57 giorni dopo l’uccisione del giudice antimafia Giovanni Falcone, un’auto imbottita di esplosivo dilaniava il suo collega e amico Paolo Borsellino insieme a cinque agenti della scorta.
L’attentato, vissuto come una tragedia nazionale, ha dato luogo a tre processi nel corso dei quali 47 mafiosi, tra cui i principali boss di Cosa Nostra, sono stati condannati a pene severe.
Questa estate, sulla base di nuove rivelazioni di un pentito, tale Gaspare Spatuzza, la procura di Caltanissetta ha deciso di riaprire l’inchiesta. Pare che i mandanti dell’omicidio di Borsellino non appartengano allo stesso clan che si è autoaccusato di avere partecipato alla strage. Si tratterebbe dei Graviano, di cui due boss sono stati arrestati nel 1994 a Milano, e da cui scaturisce l’interesse della magistratura milanese.
Peraltro, il figlio dell’ex sindaco Vito Ciancimino, poi deceduto, che faceva da tramite tra clan mafiosi e potere politico, ha riferito di un documento del padre in cui alcuni ufficiali delle forze di sicurezza sarebbero accusati di avere “patteggiato” con Cosa Nostra per porre fine alla campagna di attentati contro lo Stato. L’ordine sarebbe arrivato dall’alto, ma, sostiene Ciancimino Jr, “non da Berlusconi, che è solo una vittima in questa storia”.
Rimane il fatto che la corte d’appello di Palermo riesaminerà il processo da cima a fondo con l’intenzione di portare alla sbarra Marcello Dell’Utri, senatore del PDL, molto vicino a Berlusconi, e condannato a nove anni di reclusione in prima istanza per connivenza mafiosa.
« Collusioni oggettive »
Il nome del Cavaliere compare in diversi casi di mafia : nel 1993, il suo stalliere Vittorio Mangano era considerato dal sostituto procuratore Antonio Ingroia il factotum della mafia presso Berlusconi. Rinviato di un anno, è poi deceduto.
Per otto anni, le procure di Caltanissetta e Firenze hanno indagato su quelle che definivano “collusoni oggettive” del Cavaliere in attentati dinamitardi, in particolare quello del 27 maggio 1993 a Firenze a seguito del quale rimase distrutta un’opera d’arte. Prima di giungere alla conclusione che non esisteva alcuna prova per alimentare un così grave sospetto.
Nel 1998, la procura di Palermo si è vista costretta ad archiviare un’inchiesta contro Berlusconi e Dell’Utri per riciclaggio nelle casse del gruppo Fininvest di 56 milioni di euro di fondi provenienti dalla mafia. Avendo ritrattato, Francesco Giuffrida, il funzionario della Banca d’Italia che aveva condotto la perizia, è stato citato per diffamazione.

Fonte: italiadallestero



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