martedì, settembre 30, 2008

Non ce lo dimentichiamo...

PALERMO - Facendo sapere ai boss che c'erano indagini su di loro, rivelando la presenza di microspie a casa del capomafia Giuseppe Guttadauro, Cuffaro voleva agevolare l'intera associazione mafiosa. Ruota tutto attorno alla sussistenza dell'aggravante di avere agito per avvantaggiare la mafia, esclusa, invece, dai giudici di primo grado, l'atto di appello dei pm di Palermo contro la sentenza del cosiddetto processo alle talpe della dda che ha condannato a 5 anni, per favoreggiamento semplice, l'ex governatore siciliano. "Sapeva di aiutare la mafia". Nel ricorso di 34 pagine, depositato questa mattina, i magistrati bacchettano la motivazione del verdetto relativa, appunto, all'aggravante, definendola "insufficiente" e ribadendo che, attraverso le fughe di notizie su inchieste antimafia in corso, l'ex presidente era intenzionato ad aiutare le cosche. L'ex governatore, sostengono in sintesi i magistrati, era a conoscenza dello spessore criminale del boss Giuseppe Guttadauro e sapeva anche che il suo delfino, l'assessore comunale Mimmo Miceli, frequentava abitualmente la casa del capomafia. Quando seppe dal suo collega di partito, l'ex carabiniere Antonio Borzacchelli, che i carabinieri indagavano su Guttadauro e avevano piazzato una cimice nel suo appartamento e lo rivelò a Miceli, dunque, "Cuffaro decise di agevolare non solo Guttadauro, ma l'intera organizzazione". Accanto alle motivazioni personali, dunque, secondo i pm, "Cuffaro, che il sistema di pressione e sopraffazione mafioso conosce bene, ha nutrito un'ulteriore convinzione criminosa, ben sapendo che l'individuazione della microspia presso la casa del boss avrebbe avuto quale effetto la salvaguardia di quel sistema, impedendo di fatto lo smantellamento dell'organizzazione sul territorio". I mafiosi apprezzavano la linea Cuffaro. "Cuffaro era ed è un uomo politico di cui Cosa nostra e in particolare Provenzano sostanzialmente apprezzava la linea politica definita di vecchio stampo clientelare e ritenuta utile nel contesto di quella strategia della sommersione adottata dopo le stragi e che trova nell'intermediazione e nell'inserimento del mafioso in ogni profilo della vita sociale ed economica (ed in particolare nelle amministrazioni pubbliche) uno dei suoi momenti essenziali" scrivono in uno dei passaggi salienti dell'appello depositato dai pm Maurizio De Lucia e Michele Prestipino. "L'imputato - aggiungono i pm - non poteva non essere consapevole di questa 'benevolenzà dell'associazione mafiosa che si sostanziava, almeno in parte, in appoggio elettorale". I magistrati fanno riferimento, nelle loro conclusioni, alle dichiarazioni dei pentiti Nino Giuffrè e Maurizio Di Gati da cui "emerge la decisione di Cosa nostra di appoggiare la candidatura di Cuffaro" per un giudizio positivo della mafia sulla sua politica e per la convinzione di Cosa nostra che era il candidato che avrebbe comunque vinto le elezioni. Pene più severe per Aiello. Oltre alla condanna dell'ex presidente la procura ha impugnato quella dell'ex manager della sanità privata Michele Aiello ritenendo inadeguata la pena di 14 anni inflittagli dal collegio. Per i magistrati vista la gravità dei fatti contestati all'imprenditore, accusato di associazione mafiosa, doveva essergli comminata una pena più severa.Infine la Procura ha presentato ricorso contro la decisione dei giudici di derubricare nel reato di favoreggiamento l'accusa di concorso in associazione mafiosa contestata all'ex sottufficiale del Ros Giorgio Riolo.
30/09/2008
Fonte: La Sicilia

1 commento:

Anonimo ha detto...

il peso della posizione giudiziaria dell'onorevole cuffaro scompare davanti all'enormità del fatto che sia stato eletto senatore della repubblica...
federico