venerdì, maggio 09, 2008

Una provocazione...

PALERMO - "La nostra è stata solo una provocazione artistica verso una città troppo silenziosa e troppo immobile nei confronti dell'arte, con il nostro murales noi volevamo smitizzare un personaggio che è stato troppo mitizzato dai media". Escono allo scoperto con il quotidiano "La Repubblica" i due ragazzi che hanno realizzato a Palermo i murales alla maniera di Andy Warhol con la faccia del boss Matteo Messina Denaro. Sono due gli autori: Filippo Bartoli e Alessandro Giglio. Studiano architettura. Sono passate due settimane da quando sono comparsi i disegni sui muri. Il cronista li incontra proprio nella zona, dove loro due - la notte del 20 gennaio - hanno disegnato su un muro vicino alla facoltà di Giurisprudenza e poi davanti al Duomo quattro volti del Padrino. Il segno del dollaro accanto, la "misteriosissima" sigla A. F e una scritta ancora più "inquietante": L'Ultimo. Per giorni e giorni tutti si sono scatenati alla caccia degli artefici dei murales. Polizia, carabinieri, magistrati, giornalisti. Per giorni e giorni sul loro conto si è detto tutto e il contrario di tutto. "Era il 28 di aprile - spiegano Filippo e Alessandro -, erano passati quasi 100 giorni da quando avevamo fatto i murales e nessuno ci aveva fatto caso, se n'erano fottuti tutti.... poi "S", un settimanale locale, ha pubblicato la foto della nostra opera come sfondo a un servizio su alcune lettere spedite da Messina Denaro e tutti i giornali e le tivù italiane a quel punto hanno sollevato un putiferio"."Oggi siamo costretti ad uscire allo scoperto per il grande casino che si è creato, - dicono - la cosa ci dà più fastidio è spiegare qualcosa che non c'è bisogno di spiegare, cioè un'espressione artistica: non si è mai visto che un artista fa la sua opera e poi deve giustificarsi per quello che ha fatto".
09/05/2008
Fonte: La Sicilia

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