E' uno degli assassini del piccolo Giuseppe Di Matteo, ma dodici anni dopo l'orribile delitto Vincenzo Chiodo, che non ha mai fatto un giorno di galera, per effetto di un provvedimento adesso potra' scontare la pena in "detenzione domiciliare". La procura generale di Palermo, pero', si ribella e il pg Dino Cerami presenta ricorso in Cassazione chiedendo che il killer vada in prigione.
Chiodo si consegno' spontaneamente il 6 marzo 1996, meno di due mesi dopo l'assassinio del ragazzino figlio del pentito Santino Di Matteo, fatto rapire da Giovanni Brusca il 23 novembre 1993 per tappare la bocca al padre che aveva iniziato a rivelare i retroscena della strage di Capaci. Brusca diede l'ordine di uccidere il ragazzo che fu strangolato da Enzo Salvatore Brusca, Giuseppe Monticciolo e dallo stesso Chiodo. I primi due sono stati collocati ai domiciliari dopo alcuni anni di carcere, Giovanni Brusca e' ancora in prigione, pur godendo di permessi periodici. Solo Chiodo non ha conosciuto il carcere. Confesso' per paura di essere ucciso e contribui' molto alle indagini e in queste condizioni mancarono sempre le esigenze cautelari e nessun ordine di custodia fu firmato contro di lui.
I giudici palermitani hanno dato atto nella loro ordinanza della "pienezza, costanza e grande rilevanza" della collaborazione del pentito, della "positiva condotta sociale e dell'impegno lavorativo, nonche' delle dichiarazioni di dolore e di pentimento per i delitti commessi", insieme "alla disponibilita' ad azioni riparative in favore delle vittime". La concessione della misura alternativa ha avuto anche il parere positivo della Dna, ma per il pg Cerami si devono applicare le norme piu' restrittive della legge sui pentiti del 2001 che prevede che per andare ai domiciliari il collaborante debba avere scontato almeno un quarto della pena.
Fonte: La Repubblica
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