venerdì, dicembre 07, 2007

Allora quando si vuole si fanno le cose...

PALERMO - Una decina di imprenditori siciliani sono stati allontanati da Confindustria perchè non hanno denunciato le richieste di pagamento del pizzo. La notizia arriva dal vice presidente di Confindustria con delega al Mezzogiorno, Ettore Artioli, durante l'assemblea straordinaria sui temi della legalità e della lotta al racket che si è svolta nella sede degli industriali a Palermo.
Artioli non ha fatto i nomi degli imprenditori allontanati. La lotta al racket delle estorsioni è portata avanti da Confindustria in Sicilia grazie anche al suo presidente regionale Ivan Lo Bello che ha fatto inserire nel proprio codice etico nazionale sanzioni, fino all'espulsione, per quegli imprenditori che non denunciano le richieste da parte del racket.
"È in linea con quanto previsto dal codice etico di Confindustria. Dimostra che non si tratta di sole parole, ma di fatti". Così il presidente Luca Cordero di Montezemolo, commenta l'espulsione.
"Non facciamo una bella figura sapendo che molti nostri colleghi sono nel libro "mastro" dei Lo Piccolo ma non denunciano. Da questa assemblea devono scaturire oggi provvedimenti concreti". Ha detto Ivan Lo Bello, nel corso del Direttivo straordinario, dedicato ai temi del racket. "Dobbiamo dare un senso a quello che stanno facendo le forze dell'ordine - ha aggiunto Lo Bello -, qualcuno decida di fare un passo avanti, non da eroe ma da cittadino che oggi può fare qualcosa che fino a qualche anno fa sarebbe stato impossibile fare".
"Chi figura nei pizzini dei boss Lo Piccolo e non denuncia le richieste di estorsione non potrà rimanere nell'associazione degli industriali. Palermo sarà una cartina di tornasole, perchè quando verranno resi noti i nomi si avrà un quadro chiaro della situazione e dei rapporti tra estorsori e vittime".
"Ho sempre compreso gli imprenditori vessati dal racket - aggiunge - che venivano minacciati, ma questo vale per il passato, oggi lo Stato c'è e sta svolgendo un'azione di repressione incredibile. Non c'è più l'alibi dell'assenza dello Stato".
Il figlio di un imprenditore, indagato per mafia, anch'egli titolare di una ditta edile a Palermo, ha raccontato stasera pubblicamente di aver denunciato due anni fa il proprio estorsore che è stato poi arrestato.
Il giovane imprenditore indica l'esattore del racket come "un tassello di un ingranaggio" che deve essere bloccato da tutti. Perchè di questo passo - aggiunge - il pizzo verranno a chiedercelo anche se realizziamo una ristrutturazione privata".


06/12/2007
Fonte: La Sicilia

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