lunedì, febbraio 12, 2007

Audizioni della Commissione Parlamentare Antimafia

PALERMO - La Commissione Parlamentare Antimafia avvierà una serie di audizioni, a partire da mercoledì 14 febbraio alle ore 14, sul tema del sequestro, confisca e riutilizzo dei beni mafiosi ascoltando i rappresentanti delle istituzioni preposte alla vigilanza del settore, dell'associazionismo e degli enti locali. Le prime due audizioni saranno con il Prefetto di Palermo, Giosuè Marino, e con quello di Napoli, Alessandro Pansa, le province con il maggior numero di beni confiscati.
Giovedì 15 febbraio, alle 14, sempre sul tema dei beni confiscati, verrà sentito il Presidente dell'associazione Libera, don Luigi Ciotti, insieme con lui ci saranno i responsabili delle cooperative che lavorano utilizzando beni e terreni confiscati. Le audizioni si terranno presso Palazzo S. Macuto.
12/02/2007
Fonte: La Sicilia

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Noi adesso diciamo a voce alta che di pazienza non ne abbiamo più".
Non é più questione di Sicilia, è questione di chi si sente Meridionale. Perchè fino a quando il mio mare non lo conosci, il mio sole non ti brucia la pelle, e non cammini sulle strade dove io cammino da quando ho imparato a camminare, e non guardi negli occhi i bambini, le donne, gli uomini, le vecchiette "cu 'mmaccaturi" in testa, sedute su sedie di legno e di paglia sotto casa, tu non hai capito niente non solo della Sicilia, ma del mio Sud, del mio mare, del mio sole e della mia gente.
E' che da troppo tempo me ne sto zitta, non scrivo, e non è così che si fa. Potrei sentirmi meglio dopo questo commento.
Hanno sparato a mio cugino, perchè portava le pecore in un campo dove non doveva.
E' morto lasciando sua moglie e i suoi cinque figli.
Gli anni passano, quando vai al cimitero a mettere un fiore pensi al tuo dolore. Questo è, nel mio caso specifico.
Ma vorrei prendere in considerazione l'ordinaria elaborazione del lutto, quella tipicamente Meridionale, che avviene in seguito alla morte di morti illustri.
Esiste in noi "del Sud" un senso di colpa per cui dopo ciascun delitto di mafia, di solito ad ogni anniversario, siamo indotti a porci una domanda un po' stronza: "è stata inutile la sua morte?" Come se esistesse un criterio utilitaristico per la morte di una persona.Come se fosse possibile stabilire una soglia di convivenza sotto la quale non valga la pena di morire. Come se la morte potesse essere messa su una bilancia e pesata. Come se la morte fosse una merce. Come se ci fosse un mercato dove scambiarla. Come se ci fosse un'altra merce in grado di essere scambiata con la morte di una persona.
A un certo punto però, sì, sembrava di poter dire "a posteriori" che, sì, la morte di Falcone e quella di Borsellino fossero state diverse. Per quanto ripugnante possa apparire, ci fu un momento in cui furono in molti a pensare che quelle morti potessero risultare almeno "non inutili". Infatti mi pare di aver capito che dal '92 al '94 questa concezione utilitaristica della morte trovò applicazione per una volta tanto positiva con una rivolta civile antimafiosa, la cui eco si potè sentire anche in Calabria e nel resto del Meridione. Per due anni ci si convinse di essere prefigurazione di un futuro migliore per l'Italia. Così all'inizio si mandavano a morire giudici e poliziotti, ci si indignava per la loro morte, poi, la parabola discendente, e le morti sfumano nel nulla. Poi c'è la durata dei processi che serve a schiarire la memoria. Poi gli anniversari. E poi tutto ritorna nell'ordinaria amministrazione.
Forse sono stata imprecisa. Libero Grassi. Muore nell'agosto del '91. Rispetto agli altri, lui: un delegato antimafia unilaterale. Si era delegato da solo. Non aveva ricevuto un mandato ufficiale da parte di nessuno. Non era un poliziotto, non era un magistrato, non combatteva la mafia per professione, non era pagato per questo, non era nemmeno il primo delegato unilaterale della storia della lotta alla mifia. Ma fu il primo a fare denunce in televisione, era convinto che sarebbe stato protetto, era convinto che la televisione sarebbe stata per lui come una specie di assicurazione sulla vita. Era un calcolo sbagliato. Come dimostra il fatto che lo uccisero, anzi "dovettero ucciderlo", proprio a causa della pubblicità delle sue denunce. Voleva essere un esempio di coraggio per gli imprenditori onesti. E lo uccisero proprio per rovesciare questo esempio. E' la solitudine di queste persone durante le loro battaglie e nella morte, che li caratterizza. Non c'era nessuno con loro con loro quando sono morti, chi c'era con Don Pino, chi con Peppino? E quella della gente cosa fu? Fu omertà? Nel 2007 io non sono convinta che si tratti ancora solo ed unicamente di omertà. Qui si tratta anche di vergogna.
La nostra è stata una rivoluzione lenta, percettibile nel lungo periodo, dal basso, una rivolta in cui le classi alte ebbero un ruolo marginale. Nel frattempo lievitava il senso di colpa delle città come Palermo, la cui vita procede parallelamente a quella della mafia. La società civile scese in piazza, e anche tutti noi, ancora oggi dopo più di 10 anni, diciamo: "ora basta". E chissa com'è, che in quel periodo gli "sbirri" non erano più sbirri, ma "poliziotti". Forse in quel momento anche per i ragazzini la polizia non era più pregiudizialmente ostile, perchè anche i rappresentanti dello Stato erano diventati cobelligeranti.
Le persone che hanno cercato di far camminare la gente comune a testa alta ci sono state. Noi ce li ricordiamo tutti.
Vorrei concludere con una citazione tratta dal film di R.Faenza "Alla luce del sole":

“Qui vogliamo abituarci a pensare tutti con la propria testa. A dire sì, quando crediamo che sia giusto dire di sì, e a dire no quando pensiamo che sia giusto dire di no” anche a costo di “rompere le scatole”.

“Mi voglio rivolgere ai così detti ‘uomini d’onore’: chi usa la violenza non è un uomo, è una bestia! Io vi conosco, uomini d’onore, so dove vi nascondete. Molti di voi sono stati battezzati in questa chiesa… Ebbene, io vi dico: voi che siete abituati ad agire nell’ombra, se siete ancora uomini, fatevi vedere alla luce del sole!".