mercoledì, gennaio 17, 2007

Se la mafia non uccide vuol dire che è più forte...

CATANIA - Il calo del numero complessivo di omicidi, e in particolare di quelli di stampo mafioso, è un dato da "valutare positivamente". Ma non può essere utilizzato "per misurare la pericolosità della mafia" e, soprattutto, "non significa che le capacità strategiche e militari delle organizzazioni criminali sono diminuite". E' quanto ha sottolineato il procurato nazionale Antimafia Pietro Grasso nel suo intervento alla presentazione del rapporto Eures-Ansa 2006 sull'omicidio volontario in Italia assieme al presidente dell'Eures Fabio Piacenti, al direttore dell' Ansa, Giampiero Gramaglia, al condirettore generale dell'Agenzia, Michele Gatta, al criminologo Francesco Bruno. Dall'analisi dei dati contenuti nel rapporto emerge che i delitti in famiglia superano quelli compiuti dalla mafia e dalla criminalità organizzata. Una situazione, ha commentato il presidente dell'Eures Fabio Piacenti, che evidenzia sia "l'incapacità di moltissime persone a gestire le situazioni di difficoltà" sia la presenza "di gruppi di individui sempre più piccoli e isolati all'interno della società" che vedono i vicini non come persone con cui stringere legami ma come veri e propri nemici. E la strage di Erba, prosegue Piacente, è solo l'ultimo di una serie di episodi simili. Gli omicidi familiari o cosiddetti "di prossimità", rappresentano dunque fenomeni di "assoluta preoccupazione". Analisi condivisa da Bruno, secondo il quale bisognerebbe porre più attenzione ai segnali premonitori. "In Italia - spiega - mancano gli strumenti sociologici e giuridici per intervenire quando ci sono le avvisaglie. Non c'è alcun supporto per chi denuncia situazioni di maltrattamenti o violenze". Secondo il criminologo, inoltre, un altro dato interessante contenuto nel rapporto è che la maggior parte degli omicidi avviene nei piccoli e medi comuni. "Ciò è dovuto ad un peggioramento della qualità della vita e alla difficoltà di stabilire relazioni interpersonali corrette". Quanto ai delitti di stampo mafioso, Grasso ribadisce la necessità di una corretta interpretazione dei dati. "Meno omicidi si commettono - dice infatti - più la mafia lavora senza contrasti al suo interno". Secondo il procuratore Antimafia, c'è dunque anche un'altra chiave di lettura. "La diminuzione - dice - potrebbe significare la stabilizzazione del controllo del territorio dopo un periodo di guerra". Ed è ciò che sta avvenendo in Cosa Nostra, dove il calo dei delitti "è il frutto di una precisa direttiva" da parte dei vertici. Il rischio è però che dopo l'arresto del boss Bernardo Provenzano possa riscoppiare la guerra tra i clan. "L'organizzazione vive un momento difficile - spiega infatti Grasso - manca un vertice ed è possibile che avvengano fatti al di fuori delle 'regole'. È un momento di crisi in cui potrebbe esserci un risveglio della violenza". Quanto agli strumenti necessari per combattere la criminalità organizzata, Grasso ribadisce che non è certo con "mezzi ordinari che si può fare il contrasto". "I mezzi più adeguati per una battaglia efficace sono le intercettazioni telefoniche e ambientali e i collaboratori di giustizia". Fermo restando che il primo punto per vincere la partita è togliere il consenso alle organizzazioni mafiose. "E purtroppo non siamo ancora riusciti a debellarlo del tutto - ammette Grasso - nonostante la repressione e la lotta".
16/01/2007
Fonte: La Sicilia
Secondo me Grasso era ubriaco... " riscoppiare la guerra tra i clan" , " debellalrlo del tutto"... Ma vive in questo mondo?!... Bah...
Saverio Fuccillo

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