mercoledì, gennaio 10, 2007

Processo "Alta mafia"

Sono quattordici gli imputati del processo Alta Mafia che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario. Sono chiamati a rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, turbativa d'asta aggravata ed altri reati minori. Si tratta di Francesco Castaldo, Salvatore Curtopelle, Calogero Di Caro, Maurizio Di Gati, Salvatore Failla, Diego Fanara, Salvatore Giambrone, Emanuele Guarneri, Vincenzo Guarneri, Salvatore Iacono, Calogero Lo Giudice, Vincenzo Lo Giudice, Calogero Marino e Antonio Scrimali. Costoro sono assistiti in giudizio dagli avvocati Polizzi, Sclafani, Guadagnino, Li Calzi, Fiorello, Mirabile, Vaccaro, Limuti, Caleca, Vitello, Salvaggio, Porcello, Tricoli, Passarello, Pisapia e Crescimanno. Parte civile sono costituiti il Comune di Agrigento, difeso dall'avvocato Gerlando Alonge, l'Istituto autonomo case popolari della provincia di Agrigento, rappresentato dall'avvocato Maria Calcara, il Comune di Canicattì, difeso dall'avvocato Baldo Reina, l'assessorato regionale ai Lavori pubblici, rappresentato dall'avvocato dello Stato Fabio Caserta, nonché il Comune di Comitini, i cui interessi sono difesi dall'avvocato Salvatore Pennica. La prossima udienza dell'istruttoria dibattimentale - attualmente è in corso l'escussione dei testi dell'accusa - è prevista per questa mattina al palazzo di giustizia della città dei templi.
Fonte: La Sicilia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

3 gennaio 2007



«Buonasera, produco olio». Invece è il figlio del boss
La denuncia di due sorelle francesi: scoprono il rampollo Di Caro, da allora sono minacciate
di Marzio Tristano
Il figlio del boss è un ragazzo dai modi gentili, italiano perfetto e una copertura ideale: produttore di olio d'oliva biologico. Voleva fare il gran salto nella buona società internazionale ed aveva trovato il trampolino adatto: la società di produzione di eventi artistici di Selene e Maureen de Condat, sorelle francesi residenti a Palermo che curano l'immagine del grande coreografo francese Maurice Bejard. Nel 2004 avevano organizzato il tour "Sulle tracce del Gattopardo", su incarico della fondazione Irish georgian society di Desmond Guinness, il re delle birre, che tutela il patrimonio architettonico dei giardini nel mondo; un viaggio che avrebbe portato in Sicilia un gruppo di 40 mecenati americani, tra i quali John Harbin, chairman della società petroliera per la quale ha lavorato il vice-presidente americano Dick Cheney, per visitare ville e feudi nobiliari. Tra queste anche Cuccavecchia, la tenuta di Canicattì del boss Calogero "Lillo" Di Caro, potente capo della mafia agrigentina, amico del boss Pippo Calò, l'uomo della strage del rapido 904 del dicembre '84, con buoni agganci nella politica siciliana; ma proprio all'ultimo momento, a depliant stampati, alle ragazze arriva una "soffiata": «Attente alle gaffe, guardate che quelli sono i figli di un mafioso».
La tappa di Cuccavecchia viene così precipitosamente disdetta, giusto in tempo: il proprietario della tenuta, Di Caro, oggetto di indagine proprio in quei giorni, finisce in carcere per associazione mafiosa e la tenuta viene sequestrata dalla procura di Palermo per mafia. In coincidenza con i guai giudiziari per i mafiosi, arrivano le prime minacce per le due sorelle, tutte raccontate agli investigatori della squadra mobile che sull'episodio hanno aperto un fascicolo di indagine. Segnali consueti a Palermo di «intimidazioni ambientali»: prima un uomo incrociandole per strada le ha sussurrato «siete finite». Poi hanno ricevuto una lettera di insulti e minacce di morte, in seguito si sono presentati a casa due misteriosi fattorini con una cassa di vino che nessuno aveva ordinato e quando hanno incontrato un vicino che ha rivolto loro qualche domanda sono scappati. A fine giugno scorso, infine, mentre erano a Parigi, una telefonata le ha avvertite che la serratura di casa era stata scassinata e che qualcuno era entrato nell'appartamento.
Selene de Condat, 30 anni, occhi neri, è la manager, la sorella Maureen, più minuta, è addetta alle public relations: sono figlie di Daniell, antropologa e consulente della giunta Orlando e componente della consulta europea del nomadismo. Non ci hanno pensato un momento a denunciare tutto. Quella che hanno messo a verbale una mattina di aprile negli uffici della Mobile è una storia di mafia, nobili gattopardi e buona borghesia palermitana, da sempre sedotta da potere e miliardi, segni caratteristici di nuovi e vecchi boss.
Ma chi è Calogero Di Caro? Capo della mafia in provincia di Agrigento fino al suo arresto, avvenuto due anni fa nell'operazione "Alta mafia", Lillo Di Caro è uno dei boss storici di Cosa Nostra della Sicilia occidentale. Riuscì a sopravvivere all'offensiva della Stidda che gli uccise lo zio, il boss Giuseppe, ed egli stesso porta i segni sotto l'occhio destro di un colpo di pistola che gli "stiddari" Giuseppe Grassonelli e Giovanni Avarello gli spararono nel marzo '91 tentando di ucciderlo. Sopravvissuto all'agguato, Di Caro si ritirò nella sua tenuta coltivando rapporti politici con l'on. Vincenzo Lo Giudice (Udc) arrestato con lui nell'operazione Alta mafia, e seguendo amorevolmente la scalata sociale dei figli. «Senza vergogna e con orrore - prosegue Maureen - possiamo dire di essere state utilizzate come ponte verso l'alta società europea».
Dopo il rifiuto di inserire Cuccavecchia nel tour, dagli amici comuni sono arrivate poche e nascoste solidarietà e molti rimbrotti: ma chi ve l'ha fatto fare? «In parecchi nei salotti cosiddetti "bene" - raccontano Selene e Maureen - ci hanno detto che questi non erano argomenti di cui parlare, e che le persone andavano frequentate senza andare tanto per il sottile sull'origine delle proprie fortune». Il racconto delle de Condat apre una finestra sul mondo dorato dei salotti palermitani, frequentati da chi, «dopo avere manifestato per le vittime di mafia la mattina, la sera fa baldoria insieme a chi spende migliaia di euro, molto probabilmente sporchi di sangue. Ho conosciuto i Di Caro ad una festa privata a palazzo Asmundo anni fa - racconta Maureen - il loro commercialista era un mio conoscente e me li ha presentati come famosi produttori d'olio d'oliva. Un savoir faire indiscutibile. Come potevo immaginare che i figli di un boss fossero riveriti da nobili e professionisti di una città martire come Palermo?».
In quel periodo le due sorelle stavano organizzando il tour, l'obbiettivo era quello di far conoscere alcune residenze nobiliari palermitane ai facoltosi soci della fondazione. Ville e casali dei nomi più noti: il 28 marzo 2004 cena a palazzo Lanza Tomasi, il 29 marzo a casa della famiglia Martorana, il 30 dagli Spedalotto a Bagheria, il 31 dai Tasca d'Almerita e da Alliata nel palazzo Pietratagliata. Il 1 aprile da Vanni Calvello, l'ultimo giorno a Villa Niscemi e la sera a palazzo Ganci da Carinne Vanni Calvello. Ora Maureen e Selene sono andate via da Palermo: «Non vogliamo più vivere in Sicilia, in una città dove il riciclaggio di patrimoni giganteschi non è da non condannare neanche eticamente. L'antimafia non è un'etichetta: bisogna far seguire alle parole di condanna i fatti».
www.unita.it
segreteria@unita.it

Sciavè ha detto...

Grazie xil chiarimento di Robert.