lunedì, gennaio 08, 2007

Libro di Miceli

C'era una volta Mattia Pascal, un uomo che si rifiuta di essere prigioniero delle convenzioni sociali, si ribella, cambia città, cambia nome, rivoluziona la sua vita. Accortosi dell'inutilità della sua ribellione, preso atto della sua condizione di "forestiere della vita", Mattia Pascal depone una corona di fiori sulla sua tomba. Diventa il "fu Mattia Pascal". Cioè nessuno. Così termina il più noto tra i romanzi di Luigi Pirandello da cui "prende in prestito" il titolo un libro uscito nelle edicole in seimila copie per la Edizioni Biografiche. «Io, il fu Nino Miceli» è la storia vera di un uomo che si è ribellato al pizzo e per questo ha perso i clienti, ha chiuso il suo autosalone ha dovuto lasciare Gela per trasferirsi un una località segreta, cambiare nome, lavoro, vita. Una vicenda drammatica, segnata dall'isolamento, quella di Nino Miceli come il personaggio di Pirandello. Con la differenza che di Nino Miceli, oggi a distanza di sedici anni si può dire che non andrà a deporre una corona di fiori sulla sua tomba. Il suo sacrificio non è stato inutile. In un momento in cui Gela cambia ed ha una sua associazione antiracket che cresce, Nino Miceli ha scritto un libro che può considerarsi un vademecum per chi non sa cosa fare quando è prigioniero e vittima del racket. La sua storia vera tramite cui insegna che «Denunciare è possibile, denunciare conviene». Siamo agli inizi degli anni Novanta, quelli della guerra di mafia. Stidda e Cosa Nostra chiedevano il pizzo a tappeto, non c'erano le leggi di oggi a tutela delle vittime del racket. Nino Miceli ebbe il coraggio di denunciare gli estortori che gli avevano bruciato per tre volte l'autosalone, e che furono condannati nel 1996 al termine del processo Bronx. Un gesto, allora, isolato. Qualche tempo prima, nel novembre del 1992 la mafia aveva ucciso Gaetano Giordano per dare l'esempio ai commercianti che non volevano pagare. Tano Grasso tentò in quegli anni di creare a Gela l'associazione antiracket. «Ma al processo Bronx - racconta sempre Tano Grasso - l'aula era vuota. Non c'era nessuno dei commercianti c'eravamo noi e Miceli che testimoniava in aula. In quel momento morì l'antiracket a Gela». Grasso e Miceli sono stati sempre molto legati. Il caso di Miceli, uomo normale che voleva vivere una vita normale e dignitosa, ha fatto da apripista alla prima vera legge contro il racket quella del 1999 che ha dato più certezze a chi denuncia il racket. «Miceli ha scritto la sua storia - dice Grasso - per dare un senso al suo sacrificio. Lo ha fatto in un momento in cui con la svolta segnata dal sindaco Crocetta, Gela ha un'associazione antiracket ed il clima è cambiato. Con Miceli vivemmo un'esperienza terribile. Nel momento in cui denunciò fu costretto a chiudere l'attività perché perse i clienti. La sua e la nostra allora fu una vittoria di Pirro. Oggi chi denuncia a Gela non è emarginato ma gode del consenso sociale. Grazie a Nino Miceli oggi Gela sta reagendo. Lui sa cosa sta accadendo a Gela e ne è felice. Questa sua testimonianza mira perciò a far capire quali rischi seri si corrono quando si è isolati. Aiuta la nostra associazione antiracket a rafforzarsi. Credo che Gela debba molto ieri ed oggi a Nino Miceli». La storia vera della ribellione di Nino Miceli, un pezzo di memoria della storia di Gela negli anni bui della guerra di mafia, dopo il passaggio in edicola con una tiratura limitata, andrà nelle librerie in una versione più ampia ed articolata. «Nino Miceli - conclude Tano Grasso - mi ha chiesto di curare la prefazione del suo libro, cosa che mi onora e che faccio con piacere. Quando uscirà lo presenteremo a Gela e sarà una tappa importante per l'associazione ed i commercianti».
Fonte: La Sicilia

1 commento:

Kitto ha detto...

Ciao!

Adoro il tuo blog. E` informativo, e voglio aggiungere un link sul mio sito.

Anch'io ho letto questo libro di Miceli. Era molto interessante ma anche molto commovente. Ammiro i siciliani che lottano la mafia. E` veramente un libro da leggere.