giovedì, novembre 16, 2006

Tre secoli di carcere

PALERMO - Il gup Adriana Piras ha inflitto condanne per complessivi tre secoli di carcere ai colonnelli e favoreggiatori del padrino corleonese, Bernardo Provenzano. Si tratta di 57 imputati, gran parte dei quali hanno protetto nell'ultimo decennio la latitanza del boss, altri hanno gestito le casse di Cosa nostra. Tra le persone condannate vi è anche il gruppo che organizzò il viaggio a Marsiglia di Provenzano, con in testa Nicola Mandalà, che ha pure gestito il ricovero nella clinica "La Casamance" dove il capomafia è stato sottoposto ad intervento alla prostata. A Mandalà sono stati inflitti 13 anni e quattro mesi di reclusione.Le pene più alte sono andate al capomafia di Belmonte, Benedetto Spera, ad Onofrio Morreale (18 anni), a Giuseppe Di Fiore (14 anni) e Giuseppe Pinello (12 anni e otto mesi). Il processo si è svolto con il rito abbreviato e le pene sono state ridotte di un terzo. L'inchiesta, denominata "Grande mandamento", portò in carcere il 25 gennaio 2005 decine di uomini fidati di Provenzano. Con questa operazione coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm della Dda Michele Prestipino, Marzia Sabella e Maurizio de Lucia, venne stretto il cerchio attorno al boss latitante fino a farlo spingere verso il territorio di Corleone dove poi è stato arrestato lo scorso 11 aprile. Il giudice ha pure ordinato la confisca di due aziende che erano già state sequestrate, si tratta della Consud Tir e della Sicula Marmi. L'inchiesta portò anche alla scoperta, durante il blitz, della cassa della cosca di Provenzano che racchiudeva la somma di 900 mila euro, che era custodita da Giuseppe Di Fiore. Il giudice Adriana Piras ha deciso anche 11 assoluzioni. Nel gruppo dei condannati compare una sola donna: Provvidenza Francaviglia (un anno e nove mesi) che avrebbe coperto la latitanza di un boss. Per la donna è stata disposta la scarcerazione, perchè il gup ha dichiarato cessata l'efficacia della misura cautelare in carcere. Tra gli imputati vi è anche un gruppo di imprenditori che non avevano ammesso di avere pagato il pizzo e sono stati condannati a quattro mesi, con l'accusa di favoreggiamento. Si tratta di: Francesco Orlando, Rosario Miosi, Antonio Mineo e Cosimo Galioto.La sentenza ha inflitto un duro colpo alla famiglia mafiosa di Bagheria, capeggiata da Onofrio Morreale, che ha avuto 18 anni. La pena più alta in assoluto, per effetto del meccanismo della cosiddetta "continuazione" con altre condanne per fatti simili, è toccata al boss di Belmonte Mezzagno, Benedetto Spera, che dovrà scontare 28 anni. Spera è comunque già pluriergastolano. Nicola Mandalà e Ignazio Fontana, considerati gli uomini di fiducia dello "zio Binu": hanno avuto rispettivamente 13 anni e quattro mesi e 10 anni. Tra gli assolti vi è Giovanni Napoli, che in passato era stato condannato nel processo "Grande Oriente", con l'accusa di avere fatto da autista e da postino a Provenzano. Assolti pure due imprenditori bresciani, i fratelli Bruno e Renzo Rivetta, che avrebbero avuto rapporti con Giovanni Napoli per ottenere la cessione, a prezzi di particolare favore, di un salumificio.
16/11/2006
Fonte: La Sicilia

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