martedì, novembre 14, 2006

10 mln di euro sequestrati

AGRIGENTO - Agenti della polizia di Stato hanno arrestato due persone, accusate di intestazione fittizia di beni mafiosi. I provvedimenti cautelari sono stati firmati dal gip di Palermo che ha pure ordinato il sequestro preventivo di alcune imprese. L'inchiesta è condotta dalla Squadra mobile di Agrigento che ha scoperto un giro d'affari gestito da boss mafiosi che avrebbero utilizzato prestanome per portare avanti indisturbati i loro affari. Tra i beni sequestrati vi sono conti correnti bancari, due cave e un impianto di calcestruzzo. Il valore complessivo del sequestro è di circa dieci milioni di euro. Le due persone arrestate sono entrambe originarie di Licata; si tratta di Angelo Stracuzzi e Angelo Pendolino, entrambi di 39 anni. Sono accusati a vario titolo di intestazione fittizia di beni ed estorsione. Angelo Stracuzzi è figlio di Giuseppe, arrestato lo scorso anno nell'ambito di una inchiesta su mafia e appalti nell'agrigentino. I due, arrestati stamani dagli agenti della squadra Mobile, sono ritenuti prestanome dei boss mafiosi di Licata. L'operazione è stata denominata "Progresso 2" e si ricollega a quella eseguita l'anno scorso contro il clan mafioso di Licata."Per decenni hanno fatto il bello e cattivo tempo, controllando il mercato del calcestruzzo in tutto il territorio dell'agrigentino. Con questa operazione si è voluto affermare il principio della libera concorrenza e della libertà di mercato". Lo ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Annamaria Palma, illustrando l'operazione della squadra mobile che ha portato all'arresto del titolare di diverse imprese operanti nel settore dei lavori pubblici, Angelo Stracuzzi, e di Angelo Pendolino. Dopo l'arresto del padre, Angelo Stracuzzi, già raggiunto da un avviso di garanzia per associazione mafiosa, avrebbe dismesso le proprie imprese intestandole ad alcuni prestanome, tra cui Angelo Pendolino, che da camionista era diventato amministratore unico di una delle imprese, quattro in tutto, dove erano confluiti i beni della famiglia Stracuzzi.Con questa operazione, hanno spiegato gli inquirenti, è stato inferto un duro colpo alla cosche mafiose agrigentine. La famiglia Stracuzzi, secondo quanto emerso dalle indagini, condizionava infatti tutto il mercato dei lavori pubblici, al punto che un imprenditore di Niscemi, che aveva già raggiunto un accordo con un una ditta di Gela per la fornitura di calcestruzzo relativa a lavori che doveva effettuare a Licata, sarebbe stato costretto a rivolgersi agli Stracuzzi pagando il calcestruzzo 7 euro in più al metro cubo, con un aggravio di spesa di 26 mila euro.
13/11/2006
Fonte: La Sicilia

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