PALERMO - "Da Cuffaro non ho mai avuto alcuna notizia di persone indagate o di indagini in corso". Così Michele Aiello, imprenditore della sanità privata, imputato di associazione mafiosa, ha risposto in aula ai pm che lo hanno interrogato nel processo in cui è imputato insieme, fra gli altri, al governatore Totò Cuffaro, al medico radiologo Aldo Carcione e al maresciallo dei carabinieri, Giorgio Riolo.In quasi cinque ore di interrogatorio Aiello si è contraddetto spesso rispetto alle dichiarazioni rese durante la fase preliminare, sottolineando la situazione psicologica in cui si trovava nel periodo in cui era in carcere e le cattive condizioni di salute che non gli avrebbero consentito la necessaria lucidità. La sua testimonianza sembra essere una marcia indietro rispetto alle dichiarazioni iniziali ai pm, con accuse nei verbali di interrogatorio di pochi mesi fa rettificate dall'imprenditore nell'udienza di oggi.L'imputato ribatte alle osservazioni dei pm, e puntualizza le vecchie dichiarazioni in cui parlava di presunte "talpe romane". La circostanza sarebbe stata appresa da Aiello durante un incontro con Cuffaro avvenuto nel retrobottega di un negozio di Bagheria. L'imprenditore aveva sostenuto in precedenza che il governatore lo avrebbe informato di indagini avviate dalla procura nei suoi confronti. Una versione che oggi ha invece modificato: "Con il presidente non ho mai parlato di intercettazioni, né di persone indagate. Con lui mi sono limitato a discutere del problema del tariffario che veniva esaminato dall'assessorato regionale alla Sanità e solo alla fine mi ha detto di stare attento a parlare al telefono con Riolo". Aiello si spinge oltre, e quando il pm Nino Di Matteo gli rilegge la trascrizione delle intercettazioni telefoniche in cui parla con Carcione o con i marescialli Giuseppe Ciuro e Giorgio Riolo, l'imprenditore anche davanti alle affermazioni registrate dai carabinieri, tenta di dare nuove interpretazioni alle parole da lui stesso pronunciate quando parlava della scoperta di indagini segrete avviate dalla Dda. Aiello ribadisce che la persona che "terrorizzava il presidente Cuffaro" era l'ex maresciallo Antonio Borzacchelli, eletto deputato regionale dell'Udc nel 2001, poi arrestato con l'accusa di concussione: "Borzacchelli faceva opera di terrorismo perché minacciava di far avviare indagini che mi avrebbero rovinato e per questo sono stato costretto ad assecondare alle sue richieste di denaro. Prima voleva il 5 per cento delle azioni della Diagnostica, poi ha cambiato idea e mi ha chiesto 4 o 5 miliardi delle vecchie lire"."Per proteggerci dai ricatti di Borzacchelli avevamo creato, su idea del maresciallo Giuseppe Ciuro, una rete riservata di telefonini in cui potevamo parlare senza essere intercettati". Così Michele Aiello spiega in aula la "rete riservata" di cellulari che è stata poi scoperta dai carabinieri del Reparto operativo di Palermo che hanno condotto le indagini sulle "talpe alla Dda".Secondo l'imprenditore della sanità privata il problema era rappresentato dal deputato regionale Borzacchelli che "faceva il terrorista" per ottenere soldi e spaventare il governatore. "Borzacchelli mi riferì - afferma Aiello - che il pentito Giuffrè parlava di me. Mi disse che se volevo avere ulteriori informazioni potevamo andare a parlare con il comandante della compagnia dei carabinieri di Termini Imerese. Risposi che non mi interessava, ma in quella occasione diedi dei soldi a Borzacchelli". L'imputato, rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo ha inoltre rivelato che il maresciallo Giorgio Riolo conosceva Cuffaro da diverso tempo. "Riolo e Borzacchelli - dice Aiello - erano stati da Cuffaro nel novembre 1998 per chiedere di poter assumere la moglie di Riolo, ma solo alcuni anni dopo venne assunta nella mia clinica". L'esame dell'imputato dopo cinque ore è stato sospeso e il tribunale, presieduto da Vittorio Alcamo, lo ha rinviato a martedì 14 febbraio.
7 Febbraio 2006
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