sabato, dicembre 17, 2005

Pizzo ed usura, allarme in Sicilia

PALERMO - Sono 50.000 - pari al 70% del totale - i commercianti siciliani vittime del
racket delle estorsioni. 21.500 piccoli imprenditori, nell'isola finiscono nel giro dell'usura il
cui volume di affari è di circa 1,4 miliardi di euro l'anno. Sono i dati rielaborati dalla
Confesercenti di Palermo sulla base del rapporto 2005 dell'associazione antiracket e
antiusura "Sos impresa".
Secondo lo studio i numeri sarebbero ancora più allarmanti delle città di Catania a e
Palermo dove a pagare il pizzo sarebbe l'80% dei commercianti
. Cosa nostra imporrebbe
tariffe differenziate: 200-500 euro al mese ai piccoli negozianti; 750-1000 a chi ha
un'attività nel centro delle città e 5000 euro ai supermercati.
"Negli ultimi anni è diminuito il numero di denunce a fronte di una forte crescita del
fenomeno usura - dice Lino Busà, presidente di Sos Impresa - I motivi sono
essenzialmente tre: il venir meno della fiducia nello Stato, la vergogna nel dire di essere
caduti nella rete degli usurai, la non convenienza della denuncia".
I tempi dei processi per usura possono essere lunghissimi, nel 40% dei casi il decreto di
rinvio a giudizio si ottiene dopo 2-4 anni dalla denuncia, mentre per la sentenza nel 70%
dei casi per la sentenza si deve aspettare più di 4 anni. Inoltre, il 58% dei processi si
conclude con una condanna, ma quasi tutti i condannati rimangono a piede libero.
"Questi dati - aggiunge Busà - bastano da soli a spiegare perchè i commercianti vittime
del racket non vedono nella denuncia dei propri estortori una soluzione. In Sicilia -
conclude - nel '98 le denunce erano 164, nel 2004 73. Allo stesso modo a Palermo si è
passati dalle 33 di 7 anni fa alle 10 circa dello scorso anno".
16 Dicembre 2005

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