sabato, gennaio 09, 2010

Comandava dal carcere...

SIRACUSA - Dall'alba di oggi è in corso nel Siracusano e in altre province della Sicilia (Catania, Palermo e Messina), oltre che ad Ancona, una maxioperazione dei carabinieri del comando provinciale di Siracusa che ha portato a smantellare un'organizzazione criminale attiva soprattutto nel traffico degli stupefacenti e nelle estorsioni che aveva anche solidi collegamenti con il clan mafioso Aparo. Complessivamente sono state arrestate 18 persone, a cinque delle quali il provvedimento è stato notificato in carcere dove erano detenuti per altra causa mentre ad altri tre sono stati concessi gli arresti domiciliari; i provvedimenti sono stati firmati dal gip di Catania. L'indagine, sviluppatasi tra l'agosto del 2006 ed il settembre del 2008, e stata coordinata dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania. Tra le diciotto persone arrestate anche due donne: una di queste è la moglie del reggente del gruppo Salvatore Giangravè che dal carcere di Ancona, dove è detenuto, continuava a gestire gli affari del gruppo utilizzando, tra gli altri, proprio la moglie. Con i proventi delle estorsioni e del traffico degli stupefacenti, hanno accertato i carabinieri, il gruppo provvedeva anche al sostentamento dei familiari di affiliati e gregari finiti in carcere. L'indagine dei carabinieri di Siracusa ha consentito di accertare che il gruppo sgominato stamane aveva sostanzialmente monopolizzato il mercato dello spaccio della droga e delle estorsioni nella zona di Floridia e Solarino, piccoli centri ad una quindicina di chilometri dal capoluogo, potendo anche contare su solidi collegamenti con il clan Aparo. Alcuni presunti esponenti della cosca sono rimasti coinvolti nel blitz di oggi che ha visto anche l'impiego di un nuovo sofisticato sistema di ripresa di videoripresa dall'alto, che ha consentito di monitorare istante dopo istante dalla sala operativa l'evolversi dell'operazione. L'inchiesta è stata avviata nel 2006, dopo alcune lettere minatorie inviate a commercianti ed imprenditori della zona con richieste di denaro: 10 mila euro di una tantum e poi quote mensili da 3 mila euro. Le indagini dei carabinieri accertarono come in particolare Salvatore Giangravè, indicato come reggente del clan, benchè fosse recluso nel carcere di Ancona, avesse fatto recapitare attraverso un suo emissario una lettera a un imprenditore per contestargli la mancata assunzione della figlia minacciando rappresaglie. Da lì è stato possibile alzare il velo su una sistematica azione estorsiva portata avanti con il sistema dell'imposizione dei videopoker e l'obbligo di versare una quota al gruppo che garantiva comunque protezione.
08/01/2010

Fonte: La Sicilia


SIRACUSA - Anche Salvatore Giangravè, considerato esponente di spicco del clan Aparo, detenuto ad Ancona, dove ieri mattina gli è stato notificato un nuovo provvedimento nell'ambito di un'inchiesta su droga ed estorsioni, per guidare gli affari criminali del gruppo, dal carcere, si affidava ai pizzini. Piccoli biglietti inseriti dentro le buste di lettere inviate non solo alla moglie, Anna Raco, arrestata anche lei ieri proprio con l'accusa di essere la 'portavoce' delle disposizioni del marito, ma anche a parenti e familiari più lontani. Dentro alcune di queste buste, quelle contenenti lettere indirizzate a destinatari più insospettabili, il boss riusciva buste più piccole con messaggi indirizzati ai referenti locali del clan. Le lettere erano scritte con un linguaggio convenzionale, una sorta di codice: ad esempio, il capomafia utilizzava iniziali e nomi di cavalli per indicare i destinatari. Un codice che adesso, anche grazie al materiale trovato ieri durante le perquisizioni, è stato in larga parte decriptato dagli investigatori della Tenenza di Florida.
09/01/2010

Fonte: La Sicilia

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