MARSALA (TRAPANI) - Hanno ripreso le redini della cosca di Marsala appena usciti di prigione. In poco tempo sono tornati a fare le estorsioni e si sono riforniti delle armi. Una riorganizzazione rapida quella dei boss marsalesi, scoperta da polizia e carabinieri che, oggi, hanno arrestato sei persone con l'accusa di associazione mafiosa, estorsione e detenzione di armi. Ai vertici della "famiglia" ci sono nomi noti agli investigatori: come Vito Vincenzo Rallo, fratello del capomafia Antonino. Scarcerato a luglio del 2007, Vincenzo Rallo è immediatamente tornato a pianificare e gestire il racket del pizzo e amministrare la cassa dell'organizzazione. Al suo fianco Francesco Giuseppe Raia, figlio del boss Gaspare, che sconta, al carcere duro, una condanna all'ergastolo. Uscito di prigione nel giugno del 2007 si è subito messo a disposizione di Rallo per la riscossione delle estorsioni. Il piano di riorganizzazione della cosca aveva avuto la "benedizione" del superlatitante trapanese Matteo Messina Denaro, che, dopo le operazioni di polizia che avevano messo in ginocchio la "famiglia", aveva espresso le sue preoccupazioni sul futuro di Cosa Nostra marsalese in diversi "pizzini" indirizzati al padrino di Corleone Bernardo Provenzano. Nelle lettere, ritrovate nel covo in cui il capomafia è stato arrestato ad aprile del 2006, Messina Denaro scriveva di non potere più esaudire le richieste di Provenzano relative alla zona di Marsala perchè lì erano stati arrestati "i rimpiazzi e pure i rimpiazzi dei rimpiazzi": una frase usata per indicare che nella zona non c'erano più uomini d'onore "fedeli" da utilizzare. L'indagine, condotta dai carabinieri del comando provinciale e dagli agenti della Mobile di Trapani, ha svelato la capillare pressione estorsiva esercitata dalla cosca: grazie alle intercettazioni gli inquirenti hanno scoperto, ad esempio, i taglieggiamenti subiti da un imprenditore del settore ittico della zona, costretto, dal 2003 al 2008, a versare tangenti da cinquemila euro.Costretti a sospendere le richieste di pizzo, mentre erano in prigione, i mafiosi marsalesi tornavano a taglieggiare commercianti ed imprenditori chiedendo loro tutte le rate "non versate". I boss, poi, si erano costituiti un arsenale di armi e munizioni ed esercitavano "attività" tipiche degli uomini d'onore come l'intermediazione in affari immobiliari: la cosca era intervenuta nell'acquisto di un terreno da adibire a parcheggio. Dall'inchiesta, infine, è emerso che la designazione di Rallo al vertice della "famiglia", caldeggiata da Messina Denaro, non era particolarmente gradita al vecchio boss detenuto Gaspare Raia, che aveva messo in guardia il figlio a stare attento al boss in passato sospettato di avere fatto la cresta sui soldi della cassa della cosca.
Volevano uccidere pm Piscitello. I boss di Marsala si erano procurati un fucile di precisione che, secondo gli inquirenti, sarebbe servito per eliminare il pm della Dda di Palermo, Roberto Piscitello, ora capo di gabinetto vicario del ministero della Giustizia, da anni impegnato nelle indagini sulla mafia trapanese. Da una intercettazione ambientale effettuata nell'auto di uno degli arrestati, Maurizio Bilardello, fratello naturale di Giuseppe Raia, esattore del pizzo della famiglia, è venuto fuori che i boss si erano procurati un fucile di precisione che avrebbero dovuto utilizzare in un attentato contro il magistrato. L'intercettazione risale all'estate del 2008. Dopo qualche mese a Piscitello vennero rafforzare le misure di sicurezza. L'arma, che sarebbe stata spostata dal luogo in cui veniva tenuta, a pochi metri da casa del pm, non è mai stata ritrovata. Tutti gli arrestati: Vito Vincenzo Rallo, 49 anni, ritenuto il reggente della cosca; Giuseppe Francesco Raia, 42 anni, l'uomo che gestiva il racket delle estorsioni per conto dei boss; Maurizio Bilardello, 40 anni, fratello naturale di Raia; Giuseppe Gaspare De Vita, 37 anni, podologo; Francesco Messina, 44 anni, imprenditore edile; Dario Cascio, 28 anni.
03/07/2009
03/07/2009
Fonte: La Sicilia
Nessun commento:
Posta un commento