GELA (CALTANISSETTA) - Un giudice, dopo otto anni, non deposita la sentenza in un processo di mafia e i boss, invece di trovarsi in carcere, sono in libertà. Accade a Gela, in provincia di Caltanissetta.
Nel maggio del 2000 vennero condannati in primo grado quattro esponenti di primo piano di Cosa nostra: a 24 anni di reclusione Giuseppe Lombardo e Carmelo Barbieri; a 10 e 8 mesi Maria Stella Madonia e Giovanna Santoro, rispettivamente sorella e moglie del boss ergastolano Piddu Madonia.
Il giudice Edi Pinatto avrebbe dovuto pubblicare i motivi della sentenza tre mesi dopo il pronunciamento, ma non lo ha ancora fatto. Così nel 2002 i quattro presunti mafiosi, insieme a quattro favoreggiatori condannati a pene minori, sono stati scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare.
Nel frattempo, il magistrato ha ottenuto il trasferimento dal Tribunale di Gela alla Procura di Milano. A nulla sono valsi i provvedimenti disciplinari del Csm, con la perdita di 26 mesi di anzianità. "Ho depositato nove delle dieci sentenze arretrate lavorando durante tutti i periodi di ferie", ha dichiarato "senza alcun intento polemico" Pinatto.
Il magistrato con questa affermazione ha voluto quindi sottolineare la "buona volontà di depositare tutti gli atti per tempo". A quanto si è appreso, l'ultima delle dieci sentenze che resta da depositare dovrebbe essere in cancelleria entro il mese di marzo.
Tra le sentenze arretrate, le ultime depositate risalgono al settembre scorso e riguardavano una condanna a 15 anni di reclusione per associazione mafiosa a carico del capoprovincia Nisseno Piddu Madonia, in un caso, e quella a carico di un ufficiale di polizia giudiziaria accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra le altre sette depositate in ritardo, c'erano altri fatti di associazione mafiosa, incidenti sul lavoro e tentato omicidio.
"Entro la fine di questo mese o nei primi giorni del prossimo deposito la sentenza", disse Pinatto il 5 giugno del 2006, interrogato dal pm di Catania Ignazio Fonzo nell'ambito della prima inchiesta che lo vedeva indagato per omissione di atti d'ufficio.
Nel corso di quell'interrogatorio Pinatto, disse che aveva lasciato Gela prendendo il possesso anticipato alla procura di Milano e che poiché aveva un residuo di 10 sentenze da scrivere aveva anche preso le ferie per redigerle. Al pm Fonzo che lo interrogava, Pinatto disse anche che se non fosse stato trasferito subito le avrebbe scritte tutte, compresa la 'Grande Oriente'. L'interrogatorio si concluse con l'impegno di scriverle.
11/03/2008
Fonte: La Sicilia
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