giovedì, settembre 06, 2007

Napolitano risponde

IL CAPO dello Stato, Giorgio Napolitano, risponde a Andrea Vecchio, l'imprenditore di Catania nel mirino della mafia, e rivolge il «più convinto appello al governo, al Parlamento, alle Assemblee e agli organi di governo regionali e locali, perchè siano adottate ulteriori misure, destinate adeguate risorse, attuati i necessari coordinamenti, che consentano di superare inefficienze inaccettabili». Una lettera, quella che gli ha indirizzato il presidente dell'Associazione costruttori di Catania, che Napolitano ha letto «con senso di forte partecipazione e adesione». «Le offese e i rischi a cui sono esposti i suoi figli, la sua famiglia, la sua impresa, meritano in quanto tali la massima attenzione e tutela da parte delle forze dello Stato», scrive il presidente della Repubblica. Che, rivolto sempre a Vecchio, aggiunge: «Lei dice molto bene quando sottolinea che è lo Stato stesso ad essere attaccato da azioni criminali, di stampo mafioso. L'aspirazione ad uno Stato efficiente, che garantisca la vita quotidiana di tutti i cittadini e in particolare l'attività di quanti vogliano concorrere da protagonisti vivi allo sviluppo della Sicilia, del Mezzogiorno, del Paese, è sacrosanta. E se lo sforzo, che lei pure riconosce, delle autorità poste a presidio della legalità e dell'ordine pubblico, in questo momento non basta, come lei afferma, per vincere la sfida della criminalità organizzata, io esprimo, nell' ambito delle mie responsabilità istituzionali, il più convinto appello» affinchè a questa sfida siano destinate adeguate risorse e ulteriori misure. Intanto, la proposta della Confindustria siciliana di espellere gli imprenditori che pagano il pizzo continua a tenere banco. La linea nazionale sarà decisa nel prossimo comitato di presidenza di Confindustria, previsto per mercoledì, ma all'espulsione si sono detti contrari sia gli industriali di Brindisi che della Calabria. Le motivazioni sono analoghe. «Accettare un simile provvedimento equivarrebbe alla figura di quel padre che decide di abbandonare il figlio in difficoltà», afferma Massimo Ferrarese, presidente della Confindustria di Brindisi. «Non me la sento di espellere un collega che decide, forzatamente e sotto violenza, di pagare il pizzo. Bisognerebbe invece cacciare chi paga le tangenti», aggiunge il presidente di Assindustria Calabria, Umberto De Rose. E se il commissario straordinario antiracket, Raffaele Lauro, propone «un patto tra Confindustria, Confcommercio, Confesercenti affinchè stabiliscano un giorno a partire dal quale tutti i loro iscritti non paghino più il pizzo», il sen. Alfredo Mantovano, di An, ricorda che «è da 5 anni che Confindustria ha sottoscritto, con le altre associazioni di categoria, un impegno antiracket con l'allora ministro Pisanu. Perchè non recuperare quella Dichiarazione di intenti e riprendere a darle attuazione?». Secondo la Confesercenti «la decisione di Confindustria va considerata come una estrema ratio»; prima occorre sostenere le vittime del racket per «indurle alla denuncia con le garanzie da parte dello Stato di aiuti concreti».
Fonte: Il tempo

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