giovedì, maggio 24, 2007

Un po' di dati

Incontri nelle scuole, passeggiate della legalità a Corleone, conferenze presso l’aula bunker di Palermo. Queste alcune delle tantissime iniziative che in Sicilia, fanno da sfondo ai giorni della commemorazione della strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Antonio Montinari, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Ma cosa è cambiato in Italia, ed in Sicilia, da quel tragico 23 maggio del 1992, ma anche dall’altrettanto tragico 19 luglio dello stesso anno, in cui morirono’ il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cusina e Claudio Traina? Tutto ed al tempo stesso niente, potremmo dire, perché da più parti l’allarme che viene lanciato su Cosa Nostra è che dopo gli arresti dei boss storici, la mafia si sta riorganizzando e reinfiltrando nelle strutture dello Stato. Una mafia silente che privilegia le alleanze pacifiche con le famiglie rivali e che non disdegna l’ingresso nella aree di potere delle pubbliche amministrazioni locali. Lo ha sostenuto in un’audizione alla Commissione Affari Costituzionali anche il Prefetto di Palermo, Giosuè Marino, ma lo sostiene anche la Dia in un dettagliato rapporto sull’azione investigativa svolta per colpire le organizzazioni criminali simili a Cosa Nostra. Secondo il rapporto però non si può escludere che la mafia, specie dopo l’arresto del boss Provenzano possa decidere una nuova strategia di emersione attraverso azioni violente. L’assenza dei capi storici, inoltre, non ha impedito a Cosa Nostra di riorganizzarsi facendo andare avanti le nuove leve appartenenti a famiglie di storica tradizione mafiosa. E’ probabile, inoltre, che molti boss dopo la detenzione, ritornino a prendere il loro posto a capo della gerarchia mafiosa del territorio di competenza. Ma quali le aree di interesse della mafia? Messina, secondo la Dia, è il capoluogo siciliano occupato dai mafiosi che lo usano come crocevia per il traffico di droga. Nella Sicilia Centrale, invece, domina una mafia interessata al controllo degli appalti pubblici, ma anche al racket delle estorsioni. Anche la provincia di Enna sarebbe nel mirino dei mafiosi per via della realizzazione di una importante opera pubblica, il parco di Regalbuto che dovrebbe costare intorno ai 600 milioni di euro. Come non dimenticare Catania, dove operano ancora oggi i clan affiliati ai Santapaola? E Ragusa? La florida provincia iblea vede oggi attivi i clan di Cosa Nostra palermitana. Come si può notare c’è ancora molto da fare, perché gli affari della mafia nel pubblico e nel privato, continuano ancora oggi a prosperare, assieme ai tradizionali contatti con la mafia americana. Da segnalare anche che nell’ultimo semestre del 2006 i beni confiscati a Cosa Nostra, sempre secondo il rapporto Dia, sono inferiori a quelli confiscati alla Camorra: oltre 4 milioni di euro contro gli otto milioni di quest’ultima, eppure La Dia ha avanzato ben 11 proposte di misure di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di 11 soggetti imputabili a Cosa Nostra e 7 alla Camorra. Sul fronte dei beni sequestrati: oltre 277 milioni di euro sono stati sottratti alla mafia siciliana contro gli oltre 112 milioni sottratti ai camorristi. Inquietante anche il condizionamento che la mafia esercita sulle pubbliche amministrazioni locali. In Sicilia dal 1991 ad oggi sono stati emanati 49 provvedimenti di scioglimento di consigli comunali ( su 171 in tutta Italia) e nessuno dei ricorsi presentati contro questi scioglimenti è mai stato accolto. Non possiamo dimenticare nemmeno l’appello lanciato dall’associazione antimafia “ Gruppo 23 maggio” che nel proprio sito web rivela:” a Capaci manca di tutto, il lavoro, la biblioteca, il teatro, il cinema, i luoghi di ritrovo per i giovani”. Cosa è cambiato, dunque, da quel 23 maggio del 1992? La risposta diamocela da soli!
Fonte: affari italiani

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