giovedì, aprile 26, 2007

Anniversario Pio La Torre

Palermitano, figlio di contadini, sin da ragazzo Pio La Torre aveva visto con i suoi occhi la dura vita della gente che si occupa della terra. Era nato nel 1927 e visse la prima infanzia sotto il regime fascista. Appena sedicenne, aveva già le idee chiare e per pagarsi le tasse scolastiche fece il manovale edile. Nel 25° anniversario dell'uccisione del dirigente politico e dell'autista Rosario Di Salvo, il «Centro Studi Pio La Torre», presieduto da Vito Lo Monaco, gli ha dedicato un pamphlet fotografico con prefazione di Francesco Renda, che verrà presentato sabato 28 aprile al Teatro Politeama nel corso della manifestazione «Dalla mafia delle armi alla mafia dei capitali». Scorrono le immagini della pubblicazione. La primavera del 1947 fu molto calda. Riprese vigore il movimento contadino. I comunisti La Torre e Li Causi presero il comando dei rivoltosi occupando feudi e latifondi incolti. Il 20 aprile di quell'anno, col successo del blocco Pci e Psi, i contadini vinsero la loro battaglia: il problema delle terre si spostava nelle aule del nuovo Parlamento siciliano. Ma il Primo maggio, con la strage di Portella della Ginestra, addebitata al bandito Salvatore Giuliano, si riaccesero gli animi del movimento contadino. La lotta venne contrastata sanguinosamente dalla mafia, che uccise in quel periodo ben 45 sindacalisti e dirigenti politici. Terribili gli inizi degli anni Cinquanta. Si legge nel volume: «Le occupazioni pacifiche dei feudi molto spesso si conclusero con arresti e denunce all'autorità giudiziaria degli inermi contadini. Per approntare la difesa gratuita delle vittime della mafia, dei sindacalisti e dei contadini arrestati e denunciati, fu costituito, da avvocati democratici, un Comitato di solidarietà». C'è una storica immagine, ripresa nella corte d'Assise di via Montevergini, che ritrae l'avv. Nino Sorci con l'on. Nino Varvaro. Nella prefazione Francesco Renda racconta: «Ai primi incontri palermitani fra me e La Torre fece seguito l'invito a che egli mi accompagnasse in un comizio che avevo da tenere a Cattolica Eraclea. Ufficialmente eravamo un dirigente regionale, l'altro un dirigente locale di ininfluente periferia palermitana. I nostri rapporti, tuttavia, erano di giovani ventenni e, oltre che l'età, era giovane anche la nostra speranza che non era solo speranza contadina. Noi credevamo in un mondo migliore e, come militanti del Partito Comunista Italiano, lo chiamavamo socialismo, non identificato nel modello socialista sovietico, ma tutto siciliano e nazionale e tutto da conquistare con spazi di libertà». Nel marzo 1950 il giovane universitario La Torre venne arrestato a Bisacquino dalla polizia di Scelba perché colpevole di aver guidato nella lotta i contadini. Conobbe per 18 mesi le sbarre del carcere. Dall'Ucciardone scriveva a Paolo Bufalini: «Uno degli obiettivi che il nemico si prefigge chiudendoci in carcere è quello di strapparci alla lotta e isolarci da quel movimento che è la fonte di ogni nostro pensiero e azione». Pio La Torre fu segretario regionale della Cgil e nel 1962 venne eletto segretario regionale del partito. Una foto lo ritrae con Girolamo Li Causi ed Emanuele Macaluso. Sono gli anni delle dure lotte degli operai del Cantiere Navale. Poi, i comizi «rionali». Le condizioni di vita dei quartieri popolari erano segnate da indigenza e miseria. Sguardi pensierosi nella immagine che vede La Torre con Giorgio Napolitano, all'epoca responsabile meridionale del Pci. E ancora con Renato Guttuso, Pompeo Colajanni, Ino Vizzini e Michelangelo Russo. Il 30 aprile 1982, mentre si recava ad una riunione indetta presso la Federazione del partito, Pio La Torre veniva ucciso. Con lui cadde anche l'autista e collaboratore Rosario Di Salvo. Il 2 maggio vennero celebrati i funerali. Parteciparono commossi Enrico Berlinguer, Renato Zangheri, Ugo Pecchioli, Luciana Lama, Paolo Bufalini. Affettuoso l'abbraccio del presidente Sandro Pertini alla vedova di La Torre. Le ultime immagini del volume vengono dedicate a Rosario Di Salvo. Lui era contento del suo lavoro. Poco tempo prima di essere assassinato barbaramente, ebbe a dire: «E' un'occupazione piena di difficoltà e pericoli, ma questa è la mia vita».
Fonte: La Sicilia

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