mercoledì, marzo 07, 2007

Le donne che hanno sfidato la mafia...

Francesca Serio, madre del sindacalista Turriddu Carnevale, Felicia Impastato, madre di Peppino dei Cento passi, Saveria Antiochia, madre di Roberto, giovane poliziotto della scorta del commissario Ninni Cassarà, Michela Buscemi, sorella di Salvatore e Rodolfo, due vittime di Cosa Nostra, Rita Atria, sorella di Nicola, giovane boss dello spaccio, Rita Borsellino, sorella del giudice trucidato in Via D'Amelio nonché candidata al governo della Sicilia: sei donne ribelli "che hanno sfidato la mafia per amore", come riporta il sottotitolo del libro di Nando dalla Chiesa, Le ribelli (Melampo Editore, Milano, 2006). A tutta prima, il lettore potrebbe ricavarne l'impressione - disturbante per una lettrice della mia generazione e della mia storia - di trovarsi davanti alla persistenza del vecchio paradigma basato sulla dicotomia antropologica Maschio/Femmina ovvero Cultura/Natura, per cui la femmina è sehnsucht, irrazionale e impetuosa forza del sentimento, seppur forza eversiva. Il rapporto che lega queste donne a questi uomini è, di fatti, un atavico rapporto di sangue, per cui veniamo introdotti, non in un qualunque universo di donne, ma nel buco nero e caldo delle madri e delle sorelle, Medee e Antigoni dalla cui ribellione non può se non scaturire il pathos, la tragedia. E non a caso l'esergo, che potrebbe essere tratto dai tragici greci, è qui un verso de "Il grido" (Poema del cante jondo) del sanguigno Lorca ("Ahi!Come un arco di viola il grido ha fatto vibrare le lunghe corde del vento"). La tragedia scaturisce infatti dalla ribellione di queste eroine - sei donne rappresentative di molte altre, protagoniste di questo spaccato di storia del dopoguerra e di lotta contro la mafia - al Fato e all'Ideologia dominante, dalla loro libera scelta di infrangere costumi e convenzioni. Perché l'urlo della "richiesta di giustizia" che esce dalla bocca di queste donne fiere e coraggiose "non nasce dai sentimenti civili, ma dall'amore ferito a morte" (p. 11). Un sentimento, però, questo, "antiromantico", perché non più altra faccia della morte, ma letto nella sua portata rivoluzionaria. La disobbedienza, la protesta, la devianza, la ribellione sono il frutto di una scelta volontaria, cosciente e, in quanto tale, civile, razionale. La ragione di chi sa di essere "messaggera di utopia". E dunque, in ultima istanza, queste donne rovesciano stereotipi antropologici di madri luttuose e vittime e si trasformano in donne ribelli, perché "ribelli" non sono più i mafiosi come voleva, ancora a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, lo storico inglese E. J. Hobsbawm. Anzi, di più! Come aveva già ampiamente dimostrato anche Jole Calapso nel documentatissimo libro edito da Flaccovio nel 1980, Donne ribelli (Un secolo di lotte femminili in Sicilia), queste donne, allo stesso modo di quelle che appenderanno lenzuoli dai balconi all'indomani delle stragi, sono "punte di diamante della rivolta morale", "avanguardie civili". A partire da qui scatta l'identificazione tra queste figure femminili e l'Autore stesso, anch'egli "vittima", figlio di uno dei tanti padri - uomini delle Istituzioni - trucidati in una delle tante mattanze di questo "teatro della tragedia infinita". Le figure, infatti, se pur narrate in terza persona, sono presentate nei titoli delle storie, dalla prima all'ultima, in prima persona: "Sono la madre di Salvatore Carnevale[ …] Sono la sorella di Paolo Borsellino". Ancora un modo per dar voce a donne come queste, rendendole protagoniste del loro faticoso cammino di liberazione. Perché dirsi, raccontarsi è la suprema forma della coscienza.
Fonte: La Sicilia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie per aver consigliato la lettura di questo libro in questo post. è molto importante che le donne meridionali facciano sentire la loro voce. questo libro, sfaccettato al femminile, è la prova data dalla rivoluzione del pensiero delle donne nel Sud. di donne che non accettano di stare in silenzio, che hanno perso una famiglia, che vogliono fare rumore. di donne il cui coraggio è un invito per tutte a prendere esempio.

Sciavè ha detto...

le donne sono tutto... e quando si ci mettono sono meglio degli uomini in queste cose...