sabato, gennaio 27, 2007

Morvillo bacchetta

Una reprimenda nei confronti della politica che tollera la vicinanza con i boss, che non condanna le collusioni, che alimenta o non si oppone al sistema del diritto trasformato in favore. È l´atto d´accusa che, nel giorno in cui l´antimafia segna un punto a favore calando la rete sul clan Lo Piccolo, riporta sul banco degli imputati le istituzioni siciliane. A pronunciarlo è il procuratore aggiunto Alfredo Morvillo, il magistrato che ha coordinato l´inchiesta Occidente, fratello della moglie di Giovanni Falcone.
«Come possiamo chiedere ai commercianti di denunciare gli esattori del pizzo - dice Morvillo - se in questa città vi sono continui messaggi, segnali e collusioni da parte di esponenti delle istituzioni, che proseguono o tollerano la vicinanza con i mafiosi?». Va giù duro, il procuratore aggiunto, sottolineando due volte quella «vicinanza con i mafiosi tollerata dalla politica, che non ha mai preso le distanze. Non mi risultano da parte dei politici denunce o condanne di atteggiamenti poco chiari tenuti da loro colleghi». Morvillo pone l´accento sull´esigenza di una moralità delle istituzioni «che dovrebbero essere da esempio per i cittadini, commercianti o imprenditori». Morvillo continua nel suo sfogo, additando la «triste» Palermo: «Dalle intercettazioni emerge che tutto si basa sui favori in questa città. Ciò che spetta per diritto viene fatto come un favore».
Un grido d´allarme, ma pieno di sconforto. «Difficilmente il problema si può risolvere partendo dal taglieggiato, cioè dall´ultimo anello della catena». Morvillo finisce così per andare oltre gli accorati richiami del procuratore Messineo e del questore Caruso, che - quando parla Morvillo - hanno appena terminato di invitare i commercianti a denunciare chi chiede il pizzo. Eppure quello di ieri è stato il giorno degli appelli alla ribellione contro il racket. Ha deciso di far sentire la sua voce anche il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello: «Lo Stato dimostra che vuole fare la sua parte. Non possiamo sottrarci al dovere di fare anche noi la nostra. Chi paga il pizzo è complice: ribelliamoci!». Lo Bello ottiene la disponibilità del segretario regionale della Cisl, Paolo Mezzio, che pensa ad «azioni comuni» delle associazioni imprenditoriali e dei sindacati, per combattere le estorsioni.
E l´invito a «rompere il mutismo, a ribellarsi al racket» arriva anche dal presidente della commissione antimafia, Francesco Forgione. Ma lo spaccato è quello di «una mafia che detiene ancora, e in maniera forte, il controllo del territorio», per usare le parole di Rita Borsellino. Il rischio è che non bastino i semplici appelli alla ribellione, davanti alla zona grigia che comprende pezzi delle istituzioni, imprenditoria e mafia, al centro di inchieste giudiziarie come quella che coinvolge il presidente della Regione. E il problema della politica connivente, o solo tollerante, resta centrale. Specie dopo le affermazioni di Morvillo. Ma i rappresentanti delle istituzioni, nei loro comunicati ufficiali, decidono di non rispondere direttamente al procuratore aggiunto. Il governatore Salvatore Cuffaro esprime il suo plauso «alla polizia di Palermo» e dice che nella lotta alla mafia «la tensione non è mai calata e mai dovrà calare». Di «colpo decisivo alla criminalità organizzata che continua ad avvelenare l´economia della nostra città» parla invece Diego Cammarata. In prima linea, fa rimarcare il presidente della Provincia Francesco Musotto, «ci sono non solo magistrati e forze dell´ordine ma anche i rappresentanti delle istituzioni e tanti cittadini comuni».
Nessuno, fra i governanti siciliani, si sofferma sulla necessità espressa da Italo Tripi (Cgil) di eliminare la «contraddizione che esiste fra l´impegno di magistrati e polizia e l´inquinamento della politica». In questa direzione dice qualcosa in più solo Carlo Vizzini, senatore di Forza Italia: «Ringraziamo la Dia e la questura. Ma al di là delle forme il vero ringraziamento, da parte della politica, non può che essere quello di fissare regole severe e trasparenti di comportamento dei partiti per le prossime amministrative». Sullo sfondo, resta quello scenario «triste» descritto da Morvillo, e tracciato con le stesse tinte da Tano Grasso, presidente onorario della federazione delle associazioni antiracket: «L´operazione della scorsa notte conferma che gli imprenditori che hanno scelto di non piegarsi al ricatto degli estorsori e di non convivere con la mafia sono una minoranza».
Fonte: La Repubblica

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