mercoledì, dicembre 06, 2006

Miceli condannato...e spunta ancora Cuffaro...

PALERMO - I giudici della terza sezione penale del tribunale di Palermo hanno condannato ad otto anni di carcere l'ex assessore comunale dell'Udc Domenico Miceli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Insieme a Domenico Miceli era imputato anche Francesco Buscemi, che è stato condannato a sette anni di reclusione, anch'egli per concorso esterno in associazione mafiosa. A entrambi è stata applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata, della durata minima di un anno ciascuno; i giudici, inoltre, li hanno dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, in stato d'interdizione legale durante l'espiazione della pena e incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione, per la durata di un anno. Domenico Miceli era presente in aula, insieme ai propri familiari, e, a conclusione dell'udienza, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Il processo all'ex assessore comunale di Palermo alla Salute, Domenico Miceli (Udc), condannato ad 8 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, si è aperto il 6 luglio 2004 davanti ai giudici della terza sezione del tribunale di Palermo, presieduti da Raimondo Loforti. Miceli, arrestato nel giugno 2003 in seguito alle intercettazioni ambientali effettuate a casa del capomafia di Brancaccio, il medico Giuseppe Guttadauro, era stato scarcerato il 21 gennaio 2005. Per alcuni mesi assessore della giunta guidata da Diego Cammarata, il politico si era dimesso dall'incarico dopo aver appreso di essere indagato. Secondo la procura avrebbe fatto da tramite tra il boss Guttadauro e il mondo della politica. In particolare i pm Gaetano Paci e Nino Di Matteo, che hanno coordinato l'inchiesta svolta dai carabinieri, contestano al politico di avere sostenuto gli interessi del capomafia di Brancaccio grazie ai suoi rapporti con esponenti politici regionali. L'ex assessore comunale viene indicato dall'accusa come il canale per veicolare fino ai vertici della Regione le richieste di Guttadauro. I pm hanno sostenuto che Domenico Miceli "ha assunto il ruolo di tramite tra Guttadauro e il presidente della Regione, Cuffaro, prospettando a Cuffaro le richieste di Guttadauro e fornendo al boss le risposte del governatore". Il dibattimento, nel corso del quale sono stati sentiti anche alcuni collaboratori di giustizia, ha analizzato in particolare le modalità che portarono alla candidatura di Miceli alle regionali del 2001. Una decisione, secondo l'accusa, legata "all'intervento di Guttadauro e accettata da Cuffaro, poi sostenuta e sponsorizzata dai boss che in quelle stesse consultazioni si impegnarono anche per altri". Per i pm questa vicenda "è l'asse portante attorno a cui ruota tutta la complessa trama nei rapporti tra Miceli e Cosa nostra. Il politico ottenne 6.200 preferenze, fu il primo dei non eletti quando il suo obiettivo massimo sarebbe stato di cinquemila preferenze". L'imputato ha sempre respinto le accuse. La difesa ha portato in aula diversi testi per dimostrare l'estraneità ai fatti contestati e alla fine, in una memoria di 650 pagine, depositata ai giudici, ha concluso che "non c'è in ogni caso la effettività del contributo e il rafforzamento della struttura associativa di Cosa nostra, nel comportamento di Miceli".
Fonte: La Sicilia
06/12/2006

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottimo blog, anch'io sono Siciliano e ti ringrazio per questo lavoro! Continua così Saverio.

Sciavè ha detto...

grazie...e poi da un altro siciliano è sempre bello ricevere consenso su cose di questo tipo...
Saverio