giovedì, dicembre 21, 2006

Film sui tre padrini

RAGUSA — Ascesa e caduta degli ultimi padrini, Luciano Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenzano, i tre boss che dalla Sicilia arcaica e contadina degli anni ’50 hanno dominato la scena criminale dell’isola, insanguinato con varie mattanze la Palermo del sacco edilizio degli anni ’70, tenuto in scacco lo Stato con le stragi degli anni ’80, fino all’arresto dell’ultimo di loro, Provenzano ‘u’ ragiunere’ che viveva nascosto in un casolare isolato vicino alle montagne di Corleone, dove tutto ebbe inizio. È come un cerchio il film tv che Alberto Negrin sta girando in Sicilia, L’ultimo dei Corleonesi, dedicato ai tre super boss della mafia. In un bel palazzo secentesco, rovinato dall’incuria del tempo, nel centro di Santa Croce Camerina, dove le colline di Ragusa digradano verso il mare, si gira una scena del ’58: Luciano Liggio, interpretato da Stefano Dionisi, festeggia in un bordello l’uccisione del boss Michele Navarra (Emilio Bonucci) di cui ha preso ora il posto, diventano il nuovo padrino della zona. Con lui vuole i due amici di sempre, recalcitranti alla festa eppure obbligati, Toto Riina (Marcello Mazzarella) e Bernardo Provenzano (Davide Coco). E’ l’ultima settimana di riprese per il film tv prodotto dalla Palomar di Carlo Degli Esposti (che proprio da queste parti si appresta a girare a primavera i nuovi episodi del commissario Montalbano) per Rai Fiction, in onda presto su Raiuno. E con due premi Oscar nel cast tecnico: il musicista Ennio Morricone e il truccatore Manlio Rocchetti. «È una storia di potere e tradimenti, di conquista del potere e della paura di perderlo», dice Negrin sul set. La sceneggiatura, scritta da Laura Toscano e Franco Marotta, con la supervisione del giornalista della Stampa Francesco La Licata, «non lascia spazio alla fantasia. Tutto è documentato, tutto è basato sui fatti come è nel mio stile. La vicenda dei tre boss è talmente ricca e interessante che è proprio uno di quei casi in cui la realtà supera la fantasia, e infatti in questo film tutti si chiamano con il loro vero nome». Il film è ricco di azione, denso di fatti: parte con il ’48, con l’omicidio di Placido Rizzotto e poi, passando per l’omicidio Dalla Chiesa (Rodolfo Corsato), il maxiprocesso, l’arresto di Riina, arriva alla cattura di Provenzano e si chiude con l’incontro nel carcere di Terni con il procuratore Pietro Grasso (Franco Castellano). Senza dimenticare anche alcune vicende private, come il matrimonio di Riina con Ninetta Bagarella (Federica De Cola) e l’incontro di Provenzano con Saveria Benedetta Palazzolo (Raffaella Rea).
Fonte: La provincia di Cremona

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