PALERMO - Il presidente Salvatore Cuffaro, deponendo oggi in aula per la prima volta nel processo in cui è imputato di favoreggiamento a Cosa nostra e violazione del segreto d'ufficio, ha risposto per quasi quattro ore alle domande dei pm Michele Prestipino, Nino Di Matteo e Maurizio De Lucia. Il governatore ha parlato dei suoi rapporti con Domenico Miceli, ex assessore comunale dell'Udc sotto processo per concorso in associazione mafiosa, e quelli con il medico Salvatore Aragona, anche lui accusato di collusioni con i boss. Ma anche dei suoi rapporti con l'ex maresciallo dei carabinieri, Antonio Borzacchelli, ex deputato regionale dell'Udc ed imputato per concussione. Sono stati molti i "non ricordo" con i quali Cuffaro ha risposto. In alcune circostanze il governatore è stato evasivo su domande che riguardavano alcune intercettazioni inserite nel processo. All'udienza, affollatissima di teleoperatori, fotografi e giornalisti, erano presenti anche gli imputati Michele Aiello e il maresciallo Giorgio Riolo, entrambi agli arresti domiciliari. Il governatore, che è apparso molto sereno, ha detto più volte che le proprie risposte facevano riferimento a quanto era scritto sulle carte processuali. In una sola occasione il presidente del Tribunale, Vittorio Alcamo, lo ha richiamato per sottolineare che avrebbe dovuto dire quello che ricordava dei fatti che gli venivano chiesti dall'accusa. Il governatore siciliano ha più volte lamentato il tipo di domanda posta, rivolgendosi direttamente ai magistrati: "Lei non può chiedermi questo...", oppure "La domanda me l'avrebbe dovuta porre in modo diverso". Fino a quando il pm Maurizio de Lucia non ha chiesto l'intervento del presidente della terza sezione del Tribunale, Vittorio Alcamo. Quest'ultimo ha ricordato a Cuffaro: "Lei può non rispondere alle domande, ma non criticare le domande oppure chiedere di modificarle...". Poi, il pm Maurizio de Lucia, quando il governatore per l'ennesima volta si è rivolto a lui con 'dottor de Lucia' e precedentemente ai pm Michele Prestipino e Antonino Di Matteo con i loro cognomi, gli ha detto: "Gradirei che i pm, visto che l'ufficio è impersonale, non vengano chiamati con i loro cognomi". E Cuffaro, di rimando: "Mi dispiace, le chiedo scusa, ma sa è la prima volta che faccio l'imputato...". Subito dopo, quando il pm de Lucia si è rivolto al governatore chiamandolo 'senatore', è stato il Presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, a dire: "Ora anche lei mi sta chiamando con il mio titolo...". Il 'siparietto' tra i due si è chiuso con un richiamo del presidente Vittorio Alcamo "Fino a oggi il processo si è sempre svolto in modo sereno, spero che possa continuare così anche adesso". E il processo è proseguito regolarmente.Cuffaro ha parlato anche delle bonifiche che sono state eseguite fra il '97 e il '98 da parte del maresciallo Giorgio Riolo, nel suo ufficio all'Assessorato regionale all'Agricoltura e poi in seguito, nel 2001, nella propria abitazione e alla presidenza della Regione. "Era stata un'idea di Antonio Borzacchelli - afferma Cuffaro - era convinto che tutto quello che ci dicevamo politicamente lo sapevano gli avversari politici e quindi era convinto che qualcuno ci ascoltava". Il pm De Lucia ha quindi chiesto nel '98 cosa facesse Borzacchelli, il governatore ha risposto: "Era un maresciallo dei carabinieri che si occupava di pubblica amministrazione ma aveva già nella sua mente l'idea di fare politica. Ma da lui non ho mai saputo delle indagini che svolgeva". Il presidente della Regione ha inoltre detto di avere conosciuto il maresciallo Giuseppe Ciuro. "Ho rischiato di incontrarlo l'ultima volta - afferma Cuffaro - qualche giorno prima del suo arresto perché ero stato invitato a una cena, alla quale non sono stato, in cui sapevo che erano presenti anche il pm Antonio Ingroia, il manager della sanità Manenti ed Aiello". L'udienza è stata interrotta alle 13 a causa degli impegni in Senato di Cuffaro. L'esame del governatore da parte dei pm proseguirà il 20 giugno prossimo. Il presidente della Regione lasciando l'aula ha detto ai giornalisti che il suo processo è basato su una frase che sarebbe contenuta nelle intercettazioni ambientali effettuate a casa del boss Giuseppe Guttadauro nel momento in cui vennero scoperte le microspie. "Agli atti del processo si fa riferimento a un tale Totò - afferma Cuffaro - ma nelle intercettazioni non vi è questa parte della registrazione". Il governatore ha poi aggiunto: "Ho contribuito con il pm a ricercare la verità e credo di averlo fatto fino in fondo". A chi gli ha chiesto di dire il suo parere sulle dichiarazioni del pentito Francesco Campanella, che saranno oggetto nella prossima udienza dell'esame del pm, Cuffaro ha risposto: "Su Campanella vedremo come andrà a finire, perchè ha detto cose su di me, su Cardinale, su Lumia e su D'Alema. Credo, comunque, che per nessuna di queste persone abbia detto cose vere".
13/06/2006
Fonte: La Sicilia
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