PALERMO - "Non ho mai regalato soldi alla mafia. Ho pagato il pizzo sia per la mia attività edile che per quella sanitaria". Ribadisce il ruolo di vittima di Cosa nostra Michele Aiello, costruttore e manager della sanità privata, accusato di associazione mafiosa nell'ambito del processo alle talpe alla Dda di Palermo. Aiello imputato assieme, tra gli altri, al presidente della regione Salvatore Cuffaro, è stato interrogato dal proprio legale e riesaminato dal pubblico ministero Nino Di Matteo nel corso dell'udienza che si è svolta davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Vittorio Alcamo. L'imprenditore, dunque, ha negato di avere liberamente dato soldi ai boss, smentendo quanto dichiarato dal pentito Nino Giuffrè. "È vero che diedi 105 milioni alla mafia di Bagheria, - ha spiegato - ma si trattava del pizzo versato per la realizzazione di sette strade interpoderali". Aiello ha poi parlato delle notizie riservate su indagini a suo carico apprese dai marescialli Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro, coinvolti nella stessa inchiesta. (Riolo, accusato di concorso in associazione mafiosa, è suo coimputato, mentre Ciuro è stato condannato, in abbreviato, a 4 anni per favoreggiamento). "Ciuro - ha detto - si vantava, in occasione dell'apertura di un'inchiesta sulla mia casa di cura bagherese, di essere in grado di conoscere lo stato delle indagini e i nomi degli iscritti nel registro delle notizie di reato. Io non gli chiesi mai nulla fu lui, spontaneamente, a prendere informazioni sostenendo di essere preoccupato per la moglie, impiegata alla Asl, dal momento che i magistrati avevano aperto un fascicolo per truffa proprio sui rimborsi per prestazioni erogate dall'azienda sanitaria". Secondo Aiello, dunque, Ciuro avrebbe agito di sua iniziativa tentando di accreditarsi come fonte ed inventando, in diverse circostanze anche una serie di notizie false. "Mi disse - ha continuato - ad esempio, che l'indagine aperta a mio carico stava per essere chiusa, cosa, evidentemente, falsa". Secondo la procura, invece, il manager avrebbe costituito una rete riservata di informatori, di cui avrebbero fatto parte oltre a Ciuro e Riolo, il presidente della Regione, per avere particolari sulle indagini. Rispondendo alle domande del suo legale, l'avv. Sergio Monaco, l'imputato ha negato di avere appreso notizie relative ad inchieste legate alla cattura di latitanti dal maresciallo Riolo. Aiello ha ammesso, invece, di avere fatto, nel tempo, una seri di regali a Ciuro e Riolo: dai piccoli lavoretti di ristrutturazione delle abitazioni, all'assunzione della moglie e del fratello di Riolo ed al pagamento del noleggio di un'autovettura per Ciuro. "Si trattava - ha concluso - di favori che non erano in alcun modo legati con le notizie che entrambi mi davano". L'esame di Aiello, durato 9 udienze, si concluderà domani mattina. Seguirà l'interrogatorio di Giorgio Riolo. Aiello ha infine ricordato che, nel 2003, quando la Asl bloccò i rimborsi delle prestazioni sanitarie effettuate nel suo centro diagnostico di Bagheria, villa Santa Teresa, il deputato Ds Beppe Lumia chiese al legale del manager la documentazione completa sul caso per presentare, eventualmente, un'interpellanza parlamentare. L'azienda sanitaria aveva deciso di interrompere i pagamenti sostenendo che alcuni degli esami eseguiti nella clinica non erano inseriti nel tariffario regionale stilato dall'assessorato alla Sanità. Il provvedimento di fatto ostacolava l'esecuzione di esami clinici su pazienti affetti da patologie tumorali.
14 Marzo 2006
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