Le imprese hanno fatto la loro parte, hanno denunciato e si sono messe in gioco. Adesso tocca allo Stato. Perché “non si può pretendere una reazione degli imprenditori contro la criminalità organizzata senza che lo Stato dia loro maggiore fiducia e sicurezza: serve una presenza fisica dello Stato nei cantieri” come dichiarato dal procuratore nazionale antimafia
Pietro Grasso. Ma c’è di più. Secondo il presidente di Confindustria Montezemolo, occorre un patto contro la mafia tra Stato e imprese, tra “i produttori di benessere e ricchezza e i produttori di legalità”. Dopo la grave intimidazione contro la nuova sede di Confindustria di Caltanissetta, dove domenica scorsa alcuni “ignoti” sono penetrati nei locali rubando alcuni importanti fascicoli di documentazione, arrivano le reazioni e le richieste della magistratura e del mondo imprenditoriale, che rimproverano alle istituzioni politiche uno scarso impegno nella lotta alla mafia.
“Gli imprenditori non si devono sentire soli” ha ribadito Montezemolo, e per questo lo Stato deve dimostrare più “autorevolezza” e garantire “la certezza della pena”. Ma non basta. Occorre avere più coraggio e colpire la cosiddetta “mafia dei colletti bianchi”. Infatti “la mafia – ha affermato Grasso - non è fatta solo da coloro che sono organici all´organizzazione ma anche da coloro che approfittano del sistema creato dall´organizzazione per avere dei privilegi, dei vantaggi, delle scorciatoie che inquinano l´economia e la pubblica concorrenza”. E non sono in pochi. Il procuratore capo di Palermo,
Francesco Messineo, ha fornito un breve quadro della situazione: “Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento, che contano circa due milioni di abitanti, sono state complessivamente individuate 5mila persone che, a diverso titolo,si rapportano a Cosa nostra: questa cifra dà un´idea dell´ampiezza del fenomeno mafioso”. Attività principale è il racket: “in uno solo dei 15 mandamenti di Palermo – ha spiegato Messineo – abbiamo verificato che ci sono ben 200 ditte produttive sotto estorsione costante e c´è almeno un numero multiplo (almeno 400) assoggettato al pagamento del pizzo con minor frequenza”. Non solo racket, ma anche grandi affari, come il business dei fondi comunitari che, secondo
Scarpinato, coordinatore di Mafia ed Economia del dipartimento di Palermo, è qualcosa di semplicemente allarmante. Infatti "il 30-40% dei fondi comunitari è gestito da nuovi sistemi criminali: intreccio di istituzioni, imprenditori, professionisti e mafiosi" ha spiegato Scarpinato.
Ma le cose possono cambiare e, se è possibile, sono già cambiate. “In Sicilia in questo momento stanno cambiando nel profondo gli equilibri che hanno contrassegnato il decennio cosiddetto "provenzaniano", dal ´96 al 2006” ha dichiarato il procuratore
Giuseppe Pignatone ad un’intervista al Sole24Ore.
Intanto i sindacati si organizzano per una mobilitazione nella provincia di Caltanissetta. I tre segretari provinciali
Antonino Giannone (Cgil), Giuseppe Gruttadauria (Cisl) e Salvatore Pasqualetto (Uil) hanno infatti annunciato "una giornata contro ogni giorno di criminalità e di prepotenza, contro il racket delle estorsioni e contro ogni forma di usura".
Fonte: 90011