venerdì, maggio 04, 2007

Ritorno degli americani

Anche l´Fbi, il Federal bureau of investigation, indaga sul mafioso più potente di Palermo, Salvatore Lo Piccolo, ormai latitante da 23 anni. Gli affari del padrino di Tommaso Natale hanno lasciato il segno a New York, non è ancora ben chiaro in quale settore, ma un frenetico giro di telefonate è stato intercettato dagli investigatori americani fra alcuni «ambasciatori» palermitani di Lo Piccolo e due esponenti della famiglia Gambino, Frank Calì e Pietro Inzerillo. È questa una delle indicazioni che è corsa fra il quartier generale dell´Fbi, a Washington, e la sezione Criminalità organizzata della squadra mobile di Palermo: da qualche tempo, i rapporti fra gli investigatori americani e quelli italiani si sono fatti sempre più intensi. E la nota sugli affari newyorkesi di Salvatore Lo Piccolo è finita anche agli atti della commissione parlamentare antimafia. Perché appare come il segno di una svolta, che i magistrati di Palermo hanno già colto: nella Cosa nostra dopo Provenzano sono tornati gli «americani», quelli che erano stati cacciati dalla Sicilia durante la guerra di mafia degli anni Ottanta, e quelli di seconda generazione. Non è stata una svolta improvvisa. I tasselli di questa nuova storia criminale sono ancora da mettere a posto, ma già alcuni dicono che il ritorno degli americani non è stato che l´ultimo capitolo della riforma voluta dal grande vecchio della mafia siciliana, Bernardo Provenzano. Nel novembre 2003, erano stati proprio i suoi ambasciatori di Villabate a incontrare Frank Calì e Pietro Inzerillo, a New York: lo ha svelato, al processo per l´omicidio dell´imprenditore Salvatore Geraci, l´ex dirigente della sezione Criminalità organizzata della Mobile, Maurizio Calvino. Quella volta, l´Fbi immortalò ogni momento del soggiorno americano dei mafiosi di Villabate: nelle foto si vedono Nicola Mandalà, Ezio Fontana, Nicola Notaro e Giovanni Nicchi mentre fanno shopping e poi entrano in alcuni locali. «Una fonte dell´Fbi ci segnalò che i siciliani avevano incontrato Calì e Inzerillo», ha spiegato Calvino rispondendo alle domande del pubblico ministero Nino Di Matteo. Probabilmente, in quella riunione americana si parlò di droga. E non deve essere stato un caso che al ritorno a Palermo Mandalà parlava con la sua compagna di una partita di due chili di cocaina che bisognava «testare». Oggi, Calì e Inzerillo sono i nuovi volti del potente clan Gambino dopo l´ondata degli arresti che sembrava aver decapitato i vertici della Cosa nostra americana. Restano gli uomini del mistero, così come molti degli Inzerillo che in questi mesi sono ritornati a Palermo. È definitivamente caduto il veto che la Cupola dei corleonesi aveva imposto: «Se vogliono salva la vita devono restare lontano dalla Sicilia». Era la regola che il boss di Pagliarelli, Antonino Rotolo, voleva far rispettare a tutti i costi. Era persino disposto a uccidere Lo Piccolo, il principale fautore del ritorno degli americani. Ma alla fine, Rotolo è finito in manette nell´operazione Gotha, del luglio 2006. E di Provenzano sono rimasti i pizzini nei quali prendeva tempo sulla questione degli Inzerillo. In realtà, Provenzano aveva già deciso l´ultima rivoluzione di Palermo, il grande patto con i perdenti degli anni Ottanta. In America, il dipartimento di giustizia è tornato a mettere fra le priorità nazionali la lotta alla criminalità organizzata. Alla commissione parlamentare antimafia italiana ha scritto: «I siciliani, per riciclare gli utili, usano imprese immobiliari, casinò e negozi che vendono merce contraffatte». L´Fbi avverte: i siciliani si occupano nuovamente di droga. In grande stile.
Fonte: La Repubblica

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