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Il capo dei capi Totò Riina, detenuto nel carcere di Opera in Toscana (errore del Pais, Opera è in Lombardia) e condannato all’ergastolo, tra le altre cose, per l’omicidio di Falcone e Borsellino, ha appena rotto un silenzio durato 17 anni e ha confermato questa versione. Informato dai giornali della nuova pista di indagine giudiziaria, sabato scorso il padrino di Corleone ha raccontato al suo avvocato la sua verità: “Lo hanno ucciso loro”, ha detto. Ed ha aggiunto: “Non guardate sempre e solo me, guardate anche voi quello che avete dentro”.
Nella interpretazione del suo avvocato, Luca Cianferoni, Riina afferma che l’assassino di Borsellino fu un crimine di Stato. L’affermazione rafforza i sospetti della magistratura di Caltanissetta e Palermo che, grazie alle rivelazioni dei due nuovi pentiti, Giovanni Brusca e soprattutto Massimo Ciancimino, hanno riaperto un’indagine che sembrava sepolta.
Il secondo è il figlio del defunto e condannato capo don Vito Ciancimino, un corleonese che è stato sindaco democristiano (della corrente andreottiana) di Palermo negli anni settanta e che, secondo quanto rivelato nel recente Vaticano S.P.A. del giornalista Gianluigi Nuzzi, riceveva denaro dalla mafia attraverso l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), la banca vaticana.
Durante il suo mandato, Don Vito costruì una nuova Palermo e si portò nella tomba un tesoro di milioni di euro. Accusato del riciclaggio di questa fortuna, Ciancimino junior ha tentato di tirarsene fuori confessando l’origine di alcune lettere cruciali che custodiva suo padre.
In una di queste, la cui metà superiore sembra sia strappata, Cosa Nostra minacciava Silvio Berlusconi con
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Un’altra lettera, che Ciancimino attribuisce allo stesso Riina, proverebbe che l’assassinio di Borsellino fu la conseguenza di un accordo tra la mafia e due capi dei servizi segreti.
Riina, con la credibilità che si può dare al mafioso più brutale e sanguinario della storia, non ha aspettato nemmeno 48 ore per entrare in scena: ha negato di essere stato lui ad aver trattato con lo Stato, però ha detto che l’accordo è esistito e che i negoziatori erano gli assassini.
Anche i fratelli del giudice Borsellino credono a questa versione, che è sempre stato un segreto di Pulcinella. Sabato, Rita e Salvatore Borsellino hanno guidato una manifestazione di protesta terminata di fronte al Castello Utvegio, sede palermitana dei servizi segreti.
“Finalmente oggi, dopo anni di tenebre, la lotta portata avanti dai giudici di Caltanissetta e Palermo, alla fine sta andando sulla strada giusta”, ha detto Salvatore Borsellino.
Al grido di “Resistenza, l’agenda rossa esiste”, circa 300 persone hanno chiesto che appaia il quaderno rosso di Paolo Borsellino. L’agenda conteneva quello che il giudice sapeva. Si crede che sia stata raccolta da un carabiniere il giorno della strage. Da allora nessuno ha avuto notizie di entrambi.
Rita Borsellino, eurodeputata del Partito Democratico, si chiede perché tutte queste piste vengano alla luce 17 anni dopo. “Ho molti dubbi, però non accuso nessuno”, dice.
Si conoscerà un giorno la verità o le verità? Questa domenica, la manifestazione dell’anniversario è stata rivelatrice. Ha partecipato poca gente e non si è visto un solo politico nazionale. L’unico rappresentante dello Stato è stato il procuratore antimafia Piero Grasso. Eppure il lavoro non gli manca. Il pentito Ciancimino ha dichiarato alla televisione: “Ho paura, certo che ho paura. Ogni volta che parlo, Riina esce dal nascondiglio”.
Fonte: italia dall'estero
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