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Terlati e Azzarelli negli ultimi mesi del 2004 si erano presentati nel cantiere dell'ATI in questione e avevano testualmente chiesto al direttore tecnico 'come erano messi'. Il tenore della domanda e le modalità della stessa, nonché l'atteggiamento tenuto dai due soggetti, non lasciavano dubbi circa l'oggetto della stessa.Pertanto, il titolare dell'impresa, metaforicamente, aveva fatto presente ai suoi interlocutori che già stava pagando "un santo", e che non era sua intenzione pagarne due. Azzarelli e Terlati, avendo capito immediatamente, ed avendo appreso che il "santo" cui l'imprenditore stava pagando il pizzo era "Enrico" (Enrico Maganuco esponente della Stidda, arrestato lo scorso anno ndr.), dopo aver verificato la notizia dell'avvenuto pagamento, avevano quindi assicurato all'imprenditore medesimo che "tutto era a posto", dal momento che era già intervenuto "Enrico" ; quindi erano andati via senza far più ritorno. Le indagini evidenziavano come l'estorsione di Maganuco in danno dell'ATI avesse generato malumori all'interno delle cosche mafiose gelesi, in quanto lo stesso non l'aveva registrata nel libro mastro delle estorsioni,tentando, forse, di tenerne per sé il ricavato o comunque a favore della sola stidda. Ciò aveva irritato cosa nostra e dopo la "visita" di Azzarelli e Terlati l'estorsione in danno dell'ATI venne debitamente registrata, così da dividerne i proventi in favore di ambedue le consorterie di cosa nostra e stidda.
Fonte: virgilio.it
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