
ROMA - La corte d'assise di Palermo, presieduta da
Salvatore Di Vitale, ha respinto l'eccezione di legittimità costituzionale dell'articolo 41 bis, la norma che disciplina il carcere duro per i mafiosi. La questione era stata sollevata dalla difesa del capomafia palermitano
Giuseppe Graviano alla prima udienza del processo per il sequestro e l'omicidio del piccolo
Giuseppe Di Matteo, il figlio del collaboratore di giustizia rapito nel '93 e assassinato nel '96 per indurre il padre a ritrattare le sue dichiarazioni. Il difensore di Graviano, imputato assieme ad altri 5 capimafia, aveva sostenuto l'incostituzionalità della norma sul carcere duro in quanto, dopo le ultime modifiche legislative, che prevedono un massimo di tre colloqui al mese tra detenuti e legali, ciascuno di un'ora, limita il diritto di difesa. La corte, che ha dichiarato la questione manifestamente infondata, ha sostenuto che la corte costituzionale si è già ampiamente pronunciata sulla compatibilità tra il 41 bis e la costituzione e che non sia riscontrabile alcuna lesione del diritto di difesa. Il processo, dunque, va avanti con la costituzione delle parti e l'illustrazione dell'accusa da parte del pm della Dda
Fernando Asaro. Alla sbarra, oltre a
Graviano, ci sono Salvatore Benigno, Francesco Giuliano, Luigi Giacalone e Matteo Messina Denaro, accusati dell'ideazione e delle prime fasi del sequestro. Imputato anche il pentito
Gaspare Spatuzza, che si è autoaccusato del rapimento nei mesi scorsi
26/10/2009
Fonte: La Sicilia
Nessun commento:
Posta un commento