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30/10/2009
Se pensi che la mafia possa essere in qualche modo positiva o possa aiutare la Sicilia per favore esci da questo blog!
QUARRATA (PISTOIA) - Una strada di Quarrata (Pistoia) sarà intitolata ad Antonino e Ida Agostino, i coniugi assassinati in un agguato mafioso il 5 agosto 1989 a Palermo. L'intitolazione, si terrà domani, martedì 27 ottobre, alle 12 nella zona di via di Lucciano e via Rossini. Antonino Agostino era un agente della polizia di Stato in servizio presso la questura di Palermo e stava conducendo, al momento in cui fu ucciso, indagini sul fallito attentato dell'Addaura al magistrato Giovanni Falcone. ![]() La moglie Ida Castelluccio, di appena 19 anni, incinta di cinque mesi di una bimba, morì insieme al marito nel tentativo di salvargli la vita. "Con questa intitolazione - afferma il sindaco - vogliamo ricordare il loro sacrificio, e anche quello di tante altre persone, che hanno perso la vita per difendere i valori della giustizia e della democrazia". |
26/10/2009 Fonte: La Sicilia |
ROMA - Basta coi "papelli fatti di scelte incoerenti della politica". Basta coi condoni, i voti di scambio e le candidature di persone condannate per reati gravi. Stop ![]() Si tratta di un documento inedito, realizzato durante il fine settimana con il contributo di 2.500 persone e 100 relatori, che suddivisi in 17 gruppi hanno scritto una ricetta contro le mafie: un elenco di trenta punti che scandisce gli impegni dell'associazione e le richieste per la politica, validi per i prossimi 3 anni, e si conclude con la richiesta di un provvedimento legislativo che dedichi la giornata del 21 marzo di ogni anno alla memoria di tutte le vittime della mafia. Il Manifesto chiede di approvare in tempi rapidi un testo unico della legislazione antimafia, "per superare le attuali disfunzioni e garantire una più efficace azione di contrasto; di istituire un'agenzia nazionale per la gestione dei beni sottratti alle mafie, di rivedere il reato del voto di scambio e della normativa sui Comuni sciolti per mafia, di adottare un codice etico che impedisca la presenza di persone condannate o rinviate a giudizio per gravi reati ("è opportuno che il Parlamento apra il dibattito e se necessario vari una norma vincolante", ha sottolineato Francesco Forgione, già presidente della commissione Antimafia). Bisogna inoltre "contrastare l'abusivismo edilizio, eliminando il ricorso ai condoni; riformulare la legge sulla droga e sull'anti-doping mettendo al centro la tutela della persona; istituire un'Authority indipendente per contrastare il fenomeno del riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, la repressione di traffici internazionali di armi, delle zone grigie e dei paradisi fiscali dove avvengono le triangolazioni, introducendo in particolare il reato di intermediazione". ![]() Gli stati generali dell'Antimafia propongono anche una legge di iniziativa popolare per l'introduzione nel codice penale dei delitti contro l'ambiente e alle istituzioni chiedono il sostegno ai testimoni di giustizia (anche attraverso l'istituzione di un tutor), l'estensione del reato di corruzione tra i privati e l'istituzione di un'authority indipendente contro questo reato. Infine, un'attenzione particolare sull'argomento da parte della televisione: la Rai dovrebbe "assicurare nei suoi palinsesti spazi di informazione e approfondimento sui grandi problemi sociali del Paese nel rispetto di quanto previsto dal contratto di servizio pubblico", puntando così allo sviluppo della docu-fiction oltre che a quello della fiction tradizionale. |
25/10/2009 Fonte: La Sicilia |
Ieri Angelino Alfano, parlando durante una visita a Palermo, capoluogo siciliano, ha detto di essere fiducioso che i magistrati “faranno il possibile per accertare la verità”. Alfano ha parlato un giorno dopo che il capo procuratore italiano antimafia, Piero Grasso, ha causato una bufera dicendo ad un quotidiano italiano di essere a conoscenza dei contatti tra tra lo Stato e la mafia nei primi anni ‘90.
E’ la prima volta che un funzionario del suo calibro dichiara così apertamente che il contatto abbia avuto luogo e i suoi commenti hanno avviato domande di indagini e chiarimenti.
“Sono mortificato” ha detto Antonio Di Pietro, ex magistrato ora a capo del partito Italia dei Valori. “Lo Stato faceva affari con la Mafia per garantire la pace pubblica mentre i servitori fedeli dello Stato venivano assassinati”.
I commenti di Grasso arrivano dopo che per settimane i giornali hanno raccontato della recente scoperta di una “lista dei desideri” dettata dall’ex mafioso “il boss dei boss” Toto “la bestia” Riina prima del suo arresto nel 1993.
Quella lista di 12 punti, scritta dal figlio di Riina su un pezzo di carta mentre suo padre era ancora latitante, conteneva 12 richieste della mafia in cambio della cessazioni di attacchi allo Stato. Nel 1992, l’anno in cui si ritiene che fosse stata scritta la lista e durante il quale si pensa ebbero luogo gli accordi segreti, la mafia assassinò due magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in attacchi dinamitardi.
Le Autorità a quel tempo ebbero paura di ulteriori attacchi, ma nel 1993 Riina venne arrestato dopo quasi un quarto di secolo di latitanza, mettendo effettivamente fine a qualsiasi possibilità di un accordo.
I parenti delle vittime hanno espresso rabbia verso la possibilità che lo Stato al tempo volesse collaborare con la mafia. “Sono sconcertato da quanto ha detto Grasso. Perché solo ora le persone parlano di accordi con la mafia?” ha detto Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso.
Fonte: italiadallestero
CATANIA - A Catania c'era il rischio imminente di una nuova guerra di mafia, con un gruppo di 'giovani leoni' alla conquista, anche con una serie di omicidi, degli spazi lasciati vuoti dalle cosche storiche di Cosa nostra.![]() È il pericolo che la Procura della Repubblica etnea ritiene di avere sventato con i 50 fermi eseguiti dalla squadra mobile di Catania che ha sgominato i vertici del clan dei Cursoti legati al boss ergastolano detenuto Salvatore Cappello. I magistrati della Dda hanno chiesto anche l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di altri 20 indagati già detenuti per altra causa. La cosca, sostiene l'accusa, poteva contare su un gruppo di giovanissimi sicari bene armati e pronti a intervenire a ogni emergenza. Gli stessi, probabilmente, che le telecamere della polizia inquadrano mentre a bordo di numerosi scooter 'scortanò il presunto reggente della cosca, Giovanni Colombrita, di 51 anni, che è tra i fermati. Le indagini erano state avviate nel 2008 dopo la scarcerazione dei vertici del gruppo dei Cursoti che sul territorio, anche con una sorta di 'campagna acquistì spregiudicata di frange di esponenti importanti della 'famiglia Santapaola, ha aumentato il consenso criminale e esteso il suo dominio in rioni popolari come Librino, Monte Po e Villaggio Sant'Agata, una volta domini incontrastati di Cosa nostra. Una crescita conquistata, secondo quanto emerso dalle indagini della squadra mobile, grazie ai proventi del traffico di droga visto che il clan dei Cursoti è diventato il primo per capacità di approvvigionamento di stupefacenti a Catania. Un giro di soldi vorticoso che permette di pagare 'stipendì più alti ai 'carusì rispetto alla cosca rivale e di creare un'affiliazione sentita e un esercito agguerrito e fedele, pronto a sparare per uccidere. Tanti soldi da potersi permettere anche di avere a disposizione due esponenti delle forze dell'ordine che passavano loro informazioni: uno direttamente sulle inchieste, ed è stato fermato dopo che le telecamere lo hanno ripreso mentre consegnava appunti e dava indicazioni alla cosca Cappello; l'altro, di un Corpo diverso, che è soltanto indagato, e che avrebbe invece avuto un ruolo di messaggero. Cosa nostra a Catania è stata decimata da inchieste della Procura e blitz delle forze dell'ordine a Catania che le hanno inferto un colpo decisivo, almeno al suo 'braccio armatò ma non a quello economico che rimane ancora forte e presente. L'ultimo è arrivato l'8 ottobre scorso con l'arresto da parte dei carabinieri del superlatitante Santo La Causa e sette presunti boss di Cosa nostra e di un fiancheggiatore. ![]() Le intercettazioni successive a quell'operazione hanno evidenziato la capacità organizzativa dei Cursoti che avevano deciso di compiere un duplice omicidio dimostrativo. La polizia ha saputo tutto del piano, compreso giorno e orario, e ha fatto in modo che i due obiettivi dei sicari sapessero e non uscissero di casa, salvandogli così probabilmente la vita. "Agli atti dell'inchiesta - rivela il procuratore capo di Catania, Vincenzo D'Agata - ci sono videoregistrazioni e intercettazioni che dimostrano che il gruppo stava preparando diverse azioni criminali eclatanti per aumentare il proprio peso in città. Si è reso così necessario un intervento urgente per evitare che venissero commessi reati gravi". "Soddisfazione per la brillante operazione di polizia", coordinata dal procuratore aggiunto Michelangelo Patanè e dai sostituti Giovannella Scaminaci, Francesco Testa e Pasquale Pacifico, è stata espressa da esponenti politici dei diversi schieramenti e da rappresentanti di Istituzioni e Enti. |
22/10/2009 Fonte: La Sicilia |
CROTONE - Una sala della biblioteca comunale di Crotone sarà intitolata a Peppino Impastato![]() |
22/10/2009 Fonte: La Sicilia |
ROMA - Nel natale del 1992, l'anno delle stragi di Falcone e Borsellino, Totò Riina annunciò in una riunione con i boss più fidati che per quanto riguardava la trattativa, "lo Stato si era fatto avanti": "Ho avuto un messaggio - disse il boss - viene da Mancino".![]() A ritirare in ballo il nome dell'attuale vice presidente del Csm e allora ministro dell'Interno è il pentito Giovanni Brusca, nei verbali inediti degli interrogatori al pm di Firenze Gabriele Chelazzi, pubblicati in un articolo dal titolo 'Tra mafia e Stato' che il settimanale 'L'Espresso' pubblicherà domani. Brusca racconta che fu accolto a quella riunione proprio da Riina, che con un gran sorriso rivelò: "Eh! Finalmente si sono fatti sotto. Ci ho fatto un papello così...", indicando con le mani un foglio di grandi dimensioni. Quella, scrive L'Espresso, fu l'unica volta che Brusca sentì pronunciare da Riina il nome di Mancino, che era stato riferito a Riina attraverso Ciancimino. E sempre secondo Brusca, anche altri boss avrebbero avuto riscontri sul nome di Mancino. Ad esempio Salvatore Biondino (in carcere dal giorno dell'arresto di Riina) che nell'incontro di Natale del '92, riferendosi al pentito Gaspare Mutolo, disse: "Ma guarda un pò, quando un bugiardo dice la verità, non gli credono". Il riferimento era al fatto che - scrive L'Espresso - tra le tante sciocchezze dette in passato, Mutolo aveva però ricordato l'incontro tra Mancino e Borsellino a Roma dicendo che subito dopo il magistrato era molto teso, tanto da fumare contemporaneamente due sigarette. La replica di Mancino è perentoria: "Non rispondo a criminali che stanno scontando l'ergastolo. Rilevo un dato cronologico: se Riina nel Natale del 1992 parlava con i suoi complici di un 'messaggio', quel messaggio fu, tre settimane dopo, il suo arresto da me più volte, nei mesi precedenti, pubblicamente sollecitato alle forze dell'ordine". Sempre secondo L'Espresso nel 1994 la mafia cercò di "mandare segnali" a Silvio Berlusconi per far sapere al "nuovo ceto politico" che "Cosa nostra voleva continuare a trattare". "Parlando con Leoluca Bagarella - dice Brusca, il killer di Giovanni Falcone ora pentito, al magistrato fiorentino Gabriele Chelazzi - quando cercavamo di mandare segnali a Silvio Berlusconi che si accingeva a diventare presidente del Consiglio nel '94, gli mandammo a dire: 'guardi che la sinistra o i servizi segreti sanno, non so se rendo l'idea. Cioè sanno quanto era successo già nel 1992-93, le stragi di Borsellino e Falcone, il proiettile d'artiglieria fatto trovare al Giardino di Boboli a Firenze e gli attentati del '93". ![]() Di Berlusconi e Forza Italia, scrive sempre L'Espresso, parla anche il pentito Gaspare Spatuzza secondo cui il boss Giuseppe Graviano avrebbe allacciato contatti con Marcello Dell'Utri. Per Spatuzza la stagione delle bombe non ha portato nulla di buono alla mafia tranne il fatto che "venne agganciato" nella metà degli anni Novanta, "il nuovo referente politico: Forza Italia e, quindi, Silvio Berlusconi". A spiegare perché la scelta dei boss cadde su Forza Italia è lo stesso Brusca. "Perché c'erano pezzi delle vecchie 'democrazie cristiane' - avrebbe detto il killer di Falcone ai magistrati fiorentini secondo il racconto de L'Espresso -, del partito Socialista, erano tutti pezzi politici un pò conservatori, cioè sempre contro la sinistra per mentalità nostra. Quindi volevamo dare un'arma ai nuovi 'presunti alleati politicì, per poi noi trarne un vantaggio, un beneficio". Secondo L'Espresso sia la procura di Firenze che quella di Palermo stanno valutando le dichiarazioni per decidere se riaprire o meno il procedimento contro il premier e Marcello Dell'Utri, archiviato nel 1998. |
21/10/2009 Fonte: La Sicilia |
PALERMO - Nelle sue dichiarazioni spontanee rese ieri in tribunale, il prefetto Mori "per la prima volta, dopo 17 anni, ha sostenuto una verità innegabile, e cioè che agli occhi di mio padre non poteva essere credibile, visto che non era riuscito a portare avanti l'inchiesta mafia-appalti da lui condotta".![]() Massimo Ciancimino, commenta nel corso della trasmissione Radio Anch'io, gli sviluppi giudiziari relativi alla cosidetta trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra. "Sono d'accordo con Mori - ha concluso - quando sostiene che lo Stato non trattò con la mafia. Credo, infatti, che ad avviare la trattativa con Cosa nostra siano stati singoli soggetti, che bisogna individuare". Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, intervenuto nella stessa trasmissione, ha aggiunto: "Sono convinto, ma è una mia deduzione, che il 25 giugno '92, durante l'incontro in caserma, a Palermo, tra mio fratello, il colonnello Mori e il capitano De Donno non si parlò del rapporto del Ros su mafia e appalti, come ha sostenuto Mori, ma della trattativa tra mafia e stato, di cui Paolo era già a conoscenza, come hanno recentemente rivelato Claudio Martelli e Liliana Ferraro". "Ritengo - ha ribadito - che Paolo sia stato ucciso perchè si è messo di traverso rispetto a questa trattativa. Con il suo carattere una cosa del genere non l'avrebbe mai potuta accettare e se non l'avesse potuta fermare l'avrebbe denunciata pubblicamente". Il giorno dopo la sua deposizione a Palermo, l'ex presidente Antimafia, Luciano Violante, nel corso della trasmissione, fa riferimento alle dichiarazioni rese dall'ex comandante del Ros sui contatti avviati con l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. "Mori sostiene che lo avrei convocato il 20 ottobre '92 per parlare del rapporto mafia-politica redatto dal Ros dei carabinieri. Non è vero: la commissione antimafia decise di esaminare questo rapporto dopo l'emissione dei mandati di cattura, cioè dopo il 21 ottobre. La decisione di occuparci di questi argomenti è del 26 ottobre e la comunicazione alla commissione la faccio due giorni dopo. Non concordo con la ricostruzione di Mori - ha concluso -, ma la memoria a distanza di 17 anni gioca brutti scherzi". |
21/10/2009 Fonte: La Sicilia |
MESSINA - La relazione preliminare presentata dal consulente tecnico della procura di Messina e depositata al tribunale misure di prevenzione conferma le ipotesi della Dia che il calcestruzzo fornito dalla ditte dei fratelli Nicola e Domenico Pellegrino, imprenditori ritenuti vicini a Cosa nostra, a molte imprese di Messina e provincia sarebbe depotenziato.![]() L'ingegner Attilio Masnada, su incarico dei sostituti della Dda Angelo Cavallo e Fabio D'Anna, ha esaminato gli impianti della Calcestruzzi Messina srl sequestrati lo scorso 24 giugno ai fratelli Pellegrino e ha analizzato i campioni, riscontrando difformità sulla natura e i quantitativi del materiale impiegato. Le analisi del perito confermano l'ipotesi investigativa di frode agli acquirenti, ma sui manufatti pubblici esaminati non ci sarebbero rischi statici. Il tribunale misure di prevenzione ha riunificato i sequestri nei confronti dei fratelli Pellegrino, considerati vicini al clan messinese di Santa Lucia Sopra Contesse e accusati di aver imposto la vendita del calcestruzzo ai ditte di Messina e provincia. |
20/10/2009 Fonte: La Sicilia |
PALERMO - È stata rinviata al prossimo 15 dicembre la decisione del tribunale di sorveglianza di Palermo sul differimento della pena presentata dall'avvocato Giuseppe Li Pera, legale dell'ex dirigente del Sisde Bruno Contrada, condannato in via definitiva a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici hanno deciso di chiedere ulteriori informazioni alla procura nazionale antimafia e alla direzione distrettuale antimafia sulla pericolosità sociale di Contrada.![]() La difesa dell'ex 007 ha depositato gli ulteriori accertamenti medici, tra i quali la scintigrafia miocardica, la tac al cervello e la relazione del prof. Silvio Buscemi che attesta le gravi condizioni di salute di Contrada. Il collegio ha chiesto anche una relazione dell'Asl sulla salute dell'ex dirigente del Sisde perchè l'ultima risale a giugno e ha prorogato la detenzione domiciliare. "Pur rispettando la decisione interlocutoria del tribunale mi corre l'obbligo di dissentire perchè le pessime condizioni di salute di Contrada sono acclarate e purtroppo, data la sua età, sono assolutamente irreversibili- ha detto l'avv. Lipera, legale dell'ex dirigente del Sisde- Per quanto riguarda l'assenza di pericolosità sociale la scelta del tribunale è un'ulteriore perdita di tempo perchè già si erano pronunciati gli ultimi due questori di Palermo. Inoltre sia la procura nazionale antimafia che la Dda sapevano dell'udienza e avrebbero potuto già pronunciarsi se avessero riscontrato l'effettiva pericolosità di Contrada". |
20/10/2009 Fonte: La Sicilia |
Organizzazioni come “Libera” si prodigano anche affinché ville come quella di San Sebastiano diventino centri dell’opposizione sociale alla mafia.
Queste strategie di successo contro la mafia ora sono messe in pericolo – a causa di Silvio Berlusconi. Il primo ministro italiano alza nuovamente il braccio per colpire giudici e magistrati. Vuole ad esempio limitare le intercettazioni telefoniche: “Permetteremo le intercettazioni telefoniche solo in caso di reati gravi”, ha detto Berlusconi domenica a una manifestazione del suo partito “Popolo delle libertà”.
La Corte Costituzionale italiana ha appena tolto l’immunità a Berlusconi. Il premier deve affrontare numerosi processi contro di lui. Ora si sente perseguitato dalla giustizia – non per la prima volta – e ne vuole ridurre le possibilità di indagine. Questo mette in allarme coloro che danno la caccia alla mafia in Italia. Perche’ la “riforma della giustizia” di Berlusconi minaccia di disturbare sensibilmente la lotta alla Mafia.
Dopo decenni di insuccessi nell’ambito della lotta alla mafia l’Italia ha potuto collezionare successi con regolarità negli ultimi 15 anni. Lo Stato italiano ha confiscato quasi 9000 immobili ai membri dei diversi clan. Anche sotto il governo Berlusconi sono stati arrestati mafiosi di calibro. Il caso più eclatante è stato l’arresto del padrino di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, che gli sbirri hanno acchiappato nell’aprile del 2006 dopo 43 anni di latitanza.
Secondo molti magistrati non è sufficiente poter intercettare solo nei casi di reato mafioso dimostrato. “Non abbiamo mai risolto un singolo caso di mafia perché abbiamo intercettato telefonate indagando su reati mafiosi”, dice il magistrato milanese Alberto Nobili. “Le intercettazioni iniziano di solito con un reato banale, come ad esempio il traffico di droga e solo dopo viene fuori che i trafficanti sono mafiosi”. Giovanni Strangio, il principale imputato per l’omicidio di sei persone a Duisburg nell’estate 2007, è stato acciuffato dagli investigatori solo perché i telefoni di sua moglie e di sua sorella erano sotto controllo.
Ciò potrebbe non essere più possibile se Berlusconi la spuntasse. Altri arresti e espropriazioni come quella di San Sebastiano sarebbero enormemente più difficili da ottenere.
Chi vuole sapere qualcosa della rabbia cieca che coglie i mafiosi sorpresi, deve ascoltare Isabella Spezzano. La giovane e coraggiosa ragazza indossa jeans e pullover blu scuro, abbigliamento che ben si adatterebbe anche al letame di una stalla. Quando la Spezzano si insediò nella villa dei Belfiore per Libera, le si offrì un quadro orrendo. “Qui era pieno di carcasse di animali dappertutto, c’era un puzzo tremendo”, dice mentre guarda verso i campi dietro al granaio che abbisogna di ristrutturazione. “Hanno ucciso volontariamente le pecore e le capre o le hanno lasciate morire”. La sua voce trema continuamente, mentre racconta questo. In casa niente aveva un aspetto migliore. I Belfiore hanno messo fuori uso sia l’impianto idraulico che di riscaldamento, hanno tirato via i cavi della corrente e distrutto il parquet di legno di olivo al pianterreno, prima di andarsene.
Non è un fatto inconsueto che le famiglie di Cosa Nostra in Sicilia, della Camorra in Campania o dell’Ndrangheta in Calabria devastino le loro ville prima di piegarsi alla legge. Ma San Sebastiano con i suoi 1800 abitanti non si trova sulle colline assolate della Sicilia.
La mafia già da tempo ha allungato i suoi tentacoli verso il nord. Secondo l’ultimo resoconto di “SOS impresa” – così si chiama l’associazione di commercianti siciliani che si oppone alle richieste di estorsione della mafia – gli svariati clan formano frattanto una sorta di holding da 130 miliardi di euro di giro d’affari annuo e un guadagno di quasi 70 miliardi di euro.
“La mafia è presente al nord già da molto tempo, va lì dove c’è denaro”, dice Alberto Nobili. Egli era uno dei primi magistrati che ha indagato sui traffici dell’Ndrangheta nel nord Italia. La sua tenacia e quella dei suoi colleghi ha portato a quasi 2500 arresti. Soprattutto nell’edilizia, preferibilmente nei grandi progetti statali, ma anche nel mondo della finanza a Milano la mafia avrebbe le mani in pasta da molto tempo.
Ciononostante la mafia al nord si muove diversamente rispetto al sud. Nel ricco nord non avrebbe in realtà interesse a disturbare i proprietari terrieri con richieste di pizzo, dice Nobili – anche per timore che i commercianti di Milano o Torino denuncino probabilmente una cosa simile: “Qui si concentrano preferibilmente sul traffico redditizio degli stupefacenti”.
Soprattutto la cocaina circola sempre più facilmente, dice Nobili. Un traffico in confronto “pulito”: diversamente dall’eroina non lascia dietro di sé tossicodipendenti deperiti con vene bucate, che abbandonano le siringhe sul luogo dell’assunzione della sostanza. La cocaina è considerata un elisir che aumenta le prestazioni di persone ricche e di successo, che, tra l’altro, hanno anche maggior disponibilita’ finanziarie dei tossicodipendenti da eroina.
Anche i Belfiore si erano specializzati nelle droghe. Piazzisti hanno dichiarato che la famiglia nel corso degli anni ha esportato undici tonnellate di cocaina dal Nordafrica a Torino attraverso la Spagna. Quando il magistrato Bruno Caccia fu sulle loro tracce Domenico Belfiore sentenziò la sua condanna a morte.
Quando Caccia una domenica sera portò fuori il suo cane due killer spararono al sessantacinquenne quattordici colpi da un auto. Con altri tre colpi ravvicinati finirono il lavoro.
Ciò avveniva nel 1983. Sempre nello stesso anno Domenico Belfiore fu arrestato e dieci anni dopo – in quinta istanza e dopo un’assoluzione intervenuta nel frattempo – finalmente condannato. Suo fratello Salvatore si trova dietro alle sbarre per traffico di droga. Un altro fratello di Belfiore è ancora a piede libero per mancanza di prove.
Gli ingranaggi degli oppositori della mafia italiana macinano lentamente, ma macinano. Nel 1997 un tribunale dispose l’espropriazione della villa dei Belfiore sulle colline piemontesi di San Sebastiano. Certo ci sono voluti dieci anni, finchè i genitori di Belfiore si sono piegati alla legge. Solo quando nel 2007 un nuovo sindaco ha aumentato la pressione i Belfiore si sono arresi. Non senza distruggere prima tutto quello che potevano.
Casa e proprietà per un mafioso sono un punto sensibile. “A un mafioso fa più male se gli si tocca il portafoglio che se deve finire in galera. Il carcere è quasi come una medaglia al valore”, dice il magistrato Nobili. E se anche la sua villa poi serve ancora a uno scopo sociale, l’effetto deve essere rinvigorito. “La cosa riguarda il mafioso nel suo prestigio”, dice Davide Mattiello.
Il presidente di “Libera” in Piemonte è un uomo muscoloso in pantaloni neri da carico e con la testa quasi pelata. Mattiello passeggia su e giù nella sala d’aspetto della villa di Belfiore. Dove un tempo c’era il pregiato parquet oggi ci sono semplici mattonelle. Quando parla della lotta alla mafia non riesce a restare seduto sulla poltrona.
“Il vero potere della mafia si basa sul prestigio nella società!” Per questa ragione è così importante portare giovani in questi luoghi dove un tempo hanno vissuto i mafiosi. Lo stesso nuovo nome della villa ricorda i metodi sanguinari dei clan: Mattiello Co. l’hanno battezzata “Cascina Caccia”.
I programmi di visita costituiscono una componente fondamentale della strategia di “Libera”. In estate Isabella Spezzano e i suoi tre paladini hanno ospitato a villa Belfiore complessivamente 400 giovani. Estirpano erbacce dal terreno, dove presto cresceranno gli alberi di nocciolo, riordinano la casa là dove giacevano montagne di ciarpame e vecchi vestiti dell’ex-proprietario e hanno ristrutturato il granaio.
“Qui possono toccare la legalità con le loro mani”, dice Davide Mattiello e con la mano aperta batte contro al muro della grande sala d’aspetto oggi quasi vuota. Una targa sulla parete ricorda l’assassinio di Caccia. Qui alcuni volontari di Libera del campeggio estivo spiegano ai loro ospiti i meccanismi della mafia. Talvolta arrivano gruppi della parrocchia o gli scouts, a volte anche parenti delle vittime della mafia o addirittura magistrati come oratori.
“Libera” vuole informare che vale la pena di vivere nella legalita’. Per tale motivo coltivano i terreni confiscati e vendono i loro prodotti. Mattiello passa attraverso il foyer della villa fino alla cucina e mostra il primo miele prodotto a San Sebastiano, accatastato in piccoli barattoli sino all’altezza della testa. L’anno prossimo, quando saranno mature le prime nocciole, Mattiello ha intenzione di produrre torrone dal miele e dalle nocciole, il dolce bianco per il quale la regione è famosa. Sotto all’etichetta “Libera Terra” – alimento libero dalla mafia – sarà in vendita nei supermercati di tutta Italia. Il torrone sarà il primo prodotto di “Libera Terra” ad arrivare dal nord.
Finalmente ora c’è per tutti ciò che prima c’era soltanto per i simpatizzanti della mafia: questo è anche un simbolo. Mattiello è in piedi davanti al muro giallo di barattoli di miele luccicante e cita Carlo Alberto dalla Chiesa, uno dei più noti oppositori della mafia che fu assassinato nel 1982. Alla domanda cosa servisse per sconfiggere la mafia Chiesa non richiedeva più polizia, ma rispondeva:“lo Stato potrà sconfiggere la mafia solo quando concederà ai suoi cittadini come un diritto ciò che alla mafia viene concesso come favore. ”
Distribuire favori, questo anche i Belfiore lo sapevano fare molto bene. Regalavano i formaggi ai paesani oppure la frutta del loro giardino. Piccoli gesti mantengono l’amicizia. Allo stesso modo di conseguenza è difficile per i cittadini di San Sebastiano accettare i nuovi inquilini della villa. Che tra loro abbia vissuto una famiglia dell’Ndrangheta così a lungo, di questo non volevano saperne.
Però le cose lentamente cambiano. “Ultimamente c’era una signora con il suo nipotino. Era incuriosita da quello che si vede qui”, racconta Isabella Spezzano. Le prime richieste per usare la villa per corsi di ballo e pittura sono state presentate. Un buon contatto con gli abitanti del paese, questo sarebbe la vera vittoria sui Belfiore. Perché loro non sono ritornati in Calabria. No, loro hanno comprato una villa a poca distanza. “Ora abitano laggiù”, Spezzano indica sulla collina di fronte. Oggi la nuova casa della mafia si distingue a malapena nella nebbia, ma: “se loro vedono che viene gente nella loro casa e che la legalità vive, allora abbiamo vinto.”
Fonte: Italiadallestero