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CALTANISSETTA - Gli affari illegali gestiti dalla famiglia mafiosa dei Madonia di Caltanissetta e le estorsioni imposte alle imprese di una vasta zona della Sicilia sono al centro dell'indagine che questa mattina ha portato i carabinieri del Reparto operativo di Caltanissetta e del Raggruppamento operativo speciale ad eseguire 24 ordini di custodia cautelare. Tra gli indagati, si apprende da fonti giudiziarie, ci sarebbe il presidente della Provincia di Caltanissetta, Giuseppe Federico (Mpa), che è anche deputato regionale, è indagato per voto di scambio nell'inchiesta sul clan dei Madonia. Federico sarebbe accusato di avere chiesto ed ottenuto l'appoggio della cosca mafiosa. Dalle intercettazioni sarebbe emerso che i mafiosi facevano campagna elettorale per lui nelle elezioni regionali del 2006. Il clan, retto da Carmelo Barbieri, arrestato nell'operazione "Atlantide-Mercurio", era interessato alla gestione del patrimonio illecito accumulato dalla famiglia, reinvestito in due società nissene che operano nel settore delle scommesse sportive a Gela e a Niscemi. Entrambe, intestate a prestanome, sono state sequestrate stamani su ordine del gip Andrea Fiore. Il giudice ha inoltre disposto il sequestro preventivo di un'azienda per la produzione di calcestruzzo, tutti i beni hanno un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro. Dall'inchiesta è emerso, inoltre, che le autorizzazioni all'esercizio dell'attività sono state ottenute tramite l'intervento, presso l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, da Antonio Padovani, 57 anni, di Sant'Agata Li Battiati (Catania), imprenditore noto nel settore. L'uomo è stato arrestato stamani dai militari dell'Arma. Il clan dei Madonia imponeva il racket a diverse imprese che lavoravano nel Nisseno. Dall'indagine emerge un'estorsione imposta a un consorzio temporaneo di imprese di Paternò (Catania), impegnato nei lavori di realizzazione di un parcheggio all'ospedale di Gela. La riscossione della "messa a posto" era stata intermediata da Vincenzo Salvatore Rapisarda, indagato in questa inchiesta, che è figlio di un noto esponente di vertice del clan Laudani di Catania. Secondo l'accusa Rapisarda agiva per conto di Barbieri e Marcello Sultano, quest'ultimo già rappresentante della stidda gelese e attualmente collaboratore di giustizia. L'impresa catanese, oltre a pagare il pizzo, sarebbe stata anche costretta a rifornirsi di calcestruzzo per la realizzazione del parcheggio a Gela dalla ditta di Gianfranco Sanzone (sottoposta a sequestro preventivo), la quale provvedeva alla riscossione del pizzo, anche con il sistema della sovrafatturazione. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del tribunale su richiesta del procuratore della Repubblica, Sergio Lari, e dei sostituti della Direzione distrettuale antimafia, Nicolò Marino e Antonino Patti. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza mediante violenza e minaccia.
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19/01/2009
Fonte: La Sicilia
fin quando per i politici, il voto sara la cosa piu inportante, esistera la mafia . tutti i partiti sono collusi. juan
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