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Per Lapis il giudice ha escluso l'aggravante dell'aver avvantaggiato la mafia. Ciancimino e Lapis erano presenti in aula. L'inchiesta sulla criminalità economica che investe la borghesia palermitana è stata avviata tre anni fa dall'allora procuratore della Repubblica Piero Grasso, coordinata dall'aggiunto Giuseppe Pignatone e dai sostituti Michele Prestipino, Roberta Buzzolani e Lia Sava. Gli inquirenti sono riusciti, attraverso l'indagine dei carabinieri, a far emergere con rogatorie internazionali il modo con il quale veniva gestito il patrimonio illegalmente accumulato dal vecchio Ciancimino. Il patrimonio, emerge dall'inchiesta, era affidato all'avvocato internazionalista Giorgio Ghiron, 73 anni, con studi a Roma, Napoli, Londra e New York. Gli investimenti, invece, erano decisi dal professore Gianni Lapis, che è anche avvocato tributarista. Gli investigatori si sono messi alla caccia del tesoro, occultato in conti e società tra Spagna, Svizzera, Usa, Portogallo, Romania, Russia e Ucraina. Il gup ha ordinato anche la confisca dei beni sequestrati nel giugno scorso, per un valore di diversi milioni di euro, tra cui uno Yacht Itama 55 di un milione e mezzo di euro. Per gli inquirenti Ghiron ha un ruolo centrale negli affari di Massimo Ciancimino, soprattutto per quelli legati al commercio del gas di cui si occupa il figlio dell'ex sindaco. Ghiron era legato a Vito Ciancimino sin dagli anni Settanta; in qualche vicenda giudiziaria compare come il suo avvocato difensore. A casa del legale, lo scorso luglio, quando gli è stato notificato il primo avviso di garanzia, i pm avevano trovato una lettera-testamento di Don Vito e una scrittura privata che confermava la tesi dei giudici: dietro alcune società come Fingas e Sirco, che hanno un volume d'affari di milioni di euro, c'era Ciancimino junior.
"Una parte del tesoro dei corleonesi è stata individuata grazie all'indagine che ha portato a questo processo: oggi c'è un primo riscontro positivo. La pericolosità sociale dei beni di Ciancimino è stata dimostrata dal fatto che anche dopo la morte dell'ex sindaco di Palermo i soldi accumulati illecitamente hanno inquinato il mondo delle imprese in Italia, in Europa ed anche in paesi extraeuropei". Dice Francesco Forgione, presidente della Commissione parlamentare antimafia. "Continuare a perseguire - aggiunge - l'utilizzo illecito dei capitali mafiosi senza sosta è la scelta decisiva per togliere potere alle mafie, una veloce procedura per la confisca dei beni è il segnale che lo Stato deve dimostrare di saper dare a tutti i cittadini".
10/03/2007
Fonte: La Sicilia
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