mercoledì, febbraio 21, 2007

Grande Totò... Sempre meglio...

PALERMO - "Con Cuffaro ci siamo incontrati, siamo stati vicini, lui è venuto diverse volte a trovarmi. Non è che ci fu una volta sola. Ci riunivamo là dentro da me, me lo accompagnava un altro e mi diceva: non ti preoccupare". Sono le parole del boss dell'Uditore Francesco Bonura riportate in una delle intercettazioni ambientali depositate stamane dalla procura nel processo alle talpe della Dda. In questo colloquio, registrato il 23 giugno 2005, il boss dell'Uditore, parlando con "un certo Marchese" di una questione che riguarda l'istituto zooprofilattico, fa riferimento alla necessità di discuterne con Cuffaro.
Nella conversazione, avvenuta nei locali dell'immobiliare Raffaello, i due, parlando della vicenda giudiziaria di Cuffaro, si stupiscono che il governatore non abbia subito provvedimenti restrittivi della libertà personale. Dice Marchese, riferendosi a Cuffaro: "Anzi, che è ancora fuori, perché si vede che i discorsi devono andare in questo modo". E Bonura conclude: "Lui può stare fuori, se fossi io...". Lapidario il commento del governatore siciliano: "Non ho mai incontrato il signor Francesco Bonura e non sono mai stato nella sede dell'immobiliare Raffaello". "Non ho cosa dire - aggiunge il presidente della Regione -, quando due persone parlano tra loro di me, di fatti che non conosco assolutamente". Francesco Bonura, 64 anni, è un costruttore mafioso di cui si parla dagli anni 80 ma che è riuscito a rimanere nell'ombra e a salire nella gerarchia mafiosa pur avendo subito arresti e condanne per mafia. Adesso Bonura è in carcere, arrestato nell'ambito dell'inchiesta dello scorso giugno, denominata "Gotha", che ha decapitato i vertici di Cosa nostra palermitana legati a Bernardo Provenzano. Proprio dalle carte di quell'inchiesta, alcune delle quali confluite nel procedimento al governatore Cuffaro, il mafioso sembra aver acquisito un ruolo più importante di quello finora attribuitogli. I magistrati lo accusano di "avere diretto l'organizzazione mafiosa denominata Cosa nostra - tra l'altro attraverso la carica formale di sottocapo della famiglia mafiosa di Uditore - incidendo direttamente sulla struttura di alcuni mandamenti, tra i quali quello di Boccadifalco; aver costituito un punto di riferimento mafioso per il controllo di lavori pubblici e l'imposizione del pizzo; di aver mantenuto, attraverso il continuo scambio di contatti in particolare con Antonino Rotolo, un costante collegamento con gli altri capi dell'organizzazione mafiosa, svolgendo funzioni direttive e contribuendo a delinearne le linee strategiche". Bonura gestisce il racket, ha un ruolo di primo piano, ma cerca di defilarsi quando viene chiamato a ruoli impegnativi e "istituzionali" per Cosa nostra, come diventare capomandamento di Passo di Rigano-Uditore, il suo quartiere, dov'è cresciuto diventando uno dei più facoltosi costruttori palermitani.Negli anni 80 venne processato e assolto per 5 omicidi e una lupara bianca. Secondo l'accusa aveva eliminato i componenti di una banda di rapinatori che agivano senza il consenso di Cosa nostra. Venne fermato col suo guardaspalle e nell'auto venne trovata una pistola calibro 38 subito dopo due degli omicidi per cui venne rinviato a giudizio. Ma l'arma non era quella che aveva sparato e Bonura venne assolto per insufficienza di prove dalle accuse più gravi. Nell'86 Bonura subì la confisca di beni immobili e quote societarie per oltre dieci miliardi di lire oltre alla misura della sorveglianza speciale per 5 anni. Di lui parlò il pentito Buscetta definendolo "valoroso" e ricordando che era nipote del boss Pietro Torretta e che nel quartiere Uditore era uno dei "capi" della mafia.
20/02/2007
Fonte: La Sicilia

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