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Il tesoro era in 26 società, che operavano soprattutto nel settore edile. Con i conti bancari e gli immobili il sequestro ammonta a 16 milioni di euro. L´imprenditore Lorenzo Altadonna era il più attivo: i mafiosi di Carini gli avevano messo in mano moltissimi soldi per la realizzazione di un complesso turistico a Villagrazia, in contrada Predicatore. Il terreno di 160 mila metri quadrati risultava già disponibile, il progetto era pronto, soldi sarebbero arrivati anche da «Roberto l´africano». Secondo le indagini si tratta di Vito Roberto Palazzolo, il manager latitante in Sudafrica. Altadonna non aveva problemi a gestire grandi e piccoli investimenti, a disposizione aveva la ditta sua e della moglie, Pierina Fiorello. Poi, ancora, l´Azzurra costruzioni, la Edil Carini e la Pcn srl. Tutte sequestrate. L´ultima idea di Altadonna era di comprare capannoni alle aste fallimentari.
Naturalmente con i soldi di Lo Piccolo. Francesco Sparacio era specializzato nei trasporti. Era il vettore di riferimento dei supermercati Sisa. Adesso anche la sua ditta verrà gestita da un amministratore giudiziario, perché i magistrati hanno il sospetto che fosse un altro investimento del clan. Il padrino più autorevole, Vincenzo Pipitone, credeva molto nel settore. Entrava e usciva dalla Tnt come fosse di casa: «Vieni da me», gli diceva Gioacchino Sapienza, anche se non era il titolare dell´azienda. Ma Sapienza era una vera autorità con le sue quattro società. Però i padrini del mandamento di Lo Piccolo continuavano a preferire la tradizione: ecco perché erano stati reclutati altri prestanome per l´edilizia. Saverio Privitera aveva messo a disposizione la Oirevas costruzioni. Giovanni Cataldo aveva messo sul piatto degli investimenti mafiosi due società. Secondo la ricostruzione della Procura, sarebbe stato ricompensato a dovere.
Ma da qualche tempo, ormai, i mafiosi avevano cominciato a sentire puzza di indagini. E avevano diversificato gli investimenti per ripulire i capitali. Le indagini della polizia e le verifiche del nucleo speciale di polizia valutaria della Finanza hanno evidenziato un giro strano e vorticoso di transazioni fra società che si occupano di elettronica e informatica. Il gruppo di imprenditori che le gestivano sarebbero stati a completa disposizione della "famiglia" di Carini. Anche loro insospettabili: Giorgio Iaquinoto, con la Giellei Electro trading, che ha sedi a Castelvetrano, Ragusa e Marsala; Vincenzo Curulli, intestatario di due ditte; Michele Cardinale, con la Roma electro service. A Palermo i prestanome non sono mai mancati. Andrea Bruno, in carcere per mafia, faceva gestire la sua Salumeria Doc, in via Caduti sul lavoro, a Davide Pedalino, anche lui finito in manette per questa e un´altra intestazione fittizia (alcune quote della trattoria Quattro fari di viale Regione Siciliana 2645). Pure l´imprenditore Giuseppe Gelsomino sarebbe stato manager occulto dei mafiosi: per questo gli sono stati sequestrati il Giardino della frutta di via Aquileia e il centro Wind di viale Lazio. Le manette sono scattate per altri tre prestanome: Antonietta, Giorgio e Giuseppe Cuccia. I boss gli avrebbero affidato alcuni magazzini in viale Regione.
Fonte: La Repubblica
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